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Pazienza, passione e rispetto: così i vini di Maria Pia Castelli diventano gioielli

in Mangiare e bere/Senza categoria da

La Maria Pia Castelli è una piccola realtà delle basse Marche, a Monte Urano. Maria Pia vive in simbiosi con le sue vigne, le sue botti e le sue eccellenti bottiglie. Una festa mi ha dato l’opportunità, graditissima, di stare con lei e “i suoi”. “I suoi” in tutti i sensi: il marito, i figli, i vini.

L’azienda nasce nel 1998, data dell’inizio delle prime sperimentazioni. L’idea è stata quella di produrre vini di alta qualità utilizzando vitigni autoctoni, nel pieno rispetto dei cicli naturali e del territorio. Per questi motivi la produzione è molto limitata. Negli 8 ettari di vigneto di proprietà si raccolgono mediamente 35/40 quintali di uve per ettaro, che portano ad una produzione di circa 25mila bottiglie annue. Maria Pia entra nello specifico ed io, donna legata forte forte alla terra, bevo tutto d’un fiato il suo racconto: la lavorazione è naturale (gli unici trattamenti sono quelli tradizionali di rame e zolfo). Lo scopo è quello di avere un frutto sano, forte e concentrato. Ciò comporta un’attenzione maniacale in tutte le lavorazioni in vigna proprio perché si rispetta la natura e i suoi cicli. Ci vuole tanta pazienza, passione e rispetto. Aspetti che continuano in cantina con i vini che nascono da questo lavoro necessitano di tempi di affinamento piuttosto lunghi, durante i quali si interviene il meno possibile.Vengono fatte aggiunte insignificanti di solforosa, chiarifiche naturali o malolattica svolta naturalmente in botte. La cantina è un piccolo gioiello.

Il percorso inizia dalle vigne e finisce con l’assaggio. Maria Pia ci raccoglie intorno ad un tavolo e bicchieri uguali da chardonnay si avvicinano a naso e bocca.

Cominciamo con Stella Flora, un Marche Bianco Igt realizzato con pecorino 50%, passerina 30%, trebbiano 10% e malvasia di Candia 10%. Uno dei migliori bianchi d’Italia. Vino di un colore giallo oro antico, rapisce già ad un primo esame visivo; quello che segue a livello olfattivo è un’esplosione di sensazioni che variano di minuto in minuto man mano che il vino si apre nel calice, spaziando dall’erbaceo al fruttato grazie ad una complessità unica. In bocca si caratterizza soprattutto per sapidità ed acidità e note quasi tanniche . Servito a temperatura di cantina o leggermente fresco si accompagna a pesci salsati ma soprattutto a formaggi e carni bianche.E non lo dico io ma le guide a dimostrazione che, anche nelle basse Marche, si possono produrre bianchi di altissima qualità con vitigni autoctoni.

Ed ora questa degustazione ve la fate con me. Poi, quando vorrete, Maria Pia vi aspetta.

Continuiamo con Sant’Isidoro, un Marche Rosato Igt 50% Montepulciano e 50% Sangiovese. Ottenuto con la tecnica del salasso dei due rossi prodotti, affina per circa 10 mesi nelle vasche di fermentazione (rispettivamente acciaio per il salasso del Sangiovese e legno per quello del Montepulciano), per poi essere messo in massa per circa un mese; la permanenza in bottiglia è dai 3 ai 6 mesi; è stato definito “rosso vestito di rosa” date le sue caratteristiche di complessità sia al naso (frutti rossi molto evidenti) sia in bocca dove si distingue per una struttura decisamente importante. Oltre ad essere inserito nella lista dei più importanti rosati italiani e premiato con le 3 Rose dalla Guida del Gambero Rosso il suo successo è testimoniato dalle prenotazioni che ormai arrivano di anno in anno prima ancora dell’imbottigliamento.

Ora tocca ad Orano, un Marche Rosso Igt Sangiovese in purezza, che fermenta per circa 15 giorni in cisterne d’acciaio, prima di passare all’affinamento di 12 mesi in piccole botti di rovere di secondo passaggio; successivamente gode di ulteriori 12 mesi di affinamento in bottiglia prima della messa in commercio. Vino con molti frutti rossi al naso, piacevole in bocca e poco alcolico, si accompagna facilmente a tutti i menu di carne, dall’antipasto al secondo piatto; non sorprende che sia il più bevuto e conosciuto dei quattro. Premiato come uno dei Top Hundred, I Migliori 100 Vini d’Italia dalla guida Il Golosario del Club di Papillon di Paolo Massobrio nel 2005.

Finiamo con Erasmo Castelli, un Marche Rosso Igt Montepulciano in purezza. Fermentazione di circa 25 giorni a contatto con le bucce in tini di legno di rovere francese, affina per 24 mesi in botti nuove e per almeno altri 24 mesi in bottiglia. Grande complessità al naso, si caratterizza per un palato importante supportato da un tannino molto evidente ma levigato ed elegante e da una lunghissima persistenza gusto-olfattiva finale. Si accompagna bene alle carni rosse, brasati, fino ai formaggi stagionati. Si tratta del vino più importante prodotto dall’azienda di Maria Pia, recentemente premiato con i 3 Bicchieri dalla guida Slow Food – Gambero Rosso.

Se volete fare un percorso come il mio basta chiamare in azienda (0734-841774) o scrivere a info@maripiacastelli.it.

Carla Latini

 

 

 

Destinazione Marche: 50 anni di Vinitaly e un nuovo “Polo Enogastronomico”

in Mangiare e bere da

Il Padiglione 7 del Vinitaly così pieno non l’ho mai visto. Sono qui, a Verona, di lunedì. Il giorno classico destinato agli “operatori”. Ne riconosco molti ma vedo anche tanta “folla comune”. È inconfondibile. Non mi piace cominciare polemizzando e quindi mi fermo qui. Ma siccome sono sempre (ho fatto giuramento) dalla parte del produttore divento suscettibile e sensibile agli “sprechi”. Chi vuole capire ha già capito.

vinitaly tycheL’interesse per il vino italiano è in crescita. Lo dicono gli addetti ai lavori. I nostri vini marchigiani, grazie al lavoro lento e costante nel tempo di persone che sanno bene cosa stanno facendo e lo fanno bene, sono diventati indispensabili protagonisti nelle più belle cantine del mondo. “So’ soddisfazioni!”, direbbe Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo. Il primo che incontro accanto allo stand di Marco Caprai. Pure lui al 7. Mi precipito al primo piano nello spazio Imt. C’è la stampa che conta, tant’è che incontro Valentina Conti del Messaggero, riunita per ascoltare nuovi progetti e progetti realizzati. Sulla “Terrazza delle Marche”, così la chiamano gli affezionati, la cucina è in mano a Errico Recanati. Con lui Ramona e tutto lo staff. C’è Neri Marcorè, simpatico e disponibile. C’è Moreno Cedroni, frizzante come sempre. C’è Carlo Cambi, un mito. C’è Tiziana Forni, il naso marchigiano che lavora e vive a New York. Bello rivederla. Alberto Mazzoni, insieme al sindaco di Jesi Massimo Bacci, annuncia l’apertura, questa estate, del “Polo enogastronomico” di cui faranno parte TreValli Cooperlat (fregiata della certificazione Qualità Marche per il latte), consorzio Casciotta d’Urbino Dop, BovinMarche, Con Marche Bio, consorzio Vini Piceni, istituto marchigiano Tutela Vini, associazione Maccheroncini di Campofilone Igp, consorzio tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop, consorzio del Tartufo di Acqualagna e delle Marche. Con loro aderiscono al Polo altri quattro soggetti: l’agenzia dei Servizi del settore agroalimentare delle Marche (Assam), il consorzio Frasassi che gestisce le grotte, l’agenzia di viaggi Esitur ed il centro agroalimentare San Benedetto del Tronto.

Nel frattempo si materializza, come d’incanto, un buffet stellato che ha l’eleganza e l’allegria dei colorati e ghiotti antipasti di Andreina, insieme alle idee culinarie che Errico si è inventato con i prodotti e i produttori del prossimo “Polo enogastronomico”. La Terrazza è strapiena. Vedo facce note, molto note, di “non marchigiani”. Saluto e abbraccio Elio Ghisalberti e Andrea Grignaffini. Per i colti lettori di guide e riviste d’elite, Elio e Andrea sono tra le firme più interessanti del panorama della critica eno-gastronomica italiana. Sono qui, nella “Terrazza Marche” per la riunione interna di una famosa guida. Con Elio e Andrea altri colleghi da ogni parte d’Italia. Bell’occasione. Complimenti a chi l’ha creata!

montecappone monteschiavo vinitalyScendo insieme ai miei amici di Malta, Marco e Benji (interessati al verdicchio), e provo a passeggiare fra i produttori. Sgomito rende meglio l’idea. Bello il nuovo stand di Monteccapone. Gianluca Mirizzi e la moglie sono sorridenti e instancabili. Monteschiavo è un’altra tappa e ci vado con Mirizzi. Mosè Ambrosi di Fontezoppa ha gli occhi di un bambino a Gardaland. ambrosi e cambi vinitalyIntravedo Angela Velenosi e il suo staff tutto al femminile. Che donna questa donna: se le Marche del vino volano così in alto lo devono anche a lei. Da lei c’è Mauro Uliassi. E a produttori eclettici e lungimiranti come Stefano Antonucci. Lo stand di Santa Barbara è assolutamente sold out. La mia amica Luciana è bloccata lì da due giorni e non ha visto ancora nulla intorno. Errico Recanati ha “rappresentato” le Marche in cucina per tutta la fiera che si è conclusa con un pranzo, chi c’è stato mi ha confermato quanto sto per scrivere, nel quale il nostro ha raccontato i piatti in abbinamento ai vini della Cantina dei Colli Ripani, di Velenosi, Tenuta De Angelis, Tenute del Borgo, Cantina Offida, Carassanese Vinicola, Costadoro, Vinicola del Tesino e Moncaro. Un menu studiato per l’occasione e solo per i tantissimi privilegiati intervenuti: gambero con sapa, perle d’aceto e aromi; crocchetta di latte di baccalà; sgombro marinato con stracciatella delle Marche e polvere d’oliva; pizza di baccalà; rotolo di fegato grasso arrostito, caprino e visciole; marshmallow con alici di San Benedetto, ripassato nella paprika.

Esco e fuori, in fondo ai padiglioni 7 e 8 c’è il camion/cucina di Marco Caprai. Gianfranco Vissani e i suoi sono dietro i fornelli. Passo a salutare e porto i saluti dei marchigiani. Prima di andare faccio una fila di quasi mezz’ora per prendere un caffè e una bottiglietta d’acqua al padiglione 11, dove c’è un bar degno di essere chiamato tale (in mezzo a tanto vino è assolutamente impossibile trovare dell’acqua!). Ho aperto con una polemica e chiudo con un’altra. Amo Verona, è una città bellissima. Ma i giorni del Vinitaly diventa invivibile. Si passa più tempo in coda in macchina, taxi o bus navetta che dentro alla fiera. Cambi di direzione, vigili affaticati. Si inciampa su marciapiedi che sono così da sempre. Con una polvere/terriccio che è terribile quando piove e quando c’è il sole. L’ho sempre scritto e pensato e non c’è verso che una nuova “impostazione” di questa struttura mi faccia cambiare idea. Leggete i pensieri di Oliviero Toscani. Lui è molto diretto e tagliente. Purtroppo dice la verità. Ancora di più, quindi, sono grandi grandi i nostri marchigiani che, pazienti e contenti, sorridono e versano i loro magnifici vini e raccontano, coinvolti e commossi, le loro storie più belle dalla vigna alla cantina, dall’enologo alla bottiglia. Moltissimi, ora, votati al biologico, biodinamico e vegano… Bevete marchigiano!

Carla Latini

Agar Sorbatti, prima donna ingegnere delle Marche, celebrata in una mostra a Milano.

in Arte/Cultura da

Il “giovane” Comune di Loro Piceno celebra Agar Sorbatti, prima donna ingegnere, con una premio ed una mostra che si terrà a Milano a partire da sabato 5 dicembre. Agar Sorbatti divenne ingegnere nel 1923. Il suo soprannome era Camà. Un nome che ora svetta sull’etichetta di un grande vino prodotto dalle Tenute Murola. Le idee di Agar si svilupparono intorno all’uso ridotto dell’acqua nei processi industriali. Lei fu la prima donna ingegnere delle Marche e la settima del regno d’Italia. Ma quanto sono belle queste Marche, nascoste, che emigrano a Milano con una mostra articolata e sorretta da quattro artisti locali di gran pregio sotto l’ala, protettiva, di Agar Sorbatti! La storia comincia così: c’è un artista che si chiama Daniele Cristallini che fonda guidaarteitalia.com dove lui, insieme ad altri amici artisti di grande livello lascia segni importanti riguardo tutti gli aspetti delle arti visive. C’è il Comune di Loro Piceno con un sindaco donna giovane e intraprendente che si chiama Ilenia Catalini. Ilenia, l’anno scorso, indice il Premio Agar Sorbatti. Dedicandolo ad una donna di grande valore e dando valore a tutto il territorio. Ci sono gli amici artisti di Daniele Cristallini, Giordano Emiliozzi, Roberto Marchionni e Giancarlo Minen. E c’è una Mostra che apre il 5 Dicembre a Milano che sarà il riassunto di quanto vi ho scritto finora. La Mostra vedrà esposte le opere degli artisti di cui sopra e anche di Daniele Cristallini. Sarà alla Galleria d’Arte Arte&Moda in via Cervia 13 e terminerà il 13 Dicembre. A chiudere il cerchio c’è lo sponsor “vino” delle Tenute Murola che porterà le sue “creazioni” insieme al vino dedicato ad Agar che si chiama come lei si faceva chiamare dagli amici, Camà. La Mostra è già in essere a Loro Piceno. Ed ora due parole sulle Tenute Murola. Intanto Murola è un toponimo locale, che indica la fonte utilizzata per abbeverare gli animali, per cui terreni con “Muròle” erano in antichità particolarmente apprezzati. Qui ne esiste una, evidenziata già nei cabrei dell’inizio del ‘700. La Famiglia vi si stanzia sin dal ‘700. E dall’ora è attiva e sensibile al rispetto del territorio e a tutto ciò che gli gira intorno. Che sia cinema, teatro, arte e musica. Ricordando Nonna Camà nasce la collaborazione con il Comune di Loro Piceno e con Guidarteitalia. Ripeto che belle queste Marche nascoste e laboriose. Ad maiora! Se siete a Milano andate a vedere la Mostra e divulgate con lo stesso mio entusiasmo perché ce n’è veramente bisogno.

Carla Latini

Le etichette raccontano la storia del vino, un museo a Cupramontana

in Senza categoria da

Rhett Butler e Rossella O’Hara, ritratti in una delle scene più intense e drammatiche di Via col Vento per un red wine della California datato 1990, è una delle centomila etichette del vino esposte a Palazzo Leoni, nel centro di Cupramontana. Il Museo, voluto dallo storico dell’arte Armando Ginesi, nel 1987, è una sorta di “scusa” per celebrare il vitigno bianco più amato dai grandi intenditori: il Verdicchio. Peccato che, come spesso avviene in ogni parte d’Italia, il valore immenso di questa collezione venga poco raccontato e anche mal conservato. Merita un viaggio ed una visita che vi farete da soli, senza guide, mettendoci tutto il tempo che vorrete. Il percorso è chiaro e ben delineato.

Prima stanza. Si parte dagli antichi greci e romani. Scoprirete, se già non lo sapete, che il nome del proprietario, della casata, del nobile, con lo stemma e il blasone, apparivano, insieme al vitigno, già sulle etichette in bronzo, in ferro, in rame, in oro in casi eccezionali, che, come sigilli, chiudevano le piccole botticelle di legno. Scoprirete che i primi ad indicare il castello, lo Chateau, proponendolo in etichetta in tutta la sua imponente bellezza/ricchezza, sono stati i francesi. Ai tedeschi, e questo invece forse non lo sapete, si deve l’apparizione dell’annata della raccolta. Contemporaneamente, in Italia, l’annata veniva scritta a mano dal cantiniere, sotto il nome del vitigno che fosse Barolo o Chianti. Il percorso storico si intreccia con quello legato alle epoche e alle mode. La solitaria scritta Sautern su un’etichetta appena decorata da una cornice parallela al suo bordo la dice lunga.

Seconda stanza. Etichette dall’Oceania, dal Giappone, dalle Americhe, dalla Cina, dall’Africa. Un Vin Rouge superior du Maroc, Berkane in ambientazione tipica, assolata, con cammello, cavaliere e moschea in lontananza, non stimola la beva (con quel caldo!), ma introduce in un viaggio fantastico senza tempo.

Terza stanza, il Verdicchio. Le prime etichette lo indicavano così: secco da pasto, invecchiato, spumantizzato. Etichette complete di tutte le informazioni necessarie con pochi decori. L’essenzialità e la riservatezza del marchigiano doc. Come il suo Verdicchio.

Ultima stanza. Alla fine del vostro viaggio “alcolico” incontrerete artisti e personaggi famosi. Dal Tintoretto, con la sua celebre “Donna che si scopre il seno”, a Peppone e Don Camillo passando per Giulio Cesare, Garibaldi, Stalin, Mussolini, Tiziano, Leonardo, Picasso, Frida Kalo, il Che e Mao. Tanto per fare alcuni nomi. Rhett e Rossella, nella stessa tragica posa, appaiono anche in versione giallo ocra per uno chardonnay, sempre californiano. Ho preferito la versione red wine che più si addice a Miss Rossella. In realtà Vivien Leigh per tutta la ripresa del film, raccontano le cronache dell’epoca, sarebbe andata a gin. Ma questa è un’altra storia.

Quella di Cupramontana e del vino comincia con la Dea Cupra che per gli antichi romani era la Dea del desiderio e della fertilità. Vino e olio sono i suoi primi figli legittimi. Che il vino a Cupra si produceva sin dai tempi degli antichi romani, che veneravano la Dea, è certo e documentato. Se ne trovano cenni nei recuperi dei vigneti che i monaci benedettini e camaldolesi effettuarono dall’VII all’XI secolo. Vigne curate e ben lavorate. Nel 1500 veniva applicata una tecnica di coltivazione della vigna che è arrivata quasi fino ad oggi. Un legame stretto e vitale fra il filare e l’acero. Queste due piante unite come se stessero tenendosi per mano presero il posto di boschi e foreste. Nel 1600 Cupramontana esporta il suo vino nelle città limitrofe ed è nella prima metà dell’800 che viene ufficializzata la presenza del vitigno Verdicchio. Le industrie vitivinicole grandi e piccole si sono impegnate a non prediligere solo la quantità, la produzione è notevole, ma nella quantità hanno ricavato delle nicchie di alta qualità, oggi conosciute ed esportate nel mondo.

Il Museo è, appunto, una ‘scusa’ per tornare indietro nel tempo e soprattutto per avere la conferma, di quanto abbiamo espresso da quelle colline e di quanto possiamo ancora esprimere.  Basta solo crederci. La Dea Cupra vi aspetta per la Festa del Vino, ogni anno sotto raccolta.

Carla Latini

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