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Stefano Antonucci

Destinazione Marche: 50 anni di Vinitaly e un nuovo “Polo Enogastronomico”

in Mangiare e bere da

Il Padiglione 7 del Vinitaly così pieno non l’ho mai visto. Sono qui, a Verona, di lunedì. Il giorno classico destinato agli “operatori”. Ne riconosco molti ma vedo anche tanta “folla comune”. È inconfondibile. Non mi piace cominciare polemizzando e quindi mi fermo qui. Ma siccome sono sempre (ho fatto giuramento) dalla parte del produttore divento suscettibile e sensibile agli “sprechi”. Chi vuole capire ha già capito.

vinitaly tycheL’interesse per il vino italiano è in crescita. Lo dicono gli addetti ai lavori. I nostri vini marchigiani, grazie al lavoro lento e costante nel tempo di persone che sanno bene cosa stanno facendo e lo fanno bene, sono diventati indispensabili protagonisti nelle più belle cantine del mondo. “So’ soddisfazioni!”, direbbe Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo. Il primo che incontro accanto allo stand di Marco Caprai. Pure lui al 7. Mi precipito al primo piano nello spazio Imt. C’è la stampa che conta, tant’è che incontro Valentina Conti del Messaggero, riunita per ascoltare nuovi progetti e progetti realizzati. Sulla “Terrazza delle Marche”, così la chiamano gli affezionati, la cucina è in mano a Errico Recanati. Con lui Ramona e tutto lo staff. C’è Neri Marcorè, simpatico e disponibile. C’è Moreno Cedroni, frizzante come sempre. C’è Carlo Cambi, un mito. C’è Tiziana Forni, il naso marchigiano che lavora e vive a New York. Bello rivederla. Alberto Mazzoni, insieme al sindaco di Jesi Massimo Bacci, annuncia l’apertura, questa estate, del “Polo enogastronomico” di cui faranno parte TreValli Cooperlat (fregiata della certificazione Qualità Marche per il latte), consorzio Casciotta d’Urbino Dop, BovinMarche, Con Marche Bio, consorzio Vini Piceni, istituto marchigiano Tutela Vini, associazione Maccheroncini di Campofilone Igp, consorzio tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop, consorzio del Tartufo di Acqualagna e delle Marche. Con loro aderiscono al Polo altri quattro soggetti: l’agenzia dei Servizi del settore agroalimentare delle Marche (Assam), il consorzio Frasassi che gestisce le grotte, l’agenzia di viaggi Esitur ed il centro agroalimentare San Benedetto del Tronto.

Nel frattempo si materializza, come d’incanto, un buffet stellato che ha l’eleganza e l’allegria dei colorati e ghiotti antipasti di Andreina, insieme alle idee culinarie che Errico si è inventato con i prodotti e i produttori del prossimo “Polo enogastronomico”. La Terrazza è strapiena. Vedo facce note, molto note, di “non marchigiani”. Saluto e abbraccio Elio Ghisalberti e Andrea Grignaffini. Per i colti lettori di guide e riviste d’elite, Elio e Andrea sono tra le firme più interessanti del panorama della critica eno-gastronomica italiana. Sono qui, nella “Terrazza Marche” per la riunione interna di una famosa guida. Con Elio e Andrea altri colleghi da ogni parte d’Italia. Bell’occasione. Complimenti a chi l’ha creata!

montecappone monteschiavo vinitalyScendo insieme ai miei amici di Malta, Marco e Benji (interessati al verdicchio), e provo a passeggiare fra i produttori. Sgomito rende meglio l’idea. Bello il nuovo stand di Monteccapone. Gianluca Mirizzi e la moglie sono sorridenti e instancabili. Monteschiavo è un’altra tappa e ci vado con Mirizzi. Mosè Ambrosi di Fontezoppa ha gli occhi di un bambino a Gardaland. ambrosi e cambi vinitalyIntravedo Angela Velenosi e il suo staff tutto al femminile. Che donna questa donna: se le Marche del vino volano così in alto lo devono anche a lei. Da lei c’è Mauro Uliassi. E a produttori eclettici e lungimiranti come Stefano Antonucci. Lo stand di Santa Barbara è assolutamente sold out. La mia amica Luciana è bloccata lì da due giorni e non ha visto ancora nulla intorno. Errico Recanati ha “rappresentato” le Marche in cucina per tutta la fiera che si è conclusa con un pranzo, chi c’è stato mi ha confermato quanto sto per scrivere, nel quale il nostro ha raccontato i piatti in abbinamento ai vini della Cantina dei Colli Ripani, di Velenosi, Tenuta De Angelis, Tenute del Borgo, Cantina Offida, Carassanese Vinicola, Costadoro, Vinicola del Tesino e Moncaro. Un menu studiato per l’occasione e solo per i tantissimi privilegiati intervenuti: gambero con sapa, perle d’aceto e aromi; crocchetta di latte di baccalà; sgombro marinato con stracciatella delle Marche e polvere d’oliva; pizza di baccalà; rotolo di fegato grasso arrostito, caprino e visciole; marshmallow con alici di San Benedetto, ripassato nella paprika.

Esco e fuori, in fondo ai padiglioni 7 e 8 c’è il camion/cucina di Marco Caprai. Gianfranco Vissani e i suoi sono dietro i fornelli. Passo a salutare e porto i saluti dei marchigiani. Prima di andare faccio una fila di quasi mezz’ora per prendere un caffè e una bottiglietta d’acqua al padiglione 11, dove c’è un bar degno di essere chiamato tale (in mezzo a tanto vino è assolutamente impossibile trovare dell’acqua!). Ho aperto con una polemica e chiudo con un’altra. Amo Verona, è una città bellissima. Ma i giorni del Vinitaly diventa invivibile. Si passa più tempo in coda in macchina, taxi o bus navetta che dentro alla fiera. Cambi di direzione, vigili affaticati. Si inciampa su marciapiedi che sono così da sempre. Con una polvere/terriccio che è terribile quando piove e quando c’è il sole. L’ho sempre scritto e pensato e non c’è verso che una nuova “impostazione” di questa struttura mi faccia cambiare idea. Leggete i pensieri di Oliviero Toscani. Lui è molto diretto e tagliente. Purtroppo dice la verità. Ancora di più, quindi, sono grandi grandi i nostri marchigiani che, pazienti e contenti, sorridono e versano i loro magnifici vini e raccontano, coinvolti e commossi, le loro storie più belle dalla vigna alla cantina, dall’enologo alla bottiglia. Moltissimi, ora, votati al biologico, biodinamico e vegano… Bevete marchigiano!

Carla Latini

A Futura Festival si corteggiano vino e filosofia

in Mangiare e bere da

A Futura Festival il vino ha incontrato la filosofia. Non era certo la prima e non sarà l’ultima volta. Protagonisti dell’incontro, condotto con grande professionalità e divertimento da Valentina Conti, il filosofo Massimo Donà, il giornalista Carlo Cambi, i produttori marchigiani Angela Velenosi, Stefano Antonucci e Mosè Ambrosi. Cosa ha detto il vino alla filosofia e la filosofia al vino? Prima di tutto che si amano e che sono assolutamente complementari. Il vino rappresenta, dice Donà, il frutto della terra elaborato dall’uomo che più conserva e rivela storie, oggetti e passato che torna. Il vino gelosamente tiene dentro di sé il tempo e lo lascia andare ad ogni annata, ad ogni bicchiere, dice Carlo Cambi, noto giornalista, scrittore di enogastronomia. Quindi il vino fatto dall’uomo che fa “godere” gli uomini. Fino al penultimo bicchiere. Dopo l’ultimo c’è l’oblio. Ma se lo chiamiamo già penultimo difficile fermarsi. E’ un piacere ascoltare il duetto fra i due che diventa terzetto quando Valentina fa le sue battute colte ed acute. Poi la parola va ai vignaioli. Le domande che non sono retoriche, suonano così: che senso ha nel mercato globale aver ripreso vitigni autoctoni come la Rebona, aver creduto nel Verdicchio e nel Rosso Piceno, aver puntato su Pecorino e Passerina? Con quale filosofia aziendale si propongo al mondo i vini marchigiani? La bellissima Angela (ammazza, per lei il tempo non passa mai!) con la sua naturale e garbata gentilezza, spiega che sarebbe molto bello fare solo i vini che vengono dal cuore e dalla passione. Spiega, però, che i mercati cambiano. Prima nel mondo chiedevano quanto tempo di invecchiamento aveva un vino prima di comprarlo; oggi comprano subito, poco per volta. La domanda è per vini (lo scrivo io e non l’ha detto lei) internazionalizzati. Per cui fatto buon viso a cattivo gioco, si produce, anche volentieri, quello che chiede il mercato. Il conto economico è fondamentale. Insieme, però, per Angela c’è il fuoco, il calore di un vino che ama profondamente e che le dà grandi soddisfazioni che si chiama Roggio del Filare. Roggio vuol dire, appunto, fuoco, calore. Più lapidario, l’eclettico Stefano Antonucci, che Valentina presenta come un uomo molto originale. Afferma che i suoi vini li fa come piacciono a lui. Gli piace bere ed i vini vanno bevuti. Poi scopre un tenero lato umano quando racconta di come apprezza le visite di clienti che si fanno 700/800 km per arrivare da lui in cantina ad assaggiare i suoi vini. Sincero come sempre si meraviglia perché, dice: in fondo vicino a me ci sono solo Uliassi e Cedroni… scusate se è poco, aggiungo io. Mosè Ambrosi è il più giovane dei tre produttori invitati da Valentina. Giovane nel senso che è giovane la sua produzione. Lui produce Rebona. Mai assaggiata la Rebona, mi manca. Ma poi rimedierò a questa mia mancanza. Mosè viene da un altro mondo che è quello delle calzature. La terra lo ha chiamato a sé. Ne ha respirato l’odore e si è “imbarcato” nel rutilante mondo del vino. Ringrazia con devozione i due big a suo fianco, Angela e Stefano, e ammette che nei suoi primi viaggi all’estero, i loro vini sono quelli che si trovano di più nelle carte dei ristoranti. Donà, a questo punto, torna sui temi mitologici e ricorda le Baccanti e Dioniso, la divinità bella e delicata che scatena le più profonde trasgressioni in donne che in quell’epoca lì avevano il preciso ruolo di mogli e di madri. Quindi il vino che ti porta ad essere te stesso. Non a trasformarti ma essere te stesso, conferma Carlo Cambi. E da qui in poi ricomincia il duetto colto che incanta la platea. Stanno per concludere quando Valentina tocca il tasto del vino biologico. Angela nel suo ruolo di madrina di Expo per la Regione Marche, conferma l’impegno di tutti i produttori marchigiani verso una conversione al biologico o comunque verso una coltivazione della vigna che rispetti l’ambiente. Stefano Antonucci, non avevo dubbi, confessa che sta facendo anche lui un bio, che in pratica ci è stato quasi costretto, ma afferma che, siccome lui i suoi vini vuole berli e lui beve sempre bene, il suo bio non avrà “puzzette” e torbidezze. Si ride. Ma è vero. Categorico invece è Carlo Cambi: no al biologico, è solo una moda. Come tante. Un vino bio non invecchierebbe mai. E’ l’uomo che fa il vino dalla vigna. In conclusione ci fa schiattare d’invidia dicendoci che qualche sera fa si è bevuto un Biondi Santi di prima del 1900. Un’emozione unica. Scende il sipario sul palco ma si apre a sinistra della platea un tavolo dove classici bicchieri da Chardonnay, che vanno bene per qualsiasi vino, aspettano di essere riempiti dai prodotti che i vignaioli sul palco ci hanno raccontato. E si finisce bene. Senza tarallucci ma con tanto vino di assoluta grande qualità marchigiana.

Carla Latini 

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