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Il Piastrino

Al Piastrino batte ancora un cuore “marchigiano”: nei suoi piatti c’è tutto l’amore di Riccardo Agostini

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Al Piastrino di Pennabilli con Riccardo Agostini e Claudia si respira amore. Mi dispiace che non siano più “marchigiani”. Il loro cuore però batte di qua. Lo sento. E questa è solo la “prima puntata”.

Ed ora gossip! I due si sono sposati qualche giorno prima dell’attentato alle “Torri Gemelle”. Ed io, con loro, ho affrontato un viaggio a Tokyo con Gianfranco Vissani. Claudia era una bimba bellissima. Ora è una donna bellissima. Insomma lei ha fatto il viaggio di nozze con me. Riccardo in cucina a lavorare. Io e lei, ascensori e scale mobili, per il più bel magazzino Isetan di Tokyo, facendo finta di fare shopping. In questo posto, voluto, desiderato e amato, Riccardo e Claudia sono amore distillato in piccole gocce. Sereni. Belli come natura comanda. Ammazza quanto è difficile passare da loro! Ma se poi pensi che si rimane un giorno a girare per la città di Tonino Guerra, da loro non si passa, si va! Li vorrei ancora marchigiani perché tutta la valle, il Montefeltro, paesi che si incrociano “puzzano” di noi. Chi dice che non è vero, è un bugiardo. Scrivo di Riccardo su Tyche un’altra volta (QUI l’altro articolo). Perché mi fa innamorare dell’amore ogni volta che mangio i suoi piatti. E’ freddo la sera che arrivo tardissimo. Il camino acceso mi accoglie e mi scalda. Claudia, dolcissima, è la signora di casa. Ferma, simpatica, diretta, “accoccolante”. Ivan è il loro sommelier, bella testa pensante. La carta dei vini invita a capire. Non c’è nulla di scontato. Appare un Monte Vertine che prendiamo senza pensarci. Scelgo, insieme alle mie amiche, alcuni piatti. Pochi e che vorremmo assaggiare. Poi gli assaggi si dividono e moltiplicano. Diventano 24 o 25. Cosa ho mangiato? Amore, emozione, sapori intensi senza paura, senza ragionare che affumicato e brasato possono essere anche amaro. Perché amaro di brace e griglia non è amaro. A me piace. Moltissimo. Antipasti, complici e diversissimi fra loro. Che non sai da che parte cominciare. Fra tutti la corteccia con topinambur e l’uovo di quaglia e crema di patate dolci. Poi si tortelli il piastrino tycheva a braccio gaudente ed il resto è un cassoncino classico piccolo piccolo e grande grande, crackers sottili con maionese e alici, uovo, ricotta affumicata e stridoli. La stagione, questa qui, sta ancora godendo dei funghi locali che si chiamano prugnoli.

Al Piastrino c’è un menu dedicato. La natura offre, il Piastrino risponde e dedica. Lo fanno tutti? Sono d’accordo che non è una novità. Riccardo lo fa senza fartelo pesare. Affronto la “classifica” dei primi (grandissimi!) e mi tuffo in un mare limpido, vedo il fondo, galleggio e nuoto. Vado con l’elenco e senza commenti, perché divento noiosa: gnocchetti di patate al parmigiano vecchio e anguilla affumicata, riso carnaroli, ortica, guanciale e fumo, spaghetti cacio, pepe e aringa… poi, ed ora divento noiosa però vi piace, zuppa di fagiolo nel cappelletto e gamberi di fiume. Sono pochi e tanti i cuochi in Italia a saper riempire un cappelletto di “liquido”. Si impara la tecnica e questo ci sta. petali piastrino tycheIl cappelletto di Riccardo Agostini si accoccola fra le braccia/tenagliose del gambero di fiume. E si mangiano insieme. Abbracciati. Ognuno con la sua personalità. Può un cappelletto amare un gambero di fiume? Riccardo mi devia e mi ammalia su tanti piatti che vuole farmi provare ma io sono qui perché voglio riassaggiare, o assaggiare, animelle e piccione. La animelle sono attorcigliate da foglie nervose di radicchio come cespugli di rovi. In basso latte di rose. Prima assaggio con il dito portandolo alle labbra il latte di rose. Faccio domande e Claudia mi fa vedere il barattolo di boccioli di rose che Riccardo fa diventare latte. Il piccione arriva nelle sue due cotture. Leggermente rosato e ben cotto dove è giusto che sia. C’è bietola e cannella. E misticanza fresca.

melanzane piastrino tycheHo chiuso la mia cena con la melanzana che si chiama come una melanzana. Dove ogni protagonista/ingrediente quasi nemmeno si conosce. La melanzana è fritta e arrotolata su se stessa. La mozzarella è finta ma solo lei lo sa. Il pomodoro vaga sotterraneo. Poi con la forchetta apri la mozzarella che inonda tutto…
Mi fermo qui, Perché questa è solo la prima puntata…

Il Piastrino Pennabilli, all’interno del Parco Begni è un viaggio che dovete proprio fare.

Carla Latini

Riccardo Agostini, una stella marchigiana nella terra passata alla Romagna

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Per motivi geografici e politici Pennabilli, qualche anno fa, è passata in Romagna. La bella cittadina dell’entroterra pesarese ha dato i natali al nostro Tonino Guerra. Tonino era un assiduo frequentatore del ristorante Il Piastrino di Riccardo Agostini. Ha trascorso quasi 10 anni dal maestro Vissani e ormai da 15 si è messo in proprio. Cammina con le sue gambe accanto a Claudia, la bella moglie e compagna di lavoro. Come Ramona ed Errico Recanati (ristorante Andreina), anche Claudia e Riccardo si dividono fra sala e cucina.

Nei piatti di Riccardo regna da tempo la regola del tre: tanti devono essere gli ingredienti forti, caratterizzati da una spiccata personalità che, dopo una prima lettura del menu, sembrano assolutamente incompatibili. Tipo fegatini, olive e mosto. Oppure erbe, pecorino e bottarga. Riccardo osa con sicurezza e, vi confesso che succede veramente, i suoi piatti rimangono nitidi nella memoria. Il ricordo visivo e olfattivo ne rafforza il gusto. Riccardo supera gli stereotipi dello stagionale e del territorio: va al confine fra il possibile e l’impossibile. Il Piastrino e Pennabilli meritano il viaggio. Sia d’estate (fuori è molto accogliente e di gran classe), che d’inverno. Il vecchio Piastrino ha mura antiche, robuste e protettive. La sala è arredata da Claudia con pochi ma importanti particolari. Il grande camino chiude il cerchio.

Ho scambiato due parole con Riccardo durante una delle cene alla Trattoria Gallo Rosso a Filottrano. Gli ho chiesto (non potevo non farlo!) come si trova in Romagna. Mi ha risposto che il suo cuore è rimasto nelle Marche. Ama le nostre montagne, le nostre coste. I nostri prodotti. Il nostro turismo. Che non somiglia affatto, per fortuna, a quello romagnolo.

Durante la cena abbiamo mangiato anche degli spaghetti grandi con cacio e pecora, e un piccione con erbe di campo e cannella. A dimostrazione di quanto è valida e ferrea la regola del tre.

Abbiamo chiuso con latte, caffè e tabacco.

Nei video potrete ascoltare le parole di Riccardo e quelle di Andrea Tantucci che aspetta tutti noi di Tyche…

Carla Latini

(per la foto grazie a Lorenza Vitali)

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