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Le etichette raccontano la storia del vino, un museo a Cupramontana

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Rhett Butler e Rossella O’Hara, ritratti in una delle scene più intense e drammatiche di Via col Vento per un red wine della California datato 1990, è una delle centomila etichette del vino esposte a Palazzo Leoni, nel centro di Cupramontana. Il Museo, voluto dallo storico dell’arte Armando Ginesi, nel 1987, è una sorta di “scusa” per celebrare il vitigno bianco più amato dai grandi intenditori: il Verdicchio. Peccato che, come spesso avviene in ogni parte d’Italia, il valore immenso di questa collezione venga poco raccontato e anche mal conservato. Merita un viaggio ed una visita che vi farete da soli, senza guide, mettendoci tutto il tempo che vorrete. Il percorso è chiaro e ben delineato.

Prima stanza. Si parte dagli antichi greci e romani. Scoprirete, se già non lo sapete, che il nome del proprietario, della casata, del nobile, con lo stemma e il blasone, apparivano, insieme al vitigno, già sulle etichette in bronzo, in ferro, in rame, in oro in casi eccezionali, che, come sigilli, chiudevano le piccole botticelle di legno. Scoprirete che i primi ad indicare il castello, lo Chateau, proponendolo in etichetta in tutta la sua imponente bellezza/ricchezza, sono stati i francesi. Ai tedeschi, e questo invece forse non lo sapete, si deve l’apparizione dell’annata della raccolta. Contemporaneamente, in Italia, l’annata veniva scritta a mano dal cantiniere, sotto il nome del vitigno che fosse Barolo o Chianti. Il percorso storico si intreccia con quello legato alle epoche e alle mode. La solitaria scritta Sautern su un’etichetta appena decorata da una cornice parallela al suo bordo la dice lunga.

Seconda stanza. Etichette dall’Oceania, dal Giappone, dalle Americhe, dalla Cina, dall’Africa. Un Vin Rouge superior du Maroc, Berkane in ambientazione tipica, assolata, con cammello, cavaliere e moschea in lontananza, non stimola la beva (con quel caldo!), ma introduce in un viaggio fantastico senza tempo.

Terza stanza, il Verdicchio. Le prime etichette lo indicavano così: secco da pasto, invecchiato, spumantizzato. Etichette complete di tutte le informazioni necessarie con pochi decori. L’essenzialità e la riservatezza del marchigiano doc. Come il suo Verdicchio.

Ultima stanza. Alla fine del vostro viaggio “alcolico” incontrerete artisti e personaggi famosi. Dal Tintoretto, con la sua celebre “Donna che si scopre il seno”, a Peppone e Don Camillo passando per Giulio Cesare, Garibaldi, Stalin, Mussolini, Tiziano, Leonardo, Picasso, Frida Kalo, il Che e Mao. Tanto per fare alcuni nomi. Rhett e Rossella, nella stessa tragica posa, appaiono anche in versione giallo ocra per uno chardonnay, sempre californiano. Ho preferito la versione red wine che più si addice a Miss Rossella. In realtà Vivien Leigh per tutta la ripresa del film, raccontano le cronache dell’epoca, sarebbe andata a gin. Ma questa è un’altra storia.

Quella di Cupramontana e del vino comincia con la Dea Cupra che per gli antichi romani era la Dea del desiderio e della fertilità. Vino e olio sono i suoi primi figli legittimi. Che il vino a Cupra si produceva sin dai tempi degli antichi romani, che veneravano la Dea, è certo e documentato. Se ne trovano cenni nei recuperi dei vigneti che i monaci benedettini e camaldolesi effettuarono dall’VII all’XI secolo. Vigne curate e ben lavorate. Nel 1500 veniva applicata una tecnica di coltivazione della vigna che è arrivata quasi fino ad oggi. Un legame stretto e vitale fra il filare e l’acero. Queste due piante unite come se stessero tenendosi per mano presero il posto di boschi e foreste. Nel 1600 Cupramontana esporta il suo vino nelle città limitrofe ed è nella prima metà dell’800 che viene ufficializzata la presenza del vitigno Verdicchio. Le industrie vitivinicole grandi e piccole si sono impegnate a non prediligere solo la quantità, la produzione è notevole, ma nella quantità hanno ricavato delle nicchie di alta qualità, oggi conosciute ed esportate nel mondo.

Il Museo è, appunto, una ‘scusa’ per tornare indietro nel tempo e soprattutto per avere la conferma, di quanto abbiamo espresso da quelle colline e di quanto possiamo ancora esprimere.  Basta solo crederci. La Dea Cupra vi aspetta per la Festa del Vino, ogni anno sotto raccolta.

Carla Latini

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