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Enrico Brignano a Civitanova

L’evoluzione di Brignano è 2.0: “Altro che giullari, i comici ormai sono punti di riferimento”

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Tanto per dirla con il titolo del suo nuovo libro: “Ci siamo evoluti bene e ce ne evoleremo ancora”. Stiamo parlando di Enrico Brignano che ripropone un concetto a lui particolarmente caro. Si deve ridere ma anche pensare. Il comico romano ripartirà nel 2016 con Evolushow 2.0 toccando la nostra regione con una data, venerdì 8 gennaio, all’Eurosuole Forum di Civitanova. Brignano, seguendo il linguaggio informatico, aggiorna il suo Evolushow e il 2.0 sta proprio a significare questo. Un carosello di considerazioni dell’artista sull’attuale società sempre più connessa con il web. Continua insomma un viaggio attraverso l’evoluzione, giocando con le sue contraddizioni e sorridendo di qualche errore. In attesa di soffermarci sulla presentazione dello spettacolo, ci intratteniamo con lui in una gradevole intervista.

Qualche anno fa quando Beppe Grillo era comico e “Striscia la notizia” muoveva i primi passi, mi capitò di dire che c’era poco da star tranquilli in un Paese dove le situazioni comiche riuscivano ad essere più veritiere della politica. Poi con te e Maurizio Crozza si è rafforzata questa tesi. Da cosa dipende questa scollatura del potere con la vita quotidiana dei nostri cittadini?

<<La politica ha la colpa di essere sempre stata una cosa costosa “di palazzo”, con privilegi, lontano dalla gente e dalle sue beghe quotidiane. Insomma, lo scollamento c’è sempre stato. Semmai ciò che mi fa riflettere è il bisogno della gente di qualcuno che dia voce ai suoi disagi, anche se con un sorriso. I comici, loro malgrado, da semplici giullari sono assurti a punto di riferimento per i temi più annosi, sia etici che sociali, e sono stati investiti da una grande responsabilità oggettiva>>.

Italia paese da sempre di grandi comici. Quali sono i colleghi del passato e del presente preferiti da Enrico Brignano? Insomma chi ti piace?

<<Del passato mi piacciono i grandi classici, in questo sono davvero prevedibile. Ma come non apprezzare Walter Chiari, Franchi e Ingrassia, Panelli, Valori, Fabrizi, Manfredi… Sono i giganti su cui ci issiamo come nani noi comici di oggi. Quanto ai miei colleghi, che in gran parte sono anche amici, adoro la verve di Fiorello, la follia dei personaggi di Panariello ma osservo con curiosità anche le nuove leve>>.

Parliamo di pubblico, nel sorridere e nell’acchiappare al volo la battuta c’è differenza fra nord, centro e sud?

<<Forse una volta. Ormai il pubblico è omogeneo. La globalizzazione fa anche questo. Restano piccole specifiche regionali: di certo a Milano la cadenza romana resta molto simpatica, a Napoli per esempio ci sono più abituati. E non è neanche vero che al nord siano più freddi: ho ricevuto applausi calorosissimi a Torino come a Taormina>>.

Cinema, tv, pubblicità, teatro, palasport. Dov’è che pensi di dare il meglio di te?

<<Forse bisognerebbe chiederlo al pubblico! La dimensione che sento più congeniale è, credo prevedibilmente, il teatro. Per un attore la risata immediata, l’applauso, il vociare del pubblico, l’energia che passa dal palco alla platea per poi tornare in scena è il nutrimento più grande>>.

Sei permaloso se fanno satira su di te?

<<Finora non è mai successo e, se è successo e non me ne sono accorto, si vede che è stata una voce che si è persa nel mare di affetto e stima che la gente ha nei miei confronti. Credo comunque che si debba fare dei distinguo, nello specifico tra satira e offesa. Penso di saper ridere di me stesso, delle mie manie; sono ovviamente passibile di critiche, come tutti, e le accetto di buon grado. C’è un però: satira è anagramma di risata. Ecco: chi fa satira su di me deve farmi ridere, divertire, cogliere aspetti comici. A volte, invece, ci si limita a offendere gratuitamente, fino ad arrivare a quella che definirei violenza verbale. In quel caso, mi dispiaccio, soprattutto per l’occasione che è stata persa per rendere un buon servizio a un genere nobile come quello satirico>>.

Capita di vederti con una certa frequenza “in borghese” a spasso nelle Marche. Hai qualche aneddoto sui luoghi o sulle persone della nostra regione? Insomma meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta?

<<Ma per carità! Io il marchigiano lo voglio in casa, a tavola, a mangiare piatti tipici, altro che alla porta! La mia prima tournée l’ho fatta proprio nelle Marche e sono stato accolto con grande calore da allora, fino ad arrivare al sold out di questa estate allo Sferisterio. Della vostra regione mi piace soprattutto la tranquillità operosa, quel saper conservare le tradizioni e contemporaneamente essere aperti alle novità. Insomma, dalle vostre parti ci vengo proprio volentieri>>.

Senza anticipare nulla, ci sono delle istruzioni per godersi al meglio questo tuo nuovo spettacolo?

<<Si parla di evoluzione della specie, clonazione, nascita dell’universo. Quindi, se avete studiato tutte queste cose… dimenticatele, perché io ve le rispiego. A modo mio, ovviamente! La scienza come non l’avete mai sentita. E come non la sentirete più, mi viene da aggiungere>>.

Mensilmente il nostro Tyche Magazine si sofferma su una parola per filosofeggiare un po’. A te è capitato il termine VITA. Cosa ti fa venire in mente?

<<Non saprei dirlo a parole, ma c’è un’immagine che penso parli per me. Ecco, la vita secondo me assomiglia a questo>>.

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Kruger Agostinelli

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