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Michele Pecora ricorda Gianni Ravera: “L’innovatore della musica italiana”

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Chi pensa erroneamente che Michele Pecora sia stato solo una meteora discografica degli anni Ottanta deve assolutamente rivedere il proprio giudizio. Michele, nato in provincia di Salerno ma marchigiano da sempre, ha saputo trasformarsi da cantautore a discografico, da talent scout a direttore d’orchestra. Ed ora, come ci racconta in questa intervista esclusiva che ci ha concesso, pure direttore artistico del Premio Ravera.

Michele, la tua è una vita sempre vicina alla musica.

«Sì, ho un grande amore per la musica. L’ho portata dietro per tutta la vita. Una passione di quelle che non ti fanno pensare al risultato ma ti fanno suonare per il piacere di farlo. E inevitabilmente poi arrivano anche i risultati. La mia attività cantautorale nasce a Castrocaro, con Gianni Ravera che mi ascolta e mi fa esibire al Festival. Quell’anno lo vinco pure: da lì inizia quest’avventura che mi ha portato col tempo a fare tante e tante cose. Certo, di musica si vive, ma bisogna anche guardarsi intorno perché i tempi e le cose cambiano. È giusto quindi ampliare il proprio raggio d’azione. Ecco allora che le strade si moltiplicano, fino alla direzione artistica di eventi. Sono convinto del fatto che fare l’artista e vivere di arte sia anche rimanere al passo con i tempi. Non ancorandosi alla nostalgia di un passato che non c’è più, ma vivendo il presente e il futuro. Con tutti i suoi cambiamenti».

Quindi è nato il Premio Gianni Ravera – Una canzone è per sempre.

«Mi sembrava giusto tributare un omaggio all’uomo che ha innovato e ha fatto per anni e anni la storia della musica di questo Paese. Basti pensare che nei tantissimi festival di Sanremo organizzati da lui, delle 18 canzoni in gara almeno 14 erano dei successi. Quindi aveva la grande capacità di individuare il talento oltre le apparenze. Ramazzotti e Zucchero sono solo alcune delle sue ultime scoperte. Era un innovatore: fu il primo a portare gli artisti stranieri a Sanremo e a farli cantare in italiano. Tra cui memorabile fu proprio l’esibizione di Louis Armstrong».

Ravera è un personaggio culturale molto importante di questa nostra regione, essendo nato proprio a Chiaravalle.

«Era legato alla sua terra. Ricordo che quando lo incontravo era sempre commosso nel ricordare Chiaravalle, dove veniva appena possibile. Ravera è stato l’inventore del festival di Castrocaro, che ritengo storicamente addirittura più importante di Sanremo. Sanremo è un punto di arrivo, ma da Castrocaro sono passati tutti, nei tempi in cui si riusciva ad individuare i talenti. Perché la musica va giudicata da persone competenti, cosa oggi più complicata. Ravera era questo, dava una possibilità. Claudio Cecchetto ha raccontato che doveva uscire il brano del Gioca Jouer ma Ravera gli disse di aspettare e farlo andare come sigla di apertura di Sanremo. Quella scelta fu un successo».

Oltre a Cecchetto, la prima edizione ha avuto grandi ospiti. Come Carlo Conti e Pippo Baudo…

«Baudo ha avuto un rapporto di collaborazione con Ravera lungo 30 anni. Altri ospiti sono stati Dario Salvatori, Iva Zanicchi, Fausto Leali… Insomma tutti quelli che hanno attraversato la vita professionale di Ravera».

Intanto che anticipazioni ci puoi dare?

«Quest’anno le serate saranno due e non una e si è aggiunta l’accademia Gianni Ravera, per la scoperta di nuovi talenti».

Kruger Agostinelli

Elis Marchetti e l’Osteria di Ugo Bassi: semplicità prima di tutto

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Da 8 anni Elis Marchetti ed il suo socio Claudio tengono viva piazza Ugo Bassi ad Ancona con la loro Osteria. Che è una vera e propria Osteria. Il legno scuro ed i tavoli sobri e senza fronzoli ne sono i diretti testimoni.

Elis viene da Chiaravalle, ha lavorato a Senigallia, Alice Channel e Vera Tv lo trasmettono dietro i fornelli mentre racconta le sue storie di cucina, ma, quando si siede con me e la mia amica Cristiana Carnevali (di lei vi scriverò in seguito), si scioglie in uno “slang” tipicamente anconetano. Discreto e molto chic. Che a lui, giovane e affascinante, dona molto. Ho voluto mangiare i piatti più semplici che poi sono i più difficili: alici marinate al Verdicchio, scritto nella lista delle vivande con la V maiuscola, e il classico stoccafisso all’anconetana. Le alici sono decorate e insaporite da minuscoli frutti di bosco rossi. Lo stoccafisso è buonissimo, intendo il pesce. Il condimento delicato e le patate di ottima qualità lo rendo un grande piatto. Gli chiedo quali sono i “grandi” che ammira. Mi risponde tutti. Ma ha un debole, anche se ancora non è stato a mangiare da lui, per Gianfranco Vissani. Ricorda una frase di un famoso cuoco insegnante durante un corso all’Etoile: in cucina, Vissani, non ha rivali. Da qui parliamo di materia prima. E trovo un portone spalancato quando gli domando: Ma come le fai le alici? Ecco il ritorno dell’importanza della materia prima: <<Le vado a prendere al porto la sera del lunedì alle 18.30. Le più fresche arrivano alla sera>>. Capisco e ammiro la sua risposta: bella l’idea dei frutti di bosco rossi. E lui: <<Pensa che è un piatto che faccio da 8 anni, mi sono stufato!>>. Il fuoco della passione che gli arde alla bocca dello stomaco sta cominciando a uscire, così mi dice che i piatti che propone, ogni giorno, sono piatti della tradizione marchigiana, i più. Poi c’è qualcosa che strizza l’occhio alla cucina romana e anche alla toscana. Nel tempo la sua clientela si è abituata e lui si è abituato a loro. Siamo ad, ops, “in” Ancona. Ma questo l’ho detto io e non lui. Elis vorrebbe fare altro ogni tanto, e comunque ci riesce perché, quando parla della carbonara dice che è la “sua carbonara”. Ci credo. Mette tutti i suoi sensi nella realizzazione dei piatti anche in creazioni “normali” come uno spaghetto alle vongole. Ma attenzione! Come ho scritto prima, è nella semplicità e nella normalità che si capisce la bravura di un cuoco e il suo “sentire il piatto”. Mi racconta della brigata. In tutto sono tre, lui compreso. E seguono anche la produzione della pizza e il banco dove portare via “all’asporto”. Uno dei ragazzi ha la mano creativa e si prende cura anche dell’aspetto del piatto, che sia un tagliere di salumi o un crudo di pesce. L’altro, bravissimo in tutte le realizzazioni classiche, non trova necessario che il piatto sia curato con una certa grazia. Lui guarda alla sostanza. Una squadra “corta” e vincente. Ormai, dopo 8 anni, Ancona ha capito che si può andare in piazza Ugo Bassi anche per mangiare bene, bere meglio e fare un’esperienza “a step”. Senza essere forzati. Elis ha un’apparenza umana molto dolce. In fondo è caparbio, tenace e passionale. Riconosce, e questo mi è piaciuto molto, che la vicinanza di Claudio, che si occupa <<dei cordini della borsa con attenta meticolosità>>, è stata ed è strategica per il conto economico dell’Osteria. Se ho scritto di lui è perché mi è piaciuto tutto. Anche il servizio curato, spiritoso e ben diretto dalla sua mamma. Non ho preso il salame di tonno, peccato! Sarà il motivo per ritornare. Comunque, io che ne mangio tanti di cuochi, posso proprio confermare che Elis li “sente” i suoi piatti. La sera conviene prenotare 0712814235, info@osteriadellapiazza.com

Carla Latini

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