Ventitré volte Vinitaly vorranno pur dire qualcosa? Nulla è cambiato fuori e dentro questa fiera che è vecchia: entrate singhiozzanti ai parcheggi, marciapiedi impraticabili perché o pieni di macchine o pieni di fango. Per fortuna, una volta che si riesce ad entrare (vecchia anche dentro confermo), il problema si rimanda alla sera quando raggiungere l’autostrada o l’hotel diventa un’impresa ciclopica.
A parte ciò, Vinitaly “s’ha da fare”. E’ come quando si va ad un matrimonio o a un funerale. Incontri tutti quelli che devi, vuoi o ti capita di incontrare.
La città di Verona, il centro, merita sempre una visita. Gode di un fascino immutato nel tempo.
Questi ultimi Vinitaly sono affollati di giovani, coppie o gruppetti. Per giovani intendo dai 18 ai 25 anni. Li ho notati perché nelle edizioni di 5/6 anni fa, età media 40 anni, incrociavi solo agenti di commercio, importatori, direttori commerciali, cuochi, osti, enotecari, distributori, produttori, operatori con valigetta tipo-fiera o trolley, giornalisti/e e bellissime-misteriose donne tacco 12.
Ora il tacco 12 è un cult nel mondo del vino: una goccia di Amarone Zenato si è trasformata in un raffinato pois rosso vermiglio per la nuovissima decolleté in seta Mantero della designer Paola d’Arcano. L’ho vista. Bellissima. Voglia di Cenerentola.
Eccomi dentro Vinitaly. Travolta dalla gente. Dai baci e dai sorrisi. Per passare da un padiglione all’altro il tempo è indefinito, diluito o condensato. Dire a qualcuno: “ci vediamo fra un’ora“ può voler dire fra tre o fra 15 minuti.
Azzardo una tappa in Franciacorta. C’è un imbuto umano. Ma fanno la fila davanti ai bagni? Immagino di no. Attivo i privilegi e mi faccio venire a prendere. Ogni tanto si può fare. Adoro il Pinot nero e sono curiosa di assaggiare il nuovo prodotto del mio amico Mario Falcetti. Il nome mi piace, si chiama l’Acchiappasogni. Profuma di lui, intendo di Pinot nero, è delicato, un po’ nascosto. Mi accende la memoria: viaggi in Borgogna, un’ultima pierrata a Parigi. Scendo con la scala mobile mentre dei ragazzi, diciamo leggermente allegri, fanno salti metallici e rumorosi sui gradini. “So’ ragazzi”, che ci vogliamo fare?
A Vinitaly, davanti a tutte le entrate e uscite, ci sono quelli che fumano, come in ogni fiera che si rispetti. Il mio naso, che sta ancora godendo del Pinot di prima, cambia subito prospettiva olfattiva. In cerca di aria. Che non manca. C’è un vento!
Nel vento intravedo Moreno Cedroni. Uno dei miei preferiti. Anni fa lo definii “l’Archimede Pitagorico“ della cucina. Attualmente il suo estro e la sua arte sono ambasciatori dell’Italia ad Expo. Si è fatto ritrarre con una vongola al naso. Una vongola delle nostre coste.
Per le Marche, ad Expo, però c’è una madrina. Ha le forme armoniose, il sorriso coinvolgente di una donna intelligente, capace e bella. Angela Piotti Velenosi rappresenterà le Marche a Expo. Angela e Moreno, insieme. Grandi vini e alta cucina.
Finalmente sono nelle Marche. Uno spazio espositivo che non è certo paragonabile a quello della Sicilia o del Veneto. Ma queste sono le Marche. Il bianco-verde degli stand consente di localizzarli subito, a distanza. La terrazza è un plus da non sottovalutare. I vignaioli hanno un desk uguale per ognuno. Sono vicini, si parlano. Si confrontano. Si aiutano. Poi ci sono sempre Fede e Tinto con la postazione di Decanter, Radio2. Così le Marche diventano la “terra di passaggio” di tutti gli ospiti della trasmissione. Non male.
Gianluca Mirizzi, Gianluca Utopia come si fa chiamare su Facebook, mi offre un Tabano bianco. Conosco bene l’azienda Montecappone di Jesi. Quest’anno mi sono fatta anche un rifornimento casalingo di olio evo. Mi distraggo un momento ed ecco apparire Stefano Antonucci con il suo cantiniere. Gianluca Utopia è realmente emozionato. La foto con il patron dell’azienda Santa Barbara ci sta.
Queste sono le Marche. Un po’ chiuse in se stesse, discrete, senza fronzoli, con tanto contenuto. Come il Verdicchio. Avete mai visto un grappolo di verdicchio? I chicchi sono piccoli e attaccati l’uno all’altro. Stretti come in un pugno. In difesa.
Colta da una profonda nostalgia mi reco allo stand di Villa Bucci (ho festeggiato i miei 40 anni con un Villa Bucci del ’92 servito da un quarantenne Alessandro Scorsone). C’è Claudia, la nipote di Ampelio Bucci. Claudia, compagna di tante avventure eno-gastronomiche. Rimembriamo ridendo, degustando la riserva 2010. Coerenza è la prima parola che mi salta in mente. Ampelio è stato il primo vero Verdicchio della mia vita.
Vinitaly vuol dire anche premi. Quello Cangrande, di “can” grande prestigio, perdonatemi non ho saputo resistere, è stato assegnato all’azienda Agricola Casale Vitali di Montelparo (Fermo). Le motivazioni le solite: tradizione, innovazione, legame al territorio, passione etc. I Vitali sono stati e sono bravi. Lavoratori costanti e rispettosi. I loro vini sono come tutti i prodotti della loro azienda agricola. Veri e sinceri. Non si fanno dimenticare.
Errico Recanati mi distrae dall’andare avanti con i miei pensieri. Le Marche battono in lui. Lo conosco che era “pischello” ed aiutava nonna Andreina. Ora ha una stella Michelin sul petto. A Vinitaly sostiene le degustazioni delle Marche con il suo hamburger e il pollo in potacchio in tazza. Rilascia interviste e vince il premio, come miglior video, Acqua di chef curato da Ferrarelle e Italia Squisita. Errico è ormai lanciato nell’Olimpo dei grandi. A proposito di Olimpo, ritorno da Angela Piotti Velenosi e Moreno Cedroni per un ultimo saluto prima di avviarmi.
C’è Anna Scafuri del Tg1 ed una fila di telecamere e microfoni di altre Tv non meno conosciute. Faccio ciao con il braccio. Mi concedo un ultimo brindisi con lo spumante di Giuseppe Bonci che si chiama Caterina, come sua nipote, e lo dedico alle Marche. L’Expo non è ancora cominciato!
Carla Latini