Arturo Rota è il genero di Luigi Veronelli, chi ama vino e cibo non può non conoscerlo. Luigi, Gino per gli amici, è stato la mente visionaria e illuminata che ha rivoluzionato il mondo enogastronomico italiano fin dagli anni ’70. I nostri nonni lo ricordano in Tv, su Rai1, in una trasmissione che conduceva con Ave Ninchi, guarda caso marchigiana anche lei. Si intitolava A Tavola alle 7. Un programma innovativo reso ancora più gradevole dalle battutine secche e simpatiche fra i due. Era nata una vera amicizia, una sorta di amore odio reso ancora più evidente dal fatto che Gino era interista e Ave juventina. Questi e altri aneddoti vengono raccontati da Arturo ad un pubblico attento e assolutamente molto interessato. Arturo Rota racconta. Da solo, senza Nichi Stefi (il libro Luigi Veronelli, la vita è troppo breve per bere vini cattivi, è scritto a quattro mani) che sempre lo accompagna in queste occasioni, si dona al pubblico in un monologo trascinante. Parlare di Luigi Veronelli, Gino per gli amici, senza tradire l’affetto profondo e la stima del discepolo fedele non è facile. Arturo è cresciuto con Gino. Da lui ha appreso la difficile arte di “sbagliare da solo”. Nel libro c’è la vita di Gino. Arturo e Nichi si erano dati un obiettivo: il protagonista deve essere Luigi Veronelli. Dal libro deve uscire Gino com’era. Com’erano le sue giornate, le sue amicizie, la sua assoluta generosità. A condurre Arturo c’è Andrea Nobili. Avvocato molto noto in provincia perché ex assessore alla cultura del Comune di Ancona. Amico di Arturo e fine conoscitore del mondo del vino. Aneddoti, episodi finalmente raccontati per bene che erano diventati mitici nell’immaginario collettivo. Arturo parla appassionato e noi ascoltiamo. Per mia fortuna ho avuto l’onore dell’amicizia di Gino. Così come ora ho quella di Arturo.
Chiude la serata il padrone di casa, Alessandro Starabba Malacari. Vignaiolo in quel di Offagna. Ricorda quello che accadeva a tanti produttori di vino e artigiani delle cose buone quando si veniva invitati a casa di Gino, nella mitica via Sudorno a Bergamo Alta. Si credeva di essere da soli e di poter parlare con Gino vis a vis. Invece c’erano sempre altre persone. Il tavolo era da otto. Ed ogni volta era pieno. Quindi ognuno spiegava il proprio problema agli altri e viceversa. Gino ascoltava e spesso stava in silenzio fino alla fine. Nascevano amicizie insospettabili fino allora. Tipo due vignaioli confinanti che si sopportavano come la sabbia nel letto. Il potere delle “poche parole” di Gino era sorprendente. Tutti tornavano a casa carichi e con qualche nuova soluzione ai propri problemi. E’ grazie a Gino Veronelli che l’Italia ha preso coscienza della qualità della sua cucina, dei suoi prodotti e dei suoi vini.
Chiudiamo in bellezza la serata e beviamo un Grigiano, invecchiato in una magnum. Siamo dei privilegiati. Con la presenza di Arturo poteva solo essere così. Perché la vita è troppo corta per bere vini cattivi. Non mediocri, come scrisse Goethe, ma cattivi, come avrebbe detto Gino!
Carla Latini