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Bontà delle Marche ad Ancona, una finestra chic aperta sulle gustose proposte regionali

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entrata Bontà delle MarcheProssima l’apertura, su corso Mazzini, ad Ancona, della vetrina accanto all’entrata. In modo che chi passa possa sentire i profumi della cucina del ristorante e della gastronomia e, senza entrare, possa assaggiare e acquistare direttamente dalla strada. Molto parigina, la trovo una bellissima idea.

Bontà delle Marche ad Ancona (perdonatemi anconetani, ma non mi viene “in” Ancona) è la boutique del buon bere e del buon mangiare che, in tempi assolutamente digiuni (in tutti i sensi) di cultura eno-gastronomica, ha saputo inventare, creare e far crescere tanti artigiani del territorio. Ora famosi ed affermati. Gabriele Cappannelli, il patron, ricorda l’avventura iniziata con papà Dario. Un uomo colto, sensibile, retto e lungimirante. Ricorda l’iniziale difficoltà di riempire gli scaffali con prodotti “made in Marche” che fossere di grande qualità e la difficoltà di formare uno staff preparato e accogliente.

Quando si entra da Bontà delle Marche c’è sempre qualcuno che ti sorride e che ti invita ad assaggiare. Oggi, mentre mi intrattengo volentieri con Gabriele (lo seguo dai 18 anni, ho visto evoluzioni, cambiamenti, nuove avventure) il locale è completamente rinnovato. I colori sono quelli del legno quasi bianco. Le sedie comode e scure così come i tavoli. Le tovagliette rosse mi ricordano che domani è l’ultimo dell’anno e che oggi è il 30. Il compleanno di Gabriele. Nemmeno a farlo apposta! Nel 2000 avevamo festeggiato con la “fetta di prosciutto tagliata a mano più lunga del mondo”. L’Associazione dei Bottegai Italiani, fondata da Gabriele insieme ad altri suoi colleghi nelle principali città, oltre a lanciare iniziative simili organizza corsi di formazione per imparare a fare il banconista. La figura professionale che sa, appunto, “sviolinare” un prosciutto a mano, sa riaffinare i formaggi, sa conoscere i diversi tipi di pane. Sa raccontare la storia dei prodotti che ha davanti. Saul è accanto a Gabriele da sempre. Il suo sorriso è nella memoria dei tanti marchigiani, e non, che si fermano qui per un panino o per portarsi via un pranzo, per fare la spesa, per mangiare bene e bere meglio, per organizzare un catering che sia una festa familiare o un meeting professionale o aziendale. In poche righe vi ho riassunto le molteplici attività che “deve” offrire una bottega/boutique degna di questo nome.

<<I tempi sono cambiati>>, dice Cappannelli, <<anzi>>, e si corregge, <<cambiano in continuazione. Se prima rispondevo al telefono, perché stavo lavorando, solo prima dell’inizio del servizio e dopo, ora rispondo sempre o, comunque, leggo i messaggi e le e-mail. Questi cambiamenti repentini in corso d’opera di solito sconcertano chi lavora con te. Così ho fatto fare ai miei ragazzi un corso di “comprensione e adattamento” insieme ad uno psicologo che conosce questo mondo. Il mondo dello stare al pubblico. Un pubblico che cambia attraverso i social e le informazioni globali e vuole idee nuove adeguate ai suoi cambiamenti. Quindi via la vecchia formalità. Piace l’informale? Noi ci siamo adeguati. Anche quando sistemiamo la tavola abbiamo imparato ad essere più easy. E i clienti si sentono a loro agio>>.

Da Bontà delle Marche si mangia a qualsiasi ora. La cucina sforna piatti di eccellenza. Ricette tradizionali ben fatte. E tutto ciò che si mangia e si beve seduti ai tavoli, nel ristorante al secondo piano o anche fuori quando il tempo lo permette, si può comprare. Comprare è il verbo giusto ma non esaustivo. Comprare ed imparare a conoscere ed usare. Come la giusta temperatura della padella per far divertare croccante un grande guanciale, la giusta temperatura per servire a tavola una mozzarella di bufala affumicata. Il tempo giusto di ammollo della cicerchia piuttosto che di una fagiolina. I segreti per cucinare un cotechino da “crudo”. I segreti per usare confetture e marmellate in abbinamenti classici o audaci. Potrei continuare all’infinito, tante sono le parole che Gabriele sta “producendo” da mezz’ora.

Il Patron di Bontà ha un sottile rimpianto. Avrebbe voluto far crescere in professionalità tutto il centro e la città di Ancona. Ma gli anconetani (gli italiani direi) sono così. Un campanile in ogni portone. Anche se, di professionisti in gamba, sottolinea Gabriele, ce ne sono eccome! Io però, Gabriele Cappannelli, non mi preoccuperei più di tanto. Ci sono tanti giovani che hanno voglia di fare. Diamogli tempo e fiducia. <<Due parole sulla tua nuova gestione della Capannina a Portonovo le vogliamo fare?>>. <<La Capannina si è lentamente evoluta e adesso posso confermarti che ho deciso, dal prossimo anno (il 2016 appena entrato), di usare solo grandi prodotti. Grandi risi, grande paste artigianali di semola e all’uovo. Tutto al top dall’antipasto al dolce passando per la pizza. Perché ho fatto i miei conti e quasi quasi risparmio>>. Aspettiamoci, dunque, una Capannina con proposte di piatti al top!

In attesa di vedere aperta “la finestra delle Bontà”, quando la vetrina lascerà spazio ad un banco all’aperto che fa tanto parigino chic, auguro a tutti gli amici di Tyche un goloso e classico 2016 eno-gastronomico! Per info su Bontà delle Marche www.bontadellemarche.it tel 071 53985.

Carla Latini

L’Osteria di Giacomo Leopardi, piatti veloci e sfiziosi nel nome del Sommo Poeta

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Poco prima della casa del sommo poeta di Recanati e vicina alla piazzetta della casa di Silvia (in fondo è tutto lì in pochi metri quadrati) c’è l’Osteria Leopardi. Una vivace gestione familiare con la missione di educare il turista alla qualità.

Mission impossible? No. Marco il patron, nonché cuoco insieme alla moglie e alla figlia, mi spiegano che hanno la cucina sempre in attività. Anche se costa fatica stare aperti dalle 11 fino a notte fonda, soprattutto l’estate. E accontentano i clienti che fanno la fila per visitare la casa di Giacomo Leopardi. Le visite alla casa sono programmate per appuntamento e creano, in ogni modo, una fila lunga e “noiosa”. L’Osteria è lì per loro. Alcuni hanno tempo per mangiare anche due ore. Altri hanno solo 15 minuti. Così Marco e famiglia, una vita vissuta a fare grandi numeri in una pizzeria da “grandi numeri”, si sono attrezzati per l’abbisogna ed hanno un menu per tutti i gusti, le tasche ed i tempi. In 15 minuti spaghetti al pomodoro, antipasti caldi o freddi, zuppe classiche della tradizione marchigiana. In due ore antipasti sfiziosi, primi elaborati, secondi di carne e pesce. Dessert per 15 minuti e per due ore. Avrete capito che sto toccando, con le mie parole, estremi quasi impossibili ma che rendono l’idea di come si fa di necessità virtù.

All’Osteria Leopardi, in memoria del poeta che non era uomo stanziale in senso eno-gastronomico ed ottimo gourmet, si mangia territorio italiano con qualche accenno alle cucine europee che piacevano a Giacomo. Così nelle proposte c’è “tutto un piatto”: un gulash di cinghiale con polenta e taleggio, stracotto al manzo con Rosso Conero patate e verze, bocconcini di vitello alla birra nera con il suo risotto. Vi sto facendo venire l’acquolina in bocca? Se volete continuo con le zuppe. A mio parere anche queste un piatto unico con ai pani prodotti in casa (li ho visti una mattina alle 10, più che visti li ho annusati nell’aria). Le zuppe sono più marchigiane perché raccontano di Colfiorito  e di Serra de’ Conti. Raccontano di cicerchia, di zucca gialla, di cavolfiori verdi. Uno dei protagonisti delle proposte dell’Osteria è il baccalà. Al quale Marco e famiglia dedicano un intero menu che inizia con un cappuccino di baccalà e patate, passa attraverso dei paccheri al ragù e del baccalà al forno e finisce con un guazzetto arricchito di cavolfiori. I pesci e le carni sono presentati in veste classica, golosa e simpatica. Sono ribaltati, in maniera intelligente, certi “sempre verdi” come il vitel tonnè o il coniglio e maiale alla marchigiana. Va ricordata la cantina. Perché Marco ci tiene tanto e perché l’osteria nasce prima di tutto per questo. Qui si può anche acquistare. All’entrata c’è un’esposizione di tutti i prodotti usati in cucina. Un po’ parigina nel suo stile. Un alto scaffale pieno di bottiglie divide l’esposizione/vendita dalla sala da pranzo. Nella mia toccata e fuga di qualche giorno fa, alle 10 tutti i tavoli avevano il cartellino dell’avvenuta prenotazione. Il bello della simbiosi/sinergia fra la città del Sommo Poeta e l’Osteria Leopardi è che, ormai, una non può più fare a meno dell’altra. Che si tratti dei mercatini di Natale, che si tratti di spettacoli estivi in piazza, mostre e ogni evento che profumi di arte e cultura. Vi conviene prenotare. Ma Marco vi accoglie anche alle 15… tranquilli! Risponde allo 071 7574374.

Carla Latini

A Osimo un’Osteria Moderna eppur generosamente classica

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Il cuoco Massimo è un personaggio conosciuto in paese. E’ stata sua l’idea di far diventare Palazzo Baldeschi, uno dei palazzi nobili più belli, un ristorante chic. Troppo chic, però, per i cittadini di questa bella cittadina (Osimo è conosciuta in Italia e nel mondo per i 9 km di grotte sotterranee e per le sue bellezze architettoniche). Ma torniamo all’antefatto di Palazzo Baldeschi. I piatti di Massimo sono troppo impegnativi da capire e troppo elaborati nella presentazione perché i locali possano crescere ed apprezzare. Ha tenuto duro per un po’,  poi ha cambiato impostazione. Per un giovane che ha vissuto i fasti “marchesiani” percorrere la strada di Davide Oldani è stato molto facile. Con l’impostazione, Massimo cambia anche luogo. Sopra le grotte (quelle già citate) ci sono i vecchi macelli. Sposta qui la sua creatività e la sua brigata. Dà un’allegra mano di bianco alle pareti e al soffitto a volte. Lascia le grandi finestre che guardano Fonte Magna, la vallata di Santo Stefano e la Rocca di Offagna. Attacca spiritosi lampadari a palla. Rende tutto l’ambiente leggero e accogliente. Con tavoli grandi apparecchiati con una bella cura spartana. I piatti di Massimo, qui all’Osteria Moderna, sono piatti grandi, abbondanti. Generosamente classici, stagionali e dai sapori molto decisi. Quella di Massimo è una cucina di “polso” che condivide con Marcella, la sua compagna di vita e di lavoro. Una cucina fatta con materie locali. Ho mangiato arrosticini (veri!) con patate arrosto eccellenti. Vere anche quelle. Verdure pastellate fritte con maestria. Croccanti fuori e morbide dentro. Ho fatto prendere al mio accompagnatore lo spiedone di manzo che si è rivelato rosato al punto giusto all’interno. La carne tenera e saporita. Il menu è unico, se si vuole. Oppure la scelta va alla carte. Ci sono tanti antipasti che potrei definire “retorici” nel nome. Ma mi contraddico da sola quando li vedo passare davanti ai miei occhi. Anche un tagliere di salumi e formaggi vuole la sua degna presentazione. E che bontà! Salumi grassi e non unti, come mi ha insegnato Gianfranco Vissani. Per i primi valgono le stesse parole che ho scritto per gli antipasti. La carbonara di Massimo, quando la fa, è degna della migliore osteria di Trastevere. Cremosa e avvolgente con guanciale croccante. So anche (ma peccato non l’ho assaggiato), che ha un piatto con lo stoccafisso da memorizzare. Le sue sono ricette fatte con mano sicura e navigata che piacciono molto sia agli osimani che ai turisti. Si beve sfuso, alla spina, al bicchiere. Ma potete anche scegliere in una proposta vini articolata che sorprenderà piacevolmente. L’Osteria Moderna, frequentata anche dagli attori e registi che animano la stagione della Fenice, divide e moltiplica con l’amico Luca Zamperini di Gustibus (vi ho già scritto di lui su Tyche) la”nomea” che ad Osimo si mangia bene. Marisa e Rossano della Tavernetta del Corso (anche di loro avete avuto mie notizie su Tyche) chiudono il cerchio goloso della città dei Senza Testa. La sera e nei giorni di festa conviene prenotare. Il mio consiglio è arrivare un paio d’ore prima in città e godersela con una lunga passeggiata da piazza Dante a piazza Nova. Dove potrete ammirare il panorama opposto che si vede dall’Osteria. Gli Appennini fino ai Sibillini. L’Osteria Moderna prende le prenotazioni allo 071 714566.

Carla Latini

Antonio Mezzancella, one man show inimitabile. L’intervista

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Antonio Mezzancella lo abbiamo incontrato qualche mese fa alla chiusura della stagione del MaRoMa di Marco Ruzziconi e Roberto Giorgetti, in provincia di Ancona. L’intervista pubblicata da tempo sul nostro canale Youtube ha iniziato ad impennarsi da qualche giorno a questa parte grazie all’ottimo recente risultato televisivo ottenuto da Antonio. Il secondo posto sul podio ottenuto alla finale del programma “Tu si que Vales” è valso al simpatico artista umbro un salto di popolarità notevole. Antonio Mezzancella ha un passato come animatore estivo nei villaggi e la sua dote maggiore è quella di saper essere un ottimo One man show, grazie alla sua immediatezza nel saper alternare con estrema facilità il ruolo del presentatore a quello dell’imitatore.

Una predisposizione per imitare voci difficili come Claudio Baglioni, Tiziano Ferro e Eros Ramazzotti, per poi ammettere l’universalità di Pippo Baudo. Un volto nuovo e vincente per la tv viene fuori finalmente dalla gavetta, senza essere stato costruito preventivamente dall’industria televisiva. Complimenti Antonio. Qui sotto potete godervi la video intervista.

Kruger Agostinelli

La varietà di grano Senatore Cappelli compie 100 anni. Gli “auguri” di Carlo Latini

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L’agricoltore marchigiano si emoziona quando la Festa per i Cento anni del Senatore Cappelli, il grano duro più conosciuto al mondo, inizia con il racconto, da parte di Michele Stanca, di un giovane agricoltore visionario che, nel lontano novembre 1991, si carica in macchina 4 quintali di seme di Senatore Cappelli in sacconi da 50 chili. L’anno dopo, 1992, Carlo Latini propone sul mercato mondiale dei gourmet, spaghetti e spaghettini in purezza. Solo grano duro Senatore Cappelli. Le boutique di Parigi, New York, Berlino, Tokyo, Sidney, Barcellona ecc, fanno delle vetrine assolutamente spontanee. Da quel momento Latini semina e riproduce la varietà in stretta collaborazione con Natale di Fonzo, allievo di Stanca, e con Orazio Li Destri. Con loro c’è Beyene il collaboratore più vicino a Cesare Maliani, maestro di scienze agrarie di Carlo e figlio di Cirillo, allievo prediletto di Strampelli, il papà del Senatore Cappelli. Un’altra emozione forte per Carlo viene provocata dalle parole di Beyene sul il grano duro San Carlo, attualmente il preferito dai pastai marchigiani, che Maliani selezionò lavorandoci insieme a Latini. Per questo motivo si chiama San Carlo. La Festa a Foggia, voluta dal Crea, consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, con lo slancio organizzativo di Pasquale De Vita, ha visto la partecipazione entusiasta di ricercatori cerealicoli, agricoltori, mugnai, pastai e panificatori intervenuti per il grano duro Senatore Cappelli selezionato, nel 1915, da Nazareno Strampelli. Genetista, genio, innovatore per l’epoca, marchigiano di nascita e rietino d’adozione. Strampelli lavorò durante il ventennio e il Cappelli fu il grano duro celebrato dalla famosa battaglia del grano mussoliniana. Dimenticando, volutamente, l’uso propagandistico dell’epoca, il Senatore Cappelli fece passare la produzione italiana da 9/10 quintali di resa per ettaro a 20/ 25. Una rivoluzione agroalimentare di grande importanza economica. Dopo la guerra, si ascolta durante il convegno, la ricerca, incoraggiata dall’industria, lavora solo sulla quantità non sulla qualità, massificando e livellando gusto e sapore. Fatta eccezione per illuminati coraggiosi genetisti che il 19 scorso a Foggia, hanno avuto il loro meritato momento di gloria.
Oggi la varietà di grano duro Senatore Cappelli è quasi entrata a far parte dei Guinness dei primati. Mai un grano duro ha avuto vita così lunga come ha detto Michele Pisante, moderatore della seconda sessione del convegno/festa.

Grazie a Carlo Latini che riprese le coltivazioni, interrotte negli anni ’60, ’70 perché poco produttive, questo grano rappresenta, oggi, la rivincita della piccola e forte, capillare artigianalità italiana. Anche il business industriale se ne è accorto ed ora cavalca l’onda. Ma ogni terreno da Matera ad Altamura, da Osimo a Siena, da Foggia a Montefalco esprime il suo Senatore Cappelli, che sia pane che sia pasta. Prodotti, entrambi, nel rispetto che si deve a questa storica varietà ricca di profumi e sapori. Così avrebbe voluto Strampelli, afferma Carlo Latini. Abbraccia gli amici di sempre, ricercatori, agricoltori e mugnai, e ringrazia chi ha voluto questa festa: avete fatto una cosa grande! Grazie. Buon compleanno Senatore Cappelli, bisnonno, nonno, papà, fratello, zio, cugino… di tutte le varietà di grano duro del mondo.

Kruger Agostinelli

 

L’evoluzione di Brignano è 2.0: “Altro che giullari, i comici ormai sono punti di riferimento”

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Tanto per dirla con il titolo del suo nuovo libro: “Ci siamo evoluti bene e ce ne evoleremo ancora”. Stiamo parlando di Enrico Brignano che ripropone un concetto a lui particolarmente caro. Si deve ridere ma anche pensare. Il comico romano ripartirà nel 2016 con Evolushow 2.0 toccando la nostra regione con una data, venerdì 8 gennaio, all’Eurosuole Forum di Civitanova. Brignano, seguendo il linguaggio informatico, aggiorna il suo Evolushow e il 2.0 sta proprio a significare questo. Un carosello di considerazioni dell’artista sull’attuale società sempre più connessa con il web. Continua insomma un viaggio attraverso l’evoluzione, giocando con le sue contraddizioni e sorridendo di qualche errore. In attesa di soffermarci sulla presentazione dello spettacolo, ci intratteniamo con lui in una gradevole intervista.

Qualche anno fa quando Beppe Grillo era comico e “Striscia la notizia” muoveva i primi passi, mi capitò di dire che c’era poco da star tranquilli in un Paese dove le situazioni comiche riuscivano ad essere più veritiere della politica. Poi con te e Maurizio Crozza si è rafforzata questa tesi. Da cosa dipende questa scollatura del potere con la vita quotidiana dei nostri cittadini?

<<La politica ha la colpa di essere sempre stata una cosa costosa “di palazzo”, con privilegi, lontano dalla gente e dalle sue beghe quotidiane. Insomma, lo scollamento c’è sempre stato. Semmai ciò che mi fa riflettere è il bisogno della gente di qualcuno che dia voce ai suoi disagi, anche se con un sorriso. I comici, loro malgrado, da semplici giullari sono assurti a punto di riferimento per i temi più annosi, sia etici che sociali, e sono stati investiti da una grande responsabilità oggettiva>>.

Italia paese da sempre di grandi comici. Quali sono i colleghi del passato e del presente preferiti da Enrico Brignano? Insomma chi ti piace?

<<Del passato mi piacciono i grandi classici, in questo sono davvero prevedibile. Ma come non apprezzare Walter Chiari, Franchi e Ingrassia, Panelli, Valori, Fabrizi, Manfredi… Sono i giganti su cui ci issiamo come nani noi comici di oggi. Quanto ai miei colleghi, che in gran parte sono anche amici, adoro la verve di Fiorello, la follia dei personaggi di Panariello ma osservo con curiosità anche le nuove leve>>.

Parliamo di pubblico, nel sorridere e nell’acchiappare al volo la battuta c’è differenza fra nord, centro e sud?

<<Forse una volta. Ormai il pubblico è omogeneo. La globalizzazione fa anche questo. Restano piccole specifiche regionali: di certo a Milano la cadenza romana resta molto simpatica, a Napoli per esempio ci sono più abituati. E non è neanche vero che al nord siano più freddi: ho ricevuto applausi calorosissimi a Torino come a Taormina>>.

Cinema, tv, pubblicità, teatro, palasport. Dov’è che pensi di dare il meglio di te?

<<Forse bisognerebbe chiederlo al pubblico! La dimensione che sento più congeniale è, credo prevedibilmente, il teatro. Per un attore la risata immediata, l’applauso, il vociare del pubblico, l’energia che passa dal palco alla platea per poi tornare in scena è il nutrimento più grande>>.

Sei permaloso se fanno satira su di te?

<<Finora non è mai successo e, se è successo e non me ne sono accorto, si vede che è stata una voce che si è persa nel mare di affetto e stima che la gente ha nei miei confronti. Credo comunque che si debba fare dei distinguo, nello specifico tra satira e offesa. Penso di saper ridere di me stesso, delle mie manie; sono ovviamente passibile di critiche, come tutti, e le accetto di buon grado. C’è un però: satira è anagramma di risata. Ecco: chi fa satira su di me deve farmi ridere, divertire, cogliere aspetti comici. A volte, invece, ci si limita a offendere gratuitamente, fino ad arrivare a quella che definirei violenza verbale. In quel caso, mi dispiaccio, soprattutto per l’occasione che è stata persa per rendere un buon servizio a un genere nobile come quello satirico>>.

Capita di vederti con una certa frequenza “in borghese” a spasso nelle Marche. Hai qualche aneddoto sui luoghi o sulle persone della nostra regione? Insomma meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta?

<<Ma per carità! Io il marchigiano lo voglio in casa, a tavola, a mangiare piatti tipici, altro che alla porta! La mia prima tournée l’ho fatta proprio nelle Marche e sono stato accolto con grande calore da allora, fino ad arrivare al sold out di questa estate allo Sferisterio. Della vostra regione mi piace soprattutto la tranquillità operosa, quel saper conservare le tradizioni e contemporaneamente essere aperti alle novità. Insomma, dalle vostre parti ci vengo proprio volentieri>>.

Senza anticipare nulla, ci sono delle istruzioni per godersi al meglio questo tuo nuovo spettacolo?

<<Si parla di evoluzione della specie, clonazione, nascita dell’universo. Quindi, se avete studiato tutte queste cose… dimenticatele, perché io ve le rispiego. A modo mio, ovviamente! La scienza come non l’avete mai sentita. E come non la sentirete più, mi viene da aggiungere>>.

Mensilmente il nostro Tyche Magazine si sofferma su una parola per filosofeggiare un po’. A te è capitato il termine VITA. Cosa ti fa venire in mente?

<<Non saprei dirlo a parole, ma c’è un’immagine che penso parli per me. Ecco, la vita secondo me assomiglia a questo>>.

brignano vita

 

 

 

 

 

Kruger Agostinelli

La maturità creativa dei Negramaro: “Uno stimolo per rinnovarsi”. E ad Ancona è (quasi) sold out

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Continua l’amore di Ancona per i Negramaro: biglietti a ruba con qualche disponibilità ancora al botteghino per gli ultimi indecisi che domenica 15 novembre vorranno assistere allo show al PalaRossini. Ben venticinque i brani che verranno spalmati in un concerto che, dopo uno spettacolare intro, prenderà il via con “Sei tu la mia città”. Prendiamo al volo alcune confidenze con il tastierista Andrea Mariano. Ecco di seguito l’intervista.

Il tour è partito alla grande e c’è voglia di sentirvi da ogni posto dell’Italia. Mi domando: dopo quindici anni di attività c’è il timore di invecchiare? Oppure sentite i benefici della maturazione?

<<Il timore no. Questo “invecchiamento” per noi si trasforma in maturità. E’ più in generale un discorso che abbraccia chi è a contatto con la creatività, con l’arte: tutto diventa infatti occasione per mettersi in gioco, mettersi in discussione. La maturità permette di rinnovarsi, perché i tempi cambiano. Bisogna decifrare i nuovi messaggi che arrivano dal pubblico, i gusti, le tendenze e tutto quello che ci accade intorno. Per noi questa maturazione rappresenta un forte stimolo. Ovviamente non andiamo mai a ripeterci con cose già dette e cerchiamo di stimolarci con nuove composizioni, con l’allestimento di un tour e con tutto quello che riguarda il nostro mondo musicale>>.

Ai Negramaro va anche l’Oscar per saper collaborare con gli altri colleghi italiani. Sul programma “Unici” di Rai 2 erano concordi con questo anche De Gregori e Elisa, Biagio Antonacci e Neri Marcorè. Pure Patty Pravo ed Emma. Insomma ci potrebbe essere il preludio per un’importante operazione di collaborazione artistica italiana. Ci avete mai pensato?

<<Siamo sempre stati “trasversali”, nel senso che non abbiamo mai avuto pregiudizi per quanto riguarda generi della musica italiana e internazionale. Attraverso i contatti che si stringono durante il percorso, sono nati rapporti partiti dall’amicizia e in molti casi sfociati in collaborazioni importanti. Penso a Jovanotti, a Elisa e in ultimo, a Biagio Antonacci. Biagio ci ha chiesto di arrangiare la sua “Liberatemi”: un pezzo intoccabile per noi, ma siamo riusciti a catturare il suo entusiasmo. Le collaborazioni accadono. A noi piacciono perché rappresentano anche queste forti stimoli che arrivano. Assorbiamo un po’ di energie da altri artisti e ne trasmettiamo un po’ delle nostre. Non bisogna allora escludere il fatto di pensare alle collaborazioni in maniera più consistente, anche perché “La rivoluzione sta arrivando” è stato un lavoro un po’ più “puro”. Abbiamo deciso di rimanere legati ad un concetto intimo e personale, quindi credo ci sarà spazio in futuro per progetti con molti amici>>.

Il vostro concerto include in scaletta ben 25  brani. Sono tutte vostre canzoni o avete inserito qualche omaggio ad altri artisti?

<<L’omaggio che ormai è diventato quasi un cavallo di battaglia alla pari dei nostri singoli è “Meraviglioso”. Un brano che appartiene al Dna dei Negramaro. Per il resto ci saranno nostri pezzi con l’inserimento di parti strumentali per rendere più fluido lo show. Allo spettacolo abbiamo voluto dare un aspetto molto cinematografico, non a caso ci sono delle proiezioni. Quasi una colonna sonora della parte visual>>.

Ricordi o aneddoti che vi fanno venire in mente gente o luoghi marchigiani?

<<Io personalmente ne ho uno che è legato ad Osimo, gemellata con il mio paese d’origine, Copertino, che è anche quello di Giuliano. Quindi ogni volta che ci troviamo in zona andiamo a visitare la cittadina, che è bellissima. Inoltre ad Osimo si trova la salma del santo patrono del nostro paese, San Giuseppe da Copertino. Nel nostro primissimo disco, che ora non si trova più in circolazione, c’è un disegnino di Giuliano, stilizzato, in un angolino della pagina, raffigurante proprio san Giuseppe da Copertino. E’ il Santo dei voli, ci ha portato fortuna. Ad Ancona sono legato per uno dei primi concerti che abbiamo fatto in un club, il Barfly, nel 2005. Eravamo appena usciti da Sanremo ed è stato uno dei nostri primi sold out. Non ci aspettavamo una così grande partecipazione>>.

Tyche ogni mese filosofeggia con i suoi ospiti su di una parola. Questo mese è VITA. Cosa significa per te VITA?

<<In questa momento mi piace legare il concetto di vita a quello di rivoluzione. Non per riportare il discorso per forza al disco, ma effettivamente nella vita ognuno ha bisogno costantemente di una piccola grande rivoluzione. Nei momenti in cui si fanno delle scelte c’è bisogno di coraggio. Io ho affrontato la mia rivoluzione credo a 20 anni, quando ho scelto di vivere di musica. Ora sto godendo dei frutti. Quindi la vita è piena di rivoluzioni>>.

Negramaro ad Ancona. Domenica 15 novembre 2015 ore 21 al PalaRossini. Prevendite su TicketOne e Ciaotickets. In caso di posti esauriti online saranno disponibili altri biglietti direttamente al PalaRossini domenica dalle 18 fino ad esaurimento posti. Dalle 19 apertura cancelli.

Kruger Agostinelli

Dallo Champagne alla “freschezza” del porto: Galileo è sempre pronto a stupire

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Civitanova è viva anche d’inverno. Forse i civitanovesi se ne accorgono poco, abituati come sono alla movida primaverile ed estiva. Lo dimostra il fatto che molti ristoranti sulla riviera – avete presente quei bellissimi chalet che sembra di mangiare in riva al mare? – sono aperti e, per fortuna, pieni di gente.

Galileo è uno di questi. Stefano, il patron, è un personaggio eclettico che interagisce con i clienti con simpatica decisione. Li accompagna a capire il motivo delle sue scelte. Che sia un vino, un pescato del giorno, un olio evo. I suoi clienti ormai lo sanno e si aspettano, ogni volta, di essere stupiti. E questo avviene molto spesso. Stefano è un appassionato di champagne. Da lui le più belle maison sono in carta. Da poco sta anche importando piccole maison direttamente dalla Champagne. Mi ha fatto vedere le fatture. Dalle bolle più famose del mondo al mercato del pesce alle 3 e mezza il passo, per Stefano, è breve. Per uno che ama dormire come lui il sacrificio è doppio ma per noi buongustai è un regalo grande. Pensate che Stefano, ogni mattina, dopo l’acquisto, posta sulla pagina facebook del Galileo la foto del pesce comprato e la relativa fattura con i prezzi in evidenza. Bel coraggio. Poi, ridendo, mi racconta che scarica e torna a dormire. Lo chiamano i suoi ragazzi verso le 11. Quando sono stata da lui aveva trovato scampi di media pezzatura e la gente, mi dice, vuole gli scampi grandi. Anche i rombi e i san pietro non erano grandissimi. Ho mangiato un san pietro al vapore solo con olio evo… vi lascio immaginare. Se siete degli appassionati del pesce vero, quello che Stefano chiama <<senza puzze>> (perché a lui la puzza di pesce dà troppo fastidio) Galileo è per voi. La moglie di Stefano è la regina della cucina. La sua grazia nei piatti è evidente. Femminile nel senso più alto della parola. Ho assaggiato filetti di sogliole e gamberi su verdure con avogado e un’insalata di seppie con i carciofi. La julienne di seppie trattiene, gradevolmente, un po’ del loro nero. Le altre proposte a menu sono classiche e direttamente proporzionali al tipo di pescato che Stefano riporta dal porto. Gli abbinamenti con frutta e verdura sono croccanti e saporiti. In sala, poi, insieme a Stefano ci sono Simone e Nicola. Due ragazzi simpatici che rendono il servizio professionale ma “leggero”. Mi fermo a parlare anche con loro e scopro che Simone è un grande conoscitore di essenze e profumi. Così “naso” da riconoscere il mio profumo che Hilde Soliani (ne ho già scritto per voi, potete leggere l’articolo QUI) ha dedicato al burro e ostriche di Mauro Uliassi. Si è fatto tardi e devo andare. Sarei rimasta ancora. Tutto qui, Galileo mi ha fatta star bene.

Carla Latini

Daniele Patti, lo scudiero di Pesaro. Un paladino dei gran prodotti

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Daniele Patti, messinese di nascita ma pesarese di adozione, ha il volto di un giovane scuderio del XVI secolo. Il volto malandrino di quelli che facevano breccia nel cuore delle gran dame. Classe 1988 – mamma mia quanto è giovane! – insieme al suo collega e braccio destro in cucina Matteo Ambrosini, cavalca, è proprio il caso di scriverlo, il ristorante Lo Scudiero a Pesaro.

In pieno centro storico. Bello negli interni e fuori nel giardino che l’estate diventa la meta di appassionati gourmet dell’aria aperta. Qui, appunto nel XVI secolo, c’erano le scuderie di Palazzo Baldassini. Le mura raccontano storia. Il locale è elegante, candido, colori dal bianco al beige. Servizio eccellente e simpatico. Anche se non ho bevuto vino, il giovane sommelier (35 anni), Ivan Filanti, mi ha coccolata lo stesso con acqua naturale e racconti di vino. Daniele è giovane, la sua formazione solida (all’entrata del ristorante c’è una sua foto con Marchesi ai tempi dell’Albereta quando era veramente un bambino) potrebbe portarlo chissà dove. Ed invece ama Pesaro. La sua città. Così tanto da ristrutturare la parte superiore delle scuderie per farne un luogo del cibo e del vino rivolto a tutti. Grandi prodotti e proposte di “facile ascolto”. Ma di questo vi racconterò quando il locale sarà pronto. Ritorno al mio pranzo di qualche giorno fa. Giornalisti che stimo, come Luigi Cremona e Davide Eusebi, mi parlano di Daniele sempre con grande entusiasmo. Quindi mi siedo a tavola con un’ansiosa grande aspettativa. Vorrei provare tutto per capire meglio il pensiero di Daniele.

Vengo attratta da una proposta fra gli antipasti che si chiama: i quattro antipasti di Daniele. Tutto pesce dall’inizio alla fine. Pesaro uguale mare. Ho incrociato Daniele appena sono entrata e poi seguo lui e Matteo con la coda dell’occhio. La cucina è, discretamente, a vista. Mi serve un cameriere biondo, sorridente dall’inizio alla fine. Insieme a Dunia Donini, una bella moretta, moglie di Daniele. Il locale, anche se è un semplice martedì all’ora di pranzo, comincia a riempirsi. Il mio primo antipasto si chiama: tagliatella di seppia al pesto leggero di alga nori. Si sente l’alga che scricchiola in bocca. Mi ricorda dei piatti di Uliassi. So che si vogliono bene e questo mi fa piacere. Il piatto è molto abbondante, così come gli altri che seguiranno. Pesaro style mi spiega poi Daniele. Il cliente ha sempre, quasi, ragione sarà la mia risposta. Il baccalà alla catalana con fondente di patate mi regala un contrasto in bocca di caldo e freddo molto interessante. Apprezzo i pomodorini, polposi, e la cipolla rossa quasi cruda. Il baccalà si scaglia che è una delizia e il fondente di patate è una nuvola. Mi sa che avete capito che mi è piaciuto molto. Le proposte pesce, come indicato nell’elenco dei piatti, sono legate al pescato del giorno. E quel martedì il pescato era particolarmente generoso. Mi becco uno scampone del Conero piastrato con cura su una panzanella con dadini di pane croccanti con pesto di rucola e mandorle. Qui il dolce dello scampo, il leggermente amaro del pesto, l’agrodolce della panzanella potrebbero creare un po’ di confusione. Ma la scelta intelligente di una julienne di carote crude rimette a posto le carte.

Alla fine arriva il piatto, secondo me, da 10 e lode. Sarà che adoro le triglie e quindi mi perdonerete questa mia ‘debolezza’. Sopra una consistente crema di provola si adagia leggiadra, perché con il codino in su, una triglia intera e senza spine impanata e grigliata (le mollichine intorno sono del colore dell’oro). Accanto a lei un parallelepido di polpa di melanzana senza buccia, questa fritta a mio parere, ripiena di pomodorini interi confit. Tanti sapori insieme in un piatto eccellente. Triglia e melanzana erano piacevolmente bollenti. Mentre la crema tiepida. Bravo Daniele. Glielo voglio dire quando ci fermiamo a fare due parole prima della mia dipartita. Ma non ci riesco. Parliamo del suo nuovo progetto. Di altri grandi progetti futuri. Parliamo del tanto lavoro che ha che non gli permette di seguire eventi ai quali viene sempre chiamato. Vorrei dirgli che è giovane ed ha tutto il tempo. Poi scatta in me l’esperienza di “mamma”. E sto zitta. Vedo per lui un grande futuro. Lui e Matteo hanno grazia, sicurezza, materie prime ottime. Spavalderia negli azzardi. Che mi piace sempre tanto. Nell’elenco delle proposte ci sono anche piatti, rassicuranti, della tradizione pesarese e marchigiana, se non avete voglia di creatività. La carta dei vini che Ivan mi ha portato perché sono curiosa è ben fornita e di livello. Saluto Daniele con un bel bacio da mamma e gli prometto questo pezzo che spero gli piacerà.

Carla Latini

L’Hotel Moretti di Montelupone trasporta l’arte del banchetto ai giorni d’oggi

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Un esempio lampante di come il ricambio generazionale può essere una carta vincente. Lo dimostrano il patron Raffaele Moretti e il suo giovane cuoco Michele Chiaramone.

All’Hotel Moretti si respira l’aria di un passato glorioso. Un passato di fasti, grandi feste, cerimonie e banchetti. Lunghe villeggiature a due passi dal mare, famiglie in vacanza e uomini d’affari senza cellulare e tablet, matrimoni ricchi e matrimoni poveri celebrati con grandi sacrifici. All’entrata, nella hall, scritte fitte e ben leggibili raccontano la storia di questo posto. La voglia di fare bene con cui è stato concepito. Nel sito web è sottolineato con cura che l’hotel è stato completamente rinnovato. Nelle camere ci sono tutti i comfort “moderni” di cui non possiamo più fare a meno (aria condizionata, pay TV, collegamento internet, ecc…). Raffaele Moretti è un ragazzo deciso e schietto. Con le idee chiare. Appassionato di vino e di cibo di grande qualità. Mentre parliamo di quanto sia difficile sopravvivere nella provincia di Macerata (mannaggia!), di quanto sia difficile proporre in tavola ingredienti con una marcia in più ad una clientela che chiede solo il prezzo e non il rapporto qualità prezzo, passeggiamo verso la cucina. Le sale da pranzo sono due. Una piccina dedicata a chi ha solo un’ora per mangiare e arredata con poche essenziali apparecchiature, l’altra è quella che ha visto e che vede ancora, per fortuna, grandi banchetti, feste e cerimonie importanti. Tavoli eleganti e rotondi, sedie comode, tende bianche, finestre grandi e luminose. Fuori c’è il parco che colora tutto di un verde intenso. Di solito l’aperitivo, soprattutto nelle stagioni che meritano, si svolge fuori. Chiudo gli occhi e mi vedo camerieri in divisa, sommelier professionisti e grandi cascate di crudo sul ghiaccio.

Prima di arrivare in cucina Raffaele mi fa vedere una foto che ritrae una coppia di sposi di prima della guerra, immagino. Dal copricapo di lei e dalla giacca di lui mi viene da pensare ciò. <<Chi sono?>>, domando certa di sentirmi rispondere “Mamma e babbo, nonna e nonno, zio e zia…” Invece non sono parenti e, in verità, Raffaele non sa nemmeno chi siano. Quella foto è il simbolo di quanti si sono sposati qui e di quanti avrebbero voluto farlo. Fotografo la foto mentre dalla cucina si sentono rumori evidenti di lavori in corso. Esce il giovane e bel cuoco. Mi travolge con l’entusiasmo dell’età. Lo faccio fare molto volentieri. <<Ma come fai a eseguire tutti questi piatti?>>. La proposta del ristorante e molto lunga e piena di ricette, anche molto elaborate. C’è tradizione rigorosamente locale, ci sono piatti cult come gli spaghetti allo scoglio, cacciagione, pescato del giorno, dolci fatti in casa. <<Sono in cucina dalla mattina alla sera. È il mio regno. Mi diverto con i profumi e mi piace mescolare ad arte i sapori>>. Bella risposta. Continuo la mia passeggiata con Raffaele e finiamo fuori nel parco. Ormai è quasi ora si pranzo. <<Ti fermi?>>, <<Come faccio a dire di no?>>. Il giovane cuoco mi fa portare un’insalata tiepida di mare (molto buona e delicata) e una frittura dell’Adriatico (pesce freschissimo e fritto a regola d’arte). Sono contenta di essere stata con Raffaele una mezza giornata. Mi ha fatto molto piacere scoprire che, anche se nascoste sotto strutture grandi e di non facile gestione, ci sono cucine eccellenti, materie prime di ottima qualità e passioni che non si sopiranno mai! L’Hotel Ristorante Moretti è in via Fermi a Montelupone. Per cena vi consiglio di prenotare 0733/226060, info@hotelmoretti.it

Carla Latini

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