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Da Pedaso al Bulgari Hotel: la fulminante carriera di Alessandro Accinni, professione bartender

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La mia natura mi porta a curiosare. Dove vedo marchigiano, nel mondo, io domando. Ho conosciuto Alessandro Accinni, splendido giovane di Pedaso dietro un banco bar di grande classe al Bulgari Hotel, che non ha bisogno di alcuna presentazione, a Milano. «Sono felice di incontrare un conterraneo in questo posto sublime, raccontami». Ed ecco a voi Alessandro Accinni. Se siete da queste parti andatelo a salutare. Gli lascio, volentieri, la parola. Leggerete una storia che potrebbe essere di esempio, senza retorica…

«Ho iniziato a lavorare a 14 anni come cameriere facendo le stagioni in una pizzeria di Pedaso, per poi approcciare la mia prima esperienza in un cocktail bar nel 2006, sempre come cameriere.. Nel 2008 incomincio a salire dietro il bancone nello storico Bar Gelateria Concetti di Pedaso e da lì parte una collaborazione stagionale che dura 6 anni. Una vera e propria seconda famiglia per me. Nel 2010/2011 intraprendo il corso di studi di infermieristica, corso che mi appassiona e coinvolge tantissimo, ma che mi sento di abbandonare 2 anni dopo per motivi familiari. Nell’ottobre 2013 partecipo ad un corso Aibes a Milano per migliorare e arrotondare le mie conoscenze. Corso che poi mi porta a contatto con alcune aziende del milanese. Il 18 dicembre 2013 ho io primo contatto con il Bulgari Hotel & Resorts di Milano. Ad aprile 2014 inizio il mio percorso che mi vede in sala bar come chef de rang e ad novembre 2014 salgo sul bancone del Bvlgari (non per mia scelta ma per esigenza dell’azienda) con umiltà e paura di non essere all’altezza. Poi da lì piano piano ho iniziato a ritagliare i miei spazi e a poter dire la mia su tutti i fronti. Ad oggi la maggior parte dei clienti sa il mio nome e la gente passa al bar per salutarmi anche se è seduta a bere fuori in giardino. Ed è la soddisfazione più grande… In questo momento sto anche frequentando il corso Ais e sono al termine del secondo livello».

Come vivi a Milano?

«Qui si sta bene, la città offre molto sotto tanti punti di vista. È sicuramente una città che ti mette in contatto con il mondo e ti da possibilità di imparare tanto e di crescere sia come professionista ma sopratutto come persona. Però un pedasino Doc, come me, sente tanto la mancanza del mare».

Un tuo cocktail?

«Fusion: Vodka – Sake – Ancho Reyes – Sloe gin Lemongrass syrup – lime juice».

Il tuo sogno?

«Tornare in patria e non vivrei in un altro posto se non nella mia Pedaso, anche se potrei lavorare fuori dalla mia città. Ma purtroppo le possibilità, fuori dalla città, sono, ahimè, limitate ed è difficile esportare un certo tipo di mentalità. Magari tra qualche anno sarà fattibile. Ogni volta che torno giù mi rendo conto di quanto questo mio sogno sia difficile da realizzare. Ma un posto dove tornerei a lavorare anche domani è il bar dove son cresciuto, il bar della famiglia Concetti».

Cosa vuol dire Mixologist?

«È un termine inventato che forse non è nemmeno mai esistito: il mixologist non è nient’altro che lo chef dietro al bancone. È il bartender che riproduce ed interpreta le ricette dei cocktail e ne inventa di altre. Ma sopratutto è colui che si prende cura del cliente e che fa da tramite tra lui ed una piacevole esperienza. Perché il cocktail, come un buon piatto deve essere un esperienza. Concludo dicendoti che l’importante è essere sempre se stessi (nel lavoro come nella vita), non bisogna preoccuparsi di piacere per forza alle persone. Essere veri e genuini è il miglior modo per essere apprezzati».

Bene! Grazie Alessandro… Dalle Marche e da Pedaso verremo trovarti…

Carla Latini

Maria De La Paz tra i fornelli della Prova del Cuoco: prossimamente nelle Marche?

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Maria De La Paz, alla Prova del Cuoco su Rai1 regala il suo sensuale ed energico amore per la cucina. Prossimamente nelle Marche?

«Se se semo beccate», visto che lei ora vive e lavora a Roma è il modo più diretto, dopo diversi tentativi. Io sono paziente. Poi una sera di alcuni giorni fa, prima di cena mi suona il cellulare. Eccola è lei. Adoro il suo italiano addolcito dall’accento colombiano. Adoro la sua generosità nel darsi. Che bella persona che è Maria. Sa che dobbiamo parlare di Marche e delle Marche. Io mi sento un po’ imbarazzata, la conosco poco e non so se è informata sulla nostra regione. Lei non è imbarazzata, anzi. E parte come un treno ad alta velocità. Mi racconta che frequenta le Marche per tanti motivi. Come l’amicizia con Kruger Agostinelli, il nostro direttore. Maria ama il mare e la montagna. Ama le Marche perché ci sono entrambi. Ha lavorato diversi anni in Umbria in una situazione che definisce molto bella. Poi anche le cose belle finiscono. Forse perché troppo belle per essere capite?

Mentre parliamo percepisco un fondo di delusione nelle sue parole. Rimpiange di aver fatto scelte sbagliate. La consolo con il “retorico” chi non le ha fatte? Ma chi le ha fatte ne soffre ancora. Inutile nasconderlo. Parliamo di sogni che potrebbero avverrarsi. E parliamo di San Benedetto del Tronto, che le piace tanto. Le piace la cultura contadina fra terra e mare. I prodotti che le colline e le montagne offrono. Mi confida che vorrebbe fare di più alla Prova del Cuoco. Una cucina che le somigli meglio. Ma le leggi dell’auditel vanno rispettate e così, come dice lei ridendo, si fanno involtini. Ma i suoi. Che tutti possono fare. Conditi con il suo sorriso. Che buca lo schermo. E la sua voce buca il telefono. Un futuro marchigiano magari ci sarà. Noi tutti la vorremmo qui. In un ristorante sul mare a cucinare le sue fantasie. Coinvolta dal suo entusiasmo tenero e sincero le chiedo una ricetta marchigiana. Una che le piace e una che le piacerebbe fare. Della tradizione non scarta alcuna preparazione. Che sia terra o mare. Poi scendiamo nello specifico e mi illustra, passo dopo passo, la sua ricetta del collo di maialino grigio arrosto: il collo del maiale non viene mai utilizzato. È fibroso, costa poco ed è tenero. Lo chiedi al tuo macellaio senza osso e ti fai dare il pezzo intero. Poi lo leghi e lo insaporisci con tutti i condimenti tipici dell’arrosto marchigiano e lo cucini, se puoi, a bassa temperatura a lungo. O brevemente al forno. In una padella fai un caramello di birra artigianale marchigiana. Ne ho conosciute tante e sono molto buone. Il caramello serve sopra la carne che dovrà poi essere affettata. Come contorno e per grassare il nostro arrosto sto pensando alla carciofina che si trova adesso, agli asparagi e alla bietolina da taglio. Ma la testa mi va alle carote viola ed alle carote arancioni. Che nelle Marche, a sud, vengono coltivate. Vanno pulite con il pelapatate e le bucce messe nel fondo della teglia dell’arrosto. Perché non si butta niente. Tagliate sottili, quasi trasparenti a julienne e condite con una vinaigrette di olio evo, mostarda, lime, sale e pepe. Attenzione ad assaggiarla e aggiustarla prima di condire le carote colorate. Perché la mostarda è sempre molto salata. Immaginate che buono il maialino e le sue carote colorate che lo sgrassano ed esaltano.
Immagino e proverò a farlo. Lo faremo tutti. Maria De La Paz, le Marche ti aspettano con le braccia spalancate. Questa è casa tua! Facci sapere!

Carla Latini

 

Saturnino si racconta a Tyche: “In principio era il violino…”

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«Ma quali domande scritte, vi passo a trovare in redazione». È stato di parola Saturnino Celani, in uno dei suoi ritorni in terra marchigiana. Era piacevolmente divertito per aver provato un basso Warwick nella vicina Recanati, nella sede della Eko. Uno strumento fatto apposta per lui. E poi come un fulmine a Civitanova grazie all’amico comune Henry Ruggeri, nella nostra redazione per un bel pomeriggio fatto di parole. Saturnino è così, entusiasta delle novità ma anche solidamente ancorato alle amicizie.

Saturnino, come nasce l’amore per il tuo strumento: per convinzione o per necessità?

«Mah, tutte e due le cose che hai detto. Ho iniziato studiando il violino, perché è uno strumento che piaceva molto ai miei genitori, tanto che ne avevo tre in casa. Ma non lo avevo esattamente scelto. Il basso è lo strumento della presa di coscienza e quando ho iniziato a suonarlo me ne sono innamorato. In realtà ho cominciato perché il bassista del gruppo del mio quartiere era partito per il servizio militare. Il mio più grande desiderio era far parte di quella band, del loro entourage: mi piacevano talmente tanto che avrei anche fatto il fonico, aiutato a trasportare gli strumenti. Quindi mi avevano detto che se riuscivo a tirare giù il repertorio in una settimana ero dei loro. Devo dire che il violino, anche se non lo avevo scelto, mi ha aiutato tantissimo. E poi ho la fortuna di essermi avvicinato al basso senza passare prima dalla chitarra».

Il basso spesso non sembra uno strumento principale. Tu stai diventando una bella icona in questo senso. Bella soddisfazione, non credi?

«Ho avuto la fortuna comunque di essere entrato in un contesto musicale dove mi è stata data grande possibilità di espressione. Sai, quando hai modo di esprimerti con “volume alto”…».

Da un passato giovanile di musica classica al rock, jazz e funk del presente. Quali sono i tuoi veri gusti musicali da ascoltatore?

«Sono molto vasti, quasi schizofrenici. Quando dieci anni fa partivo in macchina mi portavo un caricatore intero di cd. Adesso invece, grazie alla tecnologia, mi piace perdermi nell’ascolto “random” di quello che ho nel lettore. Sono abbastanza trasversale».

Cosa ti stimola per un tuo futuro ipotetico lavoro da solista, che se leggo bene manca da 16 anni?

«Non ho in previsione nessun lavoro da solista, ma oggi registrare qualcosa è diventato molto semplice. I tempi si sono ridotti e se hai padronanza del mezzo e le idee chiare in una settimana, massimo dieci giorni, inizi già a buttare giù qualcosa».

Saturnino è il pianeta marchigiano nel sistema solare Jovanotti? Insomma è meglio diversificare in un gruppo la propria appartenenza geografica per fare un sound più variopinto, oppure nel tuo caso si è trattato di affinità elettive con Lorenzo?

«Arrivo dalle Marche ma mi sposto su Milano come lui dalla Toscana. Alla fine abbiamo come punto in comune il posto dove siamo stati accolti. Ancora oggi Milano rimane il centro dove succedono delle cose. Il proprietario dello studio dove Lorenzo stava registrando “Una tribù che balla” gli segnalò la mia esistenza. La cosa bella è che prima di suonare ho parlato con lui un’ora e mezza di quelli che erano i gusti musicali, il mio background. È stata una sorta di colloquio essendo lui una persona estremamente curiosa. Dopo che ho suonato il primo pezzo, l’assolo di “Libera l’anima”, Lorenzo mi ha chiesto se ero libero per i prossimi mesi. E da quei sei mesi sono passati 25 anni. L’affinità si è vista da subito».

INTERVISTA COMPLETA NEL VIDEO QUI SOTTO

Kruger Agostinelli

(Nella gallery la visita di Saturnino alla Eko. Foto di Henry Ruggeri)

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Tiromancino promossi, ora un tour estivo dal sapore di mare. Torneranno ad agosto al Tyche Festival

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E meno male che era la data zero di “Nel Respiro del Mondo Tour”, perché al teatro di Cagli i Tiromancino sono stati avvolgenti dalla prima all’ultima nota. Considerando che questo concerto non potrà che migliorare, siete avvisati: è uno degli spettacoli imperdibili di quest’estate. Le premesse c’erano tutte sin dal lancio di “Piccoli miracoli” e Federico Zampiglione è in un periodo creativo straordinario. Riconoscibilissimo in ogni sua canzone, ha dentro di se quella musicalità che ha reso grande il pop italiano di alto livello, quei sapori che ci fanno ritornare in mente sia Battisti che Battiato. Un valore aggiunto in questa scena moderna dai lontani sentori di un eccellente pop elettronico anni ’80. Proprio Federico cita con emozione Franco Califano, Roberto Ciotti e Lucio Dalla come suoi ispiratori. Loro, senz’altro, ne sarebbero orgogliosi. La meravigliosa bomboniera del teatro di Cagli (a proposito, evviva i teatri marchigiani) è una cornice ideale per la musica vecchia e nuova dei Tiromancino. E su tutti lui, Federico, amabile frontman alle prese con un’infinità di strumenti che suona e nei quali nasconde delle citazioni rock, folk e blues. Dice di aver voluto dedicare il suo ultimo lavoro al mare: infatti ci sono onde in cui cullarsi con il corpo e con l’anima. Intanto Federico Zampaglione ha fatto una promessa solenne a se stesso per la data del 4 agosto, primo appuntamento del Tyche Festival che sarà inaugurato proprio dai Tiromancino: << Il giorno prima o il giorno dopo, se il tour me lo permetterà, 24 ore piene di vacanza nella vostra meravigliosa spiaggia me le farò volentieri>>.

Un grazie speciale per la collaborazione a Paolo Notari e Marco Poggioni.  Poi a seguire il video, che racconta tutto il resto.  Ricordiamo inoltre che è disponibile la prevendita per il 4 agosto a Civitanova Marche, 15 euro + prevendita, su CiaoTickets

Kruger Agostinelli

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Paolo Paciaroni e Simone Baleani: un cuoco a tavola e uno in cucina a Portonovo

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«Dove vuoi che andiamo a mangiare?». Domando a Paolo Paciaroni (ho già abbondantemente scritto di lui), quando mi annuncia un suo breve ma intenso rientro nelle Marche. «Al mare, da te». Il mare “da me”, per un ragazzo di Tolentino che “scende” dalle rive del lago di Como (attualmente Paolo è occupato come secondo chef in un luogo meraviglioso e di respiro internazionale) è solo Portonovo. Propongo e scegliamo di andare al Molo. Lo abbraccio con slancio perché è tanto che non lo vedo. Mi piacerebbe tornasse nelle Marche. Ma questa è un’altra storia.

Quella che vi sto per raccontare riguarda un pranzo nella baia sotto un cielo “brillante” e con un vento freddo che non permette al sole di fare “il sole”. Simone Baleani è il cuoco del Molo da quando era piccolo. Lo ricordo ragazzino e lo chiamo sempre ragazzo. Anche se è già papà di due splendide bambine. I due cuochi non si conoscono personalmente ma solo di fama. Questo perché nell’ambiente si conoscono sempre tutti. È dopo il «fai te», che consiste nel non ordinare alla carta ma lasciare fare allo chef. Che, ovviamente, fa il meglio del meglio che può. Aiuto! Questo film l’ho visto tante volte nella mia vita eno-gastronomica. Cominciamo con gli antipasti crudi fra cui spicca un’ostrica con la sua foglia. Non finirò mai di imparare (che bello!). Paolo mi consiglia di «mangiare la foglia» da sola: sa proprio di ostrica. Poi arrivano i freddi, intendo gli antipasti. Buonissimi il baccalà mantecato e le sarde in saor. Venezia è lontana ma il mare sempre Adriatico è. Gli antipasti caldi vedono il trionfo dei moscioli. Semplici, semplici aperti in padella. Che ci riportano nella baia. «E’ tutto buonissimo e tantissimo…», dice Paolo che è non una buona ma un’ottima forchetta. «Avresti fatto così anche tu per Simone non è vero?». Ovvio. Le raguse sono con il pomodoro e le “conchigliette” di mare in due versioni con e senza pomodoro. Quelle “bianche” sono deliziose. Due “spaghettini”, due, con i moscioli? Il piatto di spaghetti è a dir poco sontuoso. Presentato con eleganza e molto, tanto, abbondante.

E’ piacevole vedere con che grazia Simone impiatta. Quanta attenzione ai colori abbinati. Su piatti rigosamente bianchi poggiati su tovaglie celesti. C’è qualcosa di nuovo al Molo. In pratica è nuovo. Si nota ma non vorrebbe farsi notare. I colori del mare e del cielo con il bianco delle pareti si confondono. E lo sfondo delle onde diventa una parete reale. Paolo finisce i suoi spaghetti congratulandosi per la giusta cottura, per il condimento che sia pur con i moscioli ha un sapore diverso da tutti i piatti di pesce precedenti. Siamo sazi? Ebbè! Ma Simone ha in serbo un’altra sorpresa per noi: un rombo al forno con le patate. A parte il rombo che è freschissimo e cucinato ad arte, sono le patate a colpirmi. Leggermente rivestite da mollichine di pane aromatizzate di spezie e erbette. Sono croccanti fuori e tenerissime dentro. Gradevoli anche fredde. Abbiamo finito? Non ancora. Può Simone far andare via Paolo senza due pescetti fritti di paranza? No. Non può. Il fritto del Molo è da manuale. Delicato e leggero. Paolo mi spiega come frigge ora lui. Mi insegna che il pesce deve essere freddissimo e bagnato prima di essere infarinato. Alla mia prossima frittura ci penserò. Ma sarà prossima prossima perché preferisco farmela fare da Simone. Che, finalmente, si siede con noi. E i due cominciano a parlare. Ammiro le persone che fanno questo lavoro. Il lavoro del cuoco è un lavoro faticoso, pesante. Ore in piedi accanto ai fornelli. Nuove idee da “cucinare”. Clienti da soddisfare. Quel giorno al Molo c’erano più di 30 persone. Un mercoledì qualunque e fuori stagione. Immaginate quando sarà “alta stagione esagerata”. Stessa cosa vale per Paolo che segue, oggi, un ristorante cult dove i numeri che sono devono andare a braccetto con la creatività e la qualità. Si scambiano consigli e complimenti sinceri. Confesso che mi piace stare con loro però è tardi per tutti. Prima di andare decidiamo di rivederci in un prossimo rientro “a casa” di Paolo. Quando? Anche sul lago di Como sarà “alta stagione esagerata”. Marchigiani! Simone, Fabrizio e Luca vi aspettano al Molo. Portonovo è sempre una scelta vicente!

Carla Latini

Al Piastrino batte ancora un cuore “marchigiano”: nei suoi piatti c’è tutto l’amore di Riccardo Agostini

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Al Piastrino di Pennabilli con Riccardo Agostini e Claudia si respira amore. Mi dispiace che non siano più “marchigiani”. Il loro cuore però batte di qua. Lo sento. E questa è solo la “prima puntata”.

Ed ora gossip! I due si sono sposati qualche giorno prima dell’attentato alle “Torri Gemelle”. Ed io, con loro, ho affrontato un viaggio a Tokyo con Gianfranco Vissani. Claudia era una bimba bellissima. Ora è una donna bellissima. Insomma lei ha fatto il viaggio di nozze con me. Riccardo in cucina a lavorare. Io e lei, ascensori e scale mobili, per il più bel magazzino Isetan di Tokyo, facendo finta di fare shopping. In questo posto, voluto, desiderato e amato, Riccardo e Claudia sono amore distillato in piccole gocce. Sereni. Belli come natura comanda. Ammazza quanto è difficile passare da loro! Ma se poi pensi che si rimane un giorno a girare per la città di Tonino Guerra, da loro non si passa, si va! Li vorrei ancora marchigiani perché tutta la valle, il Montefeltro, paesi che si incrociano “puzzano” di noi. Chi dice che non è vero, è un bugiardo. Scrivo di Riccardo su Tyche un’altra volta (QUI l’altro articolo). Perché mi fa innamorare dell’amore ogni volta che mangio i suoi piatti. E’ freddo la sera che arrivo tardissimo. Il camino acceso mi accoglie e mi scalda. Claudia, dolcissima, è la signora di casa. Ferma, simpatica, diretta, “accoccolante”. Ivan è il loro sommelier, bella testa pensante. La carta dei vini invita a capire. Non c’è nulla di scontato. Appare un Monte Vertine che prendiamo senza pensarci. Scelgo, insieme alle mie amiche, alcuni piatti. Pochi e che vorremmo assaggiare. Poi gli assaggi si dividono e moltiplicano. Diventano 24 o 25. Cosa ho mangiato? Amore, emozione, sapori intensi senza paura, senza ragionare che affumicato e brasato possono essere anche amaro. Perché amaro di brace e griglia non è amaro. A me piace. Moltissimo. Antipasti, complici e diversissimi fra loro. Che non sai da che parte cominciare. Fra tutti la corteccia con topinambur e l’uovo di quaglia e crema di patate dolci. Poi si tortelli il piastrino tycheva a braccio gaudente ed il resto è un cassoncino classico piccolo piccolo e grande grande, crackers sottili con maionese e alici, uovo, ricotta affumicata e stridoli. La stagione, questa qui, sta ancora godendo dei funghi locali che si chiamano prugnoli.

Al Piastrino c’è un menu dedicato. La natura offre, il Piastrino risponde e dedica. Lo fanno tutti? Sono d’accordo che non è una novità. Riccardo lo fa senza fartelo pesare. Affronto la “classifica” dei primi (grandissimi!) e mi tuffo in un mare limpido, vedo il fondo, galleggio e nuoto. Vado con l’elenco e senza commenti, perché divento noiosa: gnocchetti di patate al parmigiano vecchio e anguilla affumicata, riso carnaroli, ortica, guanciale e fumo, spaghetti cacio, pepe e aringa… poi, ed ora divento noiosa però vi piace, zuppa di fagiolo nel cappelletto e gamberi di fiume. Sono pochi e tanti i cuochi in Italia a saper riempire un cappelletto di “liquido”. Si impara la tecnica e questo ci sta. petali piastrino tycheIl cappelletto di Riccardo Agostini si accoccola fra le braccia/tenagliose del gambero di fiume. E si mangiano insieme. Abbracciati. Ognuno con la sua personalità. Può un cappelletto amare un gambero di fiume? Riccardo mi devia e mi ammalia su tanti piatti che vuole farmi provare ma io sono qui perché voglio riassaggiare, o assaggiare, animelle e piccione. La animelle sono attorcigliate da foglie nervose di radicchio come cespugli di rovi. In basso latte di rose. Prima assaggio con il dito portandolo alle labbra il latte di rose. Faccio domande e Claudia mi fa vedere il barattolo di boccioli di rose che Riccardo fa diventare latte. Il piccione arriva nelle sue due cotture. Leggermente rosato e ben cotto dove è giusto che sia. C’è bietola e cannella. E misticanza fresca.

melanzane piastrino tycheHo chiuso la mia cena con la melanzana che si chiama come una melanzana. Dove ogni protagonista/ingrediente quasi nemmeno si conosce. La melanzana è fritta e arrotolata su se stessa. La mozzarella è finta ma solo lei lo sa. Il pomodoro vaga sotterraneo. Poi con la forchetta apri la mozzarella che inonda tutto…
Mi fermo qui, Perché questa è solo la prima puntata…

Il Piastrino Pennabilli, all’interno del Parco Begni è un viaggio che dovete proprio fare.

Carla Latini

Un’estate per stupire tutti: Bagni Andrea punta forte sulla cucina con lo chef Domenico Fasano

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bagni andrea insegna tycheChi del popolo della notte estiva marchigiana non conosce Bagni Andrea a San Benedetto del Tronto? Si firma “pizzeria” nell’immagine all’entrata. Ma è molto, molto di più. Da questa stagione poi, con l’arrivo del cuoco Domenico Fasano, aspettatevi solo belle e grandi cose. A cominciare dal menu. Alla carta o per tutti. Il pubblico (meglio dire la folla?) si merita di essere coccolato con quanto di meglio il mare e la fantasia di Domenico sapranno inventare.

Sandro, il patron, è serio e attento. Non gli sfugge nulla e sa perfettamente dove vuole arrivare. Ha una battuta e un sorriso per tutti. Che nel giorno che sono stata io, un normale infrasettimanale, erano tanti. Intendo i tutti. Il bianco qui la fa da padrone. Siamo al lungomare e la sabbia fa rimbalzare la luce. Così è per il bianco degli ombrelloni, delle sdraio, delle tovaglie, delle tende, dei tavoli e delle divise. Morbidi cuscini, bianchi anche loro, rendono comoda la seduta. Sandro mi saluta e tornerà a farlo alla fine della mia degustazione. Che sarà privilegiata perché Domenico Fasano, abbruzzese di nascita e cittadino/cuoco del mondo, vuole farmi assaggiare il meglio. «Mangi pesce crudo?». «Ma non mi si legge in faccia?». Scampi, gamberi locali e rossi del Tirreno, tartufi di mare, ricciola, panocchie, colorati da verdure, sempre crude, tagliate a julienne. Peperoni gialli e rossi, carote, finocchi, pomodorini e capperi. Salse verdi, gialle e rosse. Piatti bianchi. Il pesce è freschissimo, ben presentato e molto buono. Questi sono solo alcuni degli antipasti freddi e crudi che Bagni Andrea presenta nel suo menu. Per i caldi Domenico ha pensato di stupirmi con una ricetta: scampi gratinati con mandorle bagni andreascampi gratinati al forno con polvere di mandorle e mandorle. Difficile che io mi stupisca. Molto difficile. Sono diffidente e penso prima di assaggiare. Non so se faccio bene o faccio male. Faccio e basta: lo scampo è dolce, cotto lo diventerà di più. La mandorla lo è altrettanto. Ed invece mi devo ricredere. Ringraziare la mia diffidenza e la mano intelligente di Domenico che ha giocato con le temperature del forno, con poco vino alla base e con mandorle saporite. «Mi hai convinta. Questa versione dello scampo mi è piaciuta. Ora, però, voglio assaggiare il piatto che ami di più. Che ti rappresenta. Devo o non devo presentare Domenico Fasano, il nuovo cuoco di Bagni Andrea?».

La mia domanda scatena un fiume di racconti emozionanti che mi fanno stare zitta ad ascoltare. Domenico ha cucinato con tanti grandi fra cui Niko Romito ( e scusate se è poco) e ha vissuto un’esperienza unica nel vero senso della parola. Per 13 mesi è stato il capo cucina di una missione di ricerca in Antartide. Dove le idee passano attraverso la mente e si materializzano. Un ritiro spirituale di 13 mesi, in cui ghiaccio e neve potevano essere i soli ingredienti. O, vedendola al contrario, i migliori frigoriferi del mondo. Domenico ha una bella faccia. Un sorriso caldo e modi gentili. Capisco da pochi gesti e cenni che Sandro lo stima molto. Si fida di questo “pirata/cuoco” che trasmette la sua gentilezza anche solo attraverso le sue portate. Il cult è un primo piatto. linguine cicale e bottarga bagni andreaUna linguina arrotolata su se stessa con panocchie, crema di panocchie, capperi e bottarga. Mi immagino un piatto spinto e audace nei sapori. Sbaglio ancora. Queste linguine sono delicate, saporose ma delicate. Morbide di crema e molto al dente. Il dente giusto. Quello che non si spezza fra i denti. Mi complimento con Domenico e confermo a Sandro i miei pensieri.

Ci prendiamo, ora Sandro è con noi, un ottimo caffè mentre mi illustrano la stagione che sta per cominciare. La voglia di alzare il livello della cucina è tanta. Per me sono già in linea. Pronti per partire. Sarà una stagione che vedrà moltiplicare i numeri per 100. Alle 14 di un normale giorno feriale di aprile c’erano 30 persone. E 300, come minimo, saranno le persone durante le sere d’estate. Perché da Bagni Andrea si mangia, d’ora in poi, benissimo con Domenico ai fornelli, si beve locale e di grande qualità, si balla, si gioca, si fa l’happy hour ad ogni ora! Si vive l’estate magica di San Benedetto del Tronto!
Bagni Andrea, lungomare Trieste 17 San Benedetto del Tronto tel 0735/83834. Vi conviene telefonare e prenotare.

Carla Latini

Grottino Shangai a Civitanova, golosità in stile vintage

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Il Grottino Shangai, bar, caffetteria, enoteca, pasticceria, torrefazione, bomboniere, a Civitanova porta un nome che evoca immagini e tempi che non ci sono più. Ma lui, il Grottino Shangai, è rimasto indenne durante il passare degli anni. Sto parlando dei primi anni ’60 quando questo quartiere di Civitanova, ora pieno centro, veniva chiamato Shangai perché le case erano basse. Un solo piano per ogni casa. Mai nessun cinese era stato lì. Non come oggi che, invece, sono tanti, intendo i cinesi, ed hanno dato vita ad attività redditizie, per loro. Avete capito perché si chiama Shangai. Ma grottino? Perché è un grottino con bassi soffitti a volta. Mattoncini regolari ne segnano la geometria. Se avete un motivo importante per festeggiare, se state per sposarvi, celebrare prime comunioni e cresime, lauree e battesimi, il Grottino fa per voi.

paolo cestola grottinoDietro l’immagine gradevolmente fanée di un posto vintage (bello!) volutamente bazar e “confusionario” con stile, troverete la professionalità seria di chi, come Paolo Cestola, saprà indirizzarvi a quello che più vi piace. Paolo per il suo Grottino sceglie il meglio. Ve lo scrive una che, vuoi l’età, vuoi la curiosità, si informa su tutto. E qui tutto è il meglio del suo genere. Dai confetti Mucci per i quali vale la pena di sposarsi e che bastano da soli così, senza toule, veli e scatoline, ai the che spaziano dal classico al ricercato. Finendo (o cominciando?)  con il the nero con vaniglia e il rosso nature. Avete voglia di un cioccolatino? Al Grottino Shangai li trovate sfusi. Ve li vendono a peso. E sono i migliori. Amedei, Fiat, Domori ecc… Voglia di caramelle gommose, dure o gelatine? Sfuse o in scatola Paolo ha collezionato le più stimolanti. La piccola e grande pasticceria che si fa gustare volentieri ad ogni ora del giorno, dalla prima colazione al dopo-cena, è di classe, molto raffinata. Che il vostro sia un cappuccino o un the delle cinque. La pausa pranzo vi stupirà. Non ci sono piatti pronti o “micro-ondati” ma c’è il menu del giorno. Che Paolo sarà felice di illustrarvi. Seduti su deliziose sedie simil thonet con gli avambracci poggiati su tavoli rotondi con il ripiano di marmo bianco, verrete serviti come in un bistrot parigino. Ed un calice di vino locale scalderà la vostra breve sosta. Grottino Shangai è versatile. Bottiglie di pregio, vini locali, bollicine da ogni parte d’Italia, spiriti immancabili nel vostro bar. Da bere qui o da portare a casa. Messi in esposizione su scaffali vecchi, bellissimi, in legno. Se poi siete amanti di marmellate e confetture e di tutto ciò che, chiuso in scatola o in barattolo, è pronto da essere portato a casa, inforcate gli occhiali e fatevi indirizzare da Paolo. Mentre il barista, dietro il bancone del bar (altrettanto vintage e fanée) vi sta facendo un ottimo caffè. Un bignè mignon con crema pasticciera o panna consolerà la vostra attesa. Grottino Shangai è in via Trento 13. Una perpendicolare del corso/viale principale. Per capirci quello pieno di negozi. Ma anche in via Trento e nelle “stradine” limitrofe, Civitanova dà spazio a luoghi che celebrano il buon vivere con innata, elegante, voglia di esistere! Le vostre “gite” modaiole civitanovesi hanno trovato il posto giusto per prendere il caffè. E se non conoscete il Grottino Shangai vuol dire che o siete troppo abitudinari, o siete troppo concentrati sull’ovvio. Andateci e mi ringrazierete. Grottino Shangai, via Trento 13/a tel 0733/814751, Civitanova Marche.

Carla Latini

 

Intervista a Tony Hadley, la voce degli Spandau Ballet in esclusiva italiana al Tyche Friday

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Tony Hadley, il leggendario frontman degli Spandau Ballet, ritorna in Italia per un concerto esclusivo nella data finale della rassegna Tyche Friday, il venerdì live del Donoma di Civitanova. L’appuntamento è a calendario questo venerdì, 29 aprile. L’appassionato interprete di “True” arriva accompagnato da una formidabile band: Tony Hadley, ovviamente alla voce; Richie Barrett alla chitarra; Tim Bye alla batteria; Lily Gonzalez alle percussioni e coro vocale; Phil Taylor alle tastiere e Phil Williams al basso.

Riusciamo a rintracciarlo primo del suo arrivo e ci rilascia questa intervista per Tyche Magazine.

Hai avuto un ruolo da leader nella storia della musica degli anni Ottanta. Che band o cantanti ti sono piaciuti in quel periodo? E ora chi ascolti?

<<Di quegli anni ho apprezzato Marc Almond, Freddie Mercury & Queen, i Duran Duran, Frankie Goes To Hollywood e gli Ultravox. Ora direi Killers, Kaiser Chiefs, Hurts e Avicii>>.

Cosa è sopravvissuto della musica degli anni Ottanta?

<<Un sacco di band di quel periodo stanno ancora proponendo le proprie canzoni. Sono ancora in giro per trasmettere il loro grande sound, componendo nuova ed interessante musica>>.

Negli anni Ottanta avevamo il vinile. Oggi ascoltiamo gli Mp3, una specie di musica liquida. Sei preoccupato di questo cambiamento?

<<Sì, sono preoccupato per tutti gli artisti. Con lo streaming non si producono più profitti con le registrazioni. Se fai una bella canzone invece dovresti essere pagato per il lavoro che hai fatto. E’ un grande problema per tutto il settore>>.

Conosci la nostra regione, le Marche?

<<Non molto bene. Sono stato ad Ancona ma l’ho visitata velocemente. Ma in futuro vorrei conoscerla meglio>>.

Cosa farai al Donoma?

<<Vi proporrò ovviamente alcune delle canzoni più celebri degli Spandau Ballet, come True, Gold, Through the Barricades e brani del mio nuovo album che uscirà il prossimo anno>>.

Kruger Agostinelli

 

 

Eccomi Tour, il mito di Patty Pravo live tra successi e perle rare. L’intervista

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Patty Pravo riparte in tour dopo l’ottima attenzione ricevuta al recente Festival di Sanremo da “Cieli Immensi”, primo capitolo del nuovo album di inediti “Eccomi”, ventiseiesimo in studio della cantante. Il brano, firmato da Fortunato Zampaglione, è l’ultimo successo di una carriera lunga 50 anni, con oltre 120 milioni di copie vendute e con numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Patty Pravo sarà sicuramente uno degli ospiti d’eccezione per avvicinarsi alla fine della prima stagione del Tyche Friday al Donoma di Civitanova, con la cantante che impreziosisce un palco che ormai è a tutti gli effetti un club di spessore per artisti italiani e internazionali. Aspettando il live, questo venerdì, abbiamo intervistato la cantante. Patty Pravo non a caso ha vinto il premio della critica a Sanremo.

A dispetto del tempo che passa Patty Pravo rappresenta l’innovazione nella musica leggera italiana. Anche in questo Sanremo hai surclassato molte tue giovani colleghe. Essere moderni è un vizio o una forma mentale?

«La domanda è molto bella, ma non saprei rispondere… Io canto quello che mi piace pensando che se piace a me siamo a metà dell’opera. Per comunicare, un pezzo deve piacere a chi lo canta. Nel caso di “Cieli immensi” è andata benissimo perché è piaciuto molto al pubblico, che mi ha messo al terzo posto nel televoto e che mi sta premiando con l’acquisto del cd “Eccomi”».

Per te hanno scritto gli autori più importanti del panorama musicale tricolore. Al momento qual è quello che ami di più e soprattutto quello che ti manca e di cui vorresti cantare qualcosa?

«Per me hanno scritto davvero quasi tutti, da italiani a stranieri. Però mi piace parlare del presente e quindi ringraziare Tiziano Ferro, Giuliano Sangiorgi, Gianna Nannini, Fortunato Zampaglione, Samuel dei Subsonica, Rachele dei Baustelle e Zibba».

Poiché penso che Patty Pravo si racconti benissimo cantando i brani che sceglie, vorrei fare una domanda alla Patty che ascolta le altre canzoni. Nell’ultimo anno chi ti è piaciuto? Non importa se fa parte dei nuovi o dei vecchi cantanti italiani.

«Mi piacciono Emma, Marco Mengoni, Arisa, Noemi e, ovviamente, i Negramaro. Senza dimenticare Tiziano Ferro, i Subsonica e Gianna Nannini, che non delude mai!».

C’è un legame speciale con le Marche? Ci puoi raccontare aneddoti su persone o luoghi della nostra regione?

«Nelle Marche ho fatto vari concerti e anche alcuni allestimenti. È una bella regione, si sta bene, si mangia bene e soprattutto la gente è ok».

Vogliamo parlare dell’ “Eccomi tour”. Qualche piccola anticipazione per il pubblico di Tyche Friday al Donoma, dove ritorni dopo due anni?

«La scaletta di questo nuovo spettacolo “Eccomi tour” comprenderà, oltre ai miei successi, alcuni pezzi del nuovo disco “Eccomi” e alcune perle che non faccio da tempo. In più ho una nuova band di giovani molto ma molto bravi».

Ogni mese abbiamo una parola chiave per la nostra edizione cartacea. Rappresenta l’ispirazione della nostra copertina e ci permette di filosofeggiare un po’. Quindi ti domandiamo, cosa ti ispira la parola INFINITO?

«Cieli immensi!».

Kruger Agostinelli

Show 20 euro (cassa aperta dalle 21,30) oppure prevendite Ciaotickets

Donoma Sound Theater and Food, via Mazzini 43, Civitanova Marche (MC)
Info e prenotazioni 0733 775860
Dopo il concerto, Formula Disco con dj’s Aldo Ascani & Fabrizio Breviglieri
Donne ingresso gratuito – Uomo 10 euro (compreso consumazione)
Tavolo dopo concerto 20 euro

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