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Senza categoria - page 12

I Turkish Cafè alla conquista di Musicultura

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Turkish Cafè, basta conoscerli per capire che sono molto più di un gruppo. Il loro affiatamento è tangibile e contagioso. Ci incontriamo alla vigilia di un importante possibilità, quella di essere finalisti al Musicultura 2015. La cosa funziona per entrambi, a noi piacciono loro e viceversa. Cantano a cappella quasi per scherzo su uno spot promo che giriamo al volo. Il tempo è veloce e già ci ritroviamo a parlare della finale meritatamente conquistata. Nati, artisticamente parlando, nel 2009 a Macerata. Partiti prima come trio, ora sono diventati un quintetto pronto comunque ad integrare altri strumenti.

I Turkish Cafè hanno molto rispetto per la musica italiana alla quale si dedicano con composizioni fresche ed accattivanti, grazie al loro pop acustico di sicuro effetto. Hanno al loro attivo due album, “Cambio palco” è il più recente. Dal vivo oltre al loro repertorio originale amano reinterpretare degli standard molto ricercati di musica internazionale come Beatles, Beirut, Massive Attack ed Eurythmics. Ecco chi sono: Veronica “Annie Hall”, voci e tastiere;  Julián “Julico” Corradini, voci e chitarre; Simone “Sus” Giorgini, voci e contrabbasso; Simone “Gordo” Pozzi, voci e batteria e Cristiano “Doc” Giuseppetti, voci, violins e keyboards.

Kruger Agostinelli

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Lola “sei solo tu”, rivive per una notte l’atmosfera di uno dei locali più amati d’Italia

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La historia de Lola è molto più di un evento danzante. In effetti la moda dei vari remember e dei tributi nasconde troppo spesso una sorta di “vu’ cumpra” dei ricordi. Dei “mezzucci” per tirare su una serata e farci qualche soldo. Insomma tutto tranne che una corretta lettura della memoria. In pratica come se si volesse festeggiare l’Italia campione del mondo 1982 e si invitasse solo Franco Selvaggi. Per questo ci soffermeremo su un evento che non racconta soltanto la storia di un locale ma racchiude una filosofia innovativa dell’intrattenimento. Ci sarà “solo per una notte” l’animazione, i dj’s, le voci, la gente e le idee che l’hanno resa un Mito, con la emme maiuscola. Il Lola è nato nell’aprile 1992 e non ha mai chiuso in realtà. Un’avventura di ben 22 anni. Poi fu ceduta la gestione e il locale prese un altro nome. Questo per dire che non è stata cancellata l’anima del Lola. Ci affidiamo ai precisi ricordi di Aldo Ascani, che insieme al suo collaboratore storico Rudy Saracini sta allestendo questo evento.

C’è stato sempre un dualismo tra le discoteche emiliane e marchigiane ma questo fu un colpo clamoroso se ben ricordiamo.

<< Infatti il Lola non fu una discoteca, ma qualcosa di originale e diverso. E’ nato come un concetto filosofico diverso, si sentiva il bisogno di un sorta di happening dove ci si soffermava non tanto sull’oggetto ma sull’evento che si riusciva ad organizzare. Un club o “disco bar”, alternativo e innovativo rispetto al “piano bar”>>.

Diciamo una sorta di locale in divenire.

<< Infatti, era molto elegante, quasi un harem con legni pregiati e pelle di coccodrillo. Inizialmente un ambiente solo, con uno spazio dinner e non c’era un’offerta musicale ben precisa. Avevamo assunto come responsabile una coreografa importante, Tania Piattella, una prima ballerina della Rai che all’epoca faceva “Fantastico” con Pippo Baudo. Con lei, Nicoletta Montanari e Lucia Spadaccino, entrambe dj radiofoniche molto apprezzate, si organizzavano durante la serata delle piccole performance, godibili dal pubblico tra un cocktail e l’altro.>>

Poichè il destino è il maggior azionista dell’intuizione, succede che…

<< Che incappiamo in una curiosa situazione. C’era un cameriere che si faceva notare per il numero di bicchieri che faceva cadere dal suo vassoio ogni volta che sparecchiava. Ma, come per magia, quando Nicoletta o Lucia proponevano le prime sonorità latino-americane (genere allora sconosciuto dal grande pubblico ndr) lui iniziava a muoversi a tempo e tutto filava liscio. Un fatto curioso che non sfuggì ad Ezio, mio fratello. Indagando scopre che il cameriere, sposatosi con una venezuelana, aveva una piccola scuola di latino-americano>>.

Stai parlando di Luciano della Conga…

<<Esatto. Così Ezio, grazie a questo input, iniziò a strutturare il locale di questo primo Lola con una parte esterna estiva, dandogli un sapore caraibico e “spagnoleggiante” riuscendo a creare una speciale atmosfera. Pensate che fu talmente risonante il grande successo riscosso che fu celebrato nel panorama italiano dei club “alternativi” come un inimitabile numero uno. Addirittura ricordo che in occasione della notte del 15 agosto un elicottero con una troupe della produzione di Roma della Rai fece delle riprese dall’alto per un servizio che poi è andato in onda su tutte le reti. Se ce ne fosse stato bisogno diciamo che fu la definitiva incoronazione>>.

Uscivate dal mondo integralista delle discoteche e delle cubiste.

<<Facemmo delle stagioni estive talmente strepitose che abbattemmo qualsiasi concorrenza, anche di altri nostri locali, compreso il Green Leaves>>.

C’era un giorno di maggior attrazione?

<<Non c’era. Da lunedì alla domenica c’erano solo chilometri di fila per entrare. Era fantascienza, di livelli disumani. Al di là del fenomeno Lola, c’è stato un fenomeno di pubblico. Al Lola veniva la “crème de la crème”, dalle Marche e oltre. Da Rimini, Riccione, ma anche dalla Puglia, dal Molise>.

Nelle notti del Lola mi risulta che c’era anche il pubblico che conta. Con gli stessi addetti ai lavori che diventavano clienti…

<<Anche loro erano sorpresi di quello che stavamo facendo. Della Valle con la Girombelli erano clienti assidui, oltre a tanti artisti. C’era Vasco Rossi, con cui avevamo un’amicizia forte già prima del Lola, Antonio Albanese, gli Stadio, Biagio Antonacci. Era diventato un punto d’incontro impressionante anche a livello artistico. Ma anche in seuito un polo d’attrazione per vip. Per dire, Barbara Berlusconi era una cliente fissa perché aveva amici nella zona del Conero. Così come Enzo Iacchetti, Clarence Seedorf, Walter Zenga o l’indimenticabile Pietro Taricone: si sentivano clienti e non venivano importunati da nessuno. Era casa loro>>>.

Poi arrivò l’incendio.

<< Era il 9 ottobre quando l’hanno incendiato. Un rogo che emotivamente commosse tutto il mondo della notte, tale era l’attaccamento a questo simbolo diverso del divertimento. Dopo quasi un anno è stato ricostruito, ampliando completamente il concetto latino. Così si è passati ad una struttura unica, diventando locale nazionale della musica latino-americana. E sono passati i più grandi a calcare il palco del Lola, penso ad Oscar D’León. Un palco che si è arricchito anche di altri stili internazionali come il “surf”>>.

 

 

Che pubblico ti aspetti? Ci saranno anche i giovani oppure è solo un ritrovo per nostalgici?

<<Certamente ci saranno anche giovani. Soprattutto quelli assetati di qualità della notte>>.

Sono passati oltre 20 anni. Che slogan conieresti oggi per il Lola?

<<Sei solo tu>>.

Kruger Agostinelli

nella foto l’abbraccio di Nicoletta Montanari a Pietro Taricone

 

Addio B.B. King, doppio ricordo: dal sorriso per il direttore tecnico di Tyche al blues sincero per Joe Galullo

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B.B. King, leggenda indiscussa del blues, è scomparso all’età di 89 anni. Il primo maggio il chitarrista aveva postato su Facebook di essere sottoposto a cure a causa del diabete di cui era ammalato da tempo. Fu protagonista nella nostra regione di un indimenticabile concerto. Ce ne parla attualmente responsabile per il settore spettacoli presso la Tyche Eventi.

<<Ho avuto la fortuna di organizzare il concerto di BB King precisamente l’11 luglio del 2004 presso il Teatro delle Muse. Per la prima volta ho assistito interamente ad un concerto, cosa che non faccio normalmente mentre lavoro nei miei spettacoli. Mi sono tanto emozionato e mi ha colpito la sua infinita gentilezza. Una disponibilità assoluta con tutti sia nel rito della foto che degli autografi. Di lui ho intatto il ricordo del suo sorriso, caldo ed avvolgente come il suono della sua chitarra>>.

Un’altra testimonianza inedita per Tyche Magazine arriva da uno dei più popolari ed autentici bluesman italiani Joe Galullo: “Ci siamo incontrati in parecchi festival. Quel che ricordo di lui, e che ho sempre portato nel mio cuore, è la sua totale sincerità e semplicità nel blues. Il suo fraseggio umano. C’erano poche note, però ognuna aveva tutta una vita dentro. Poi mi viene in mente la sua grande sensibilità. Era un blues sincero. E’ stato un grande, un maestro capace di farti capire che anche con due sole note puoi comunicare un’intera vita”.

Pensi di omaggiarlo?

“Stavo quasi per annullare la serata che ho in programma, ma devo andare a suonare: purtroppo io vivo di questo e portarmi a casa cento euro vuol dire mangiare per qualche giorno. Comunque coglierò l’occasione per dedicare la serata a lui, in memoria del grande maestro”.

Kruger Agostinelli

Stefano Baiocco, chef a due stelle, porta i ravioli allo stoccafisso sul Garda

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Stefano Baiocco è marchigiano. Lo dimostra il fatto che ha studiato all’istituto alberghiero di Senigallia ed ha girato, giovane cuoco in carriera, i locali più noti della Regione. Poi il salto: prima Pinchiorri, poi Ducasse, quindi Gagnaire, Adria, Andoni, Roca, Borbot. Nomi che appartengono alla storia dell’alta cucina mondiale. Sono templi gastronomici dove è difficile varcare la soglia della cucina.

Tornato in Italia Stefano viene subito catturato da un posto da sogno, purtroppo lontano dalle Marche. Villa Feltrinelli, dimora di lusso, una delle tante, di Benito Mussolini a Gargnano sul Lago di Garda. 21 suite, un ristorante con 30 posti, un parco, un giardino ed un orto botanico che Stefano coltiva personalmente da sempre. Prima che diventasse una moda avere l’orto nel ristorante. 12 ragazzi in cucina con cui cura dalle prime colazioni alla cena passando per i frigobar nelle suite che sono quanto di meglio gli ospiti possono pensare di aspettarsi da un posto del genere.

Gli ospiti sono vip internazionali, esigenti e molto selettivi. Stefano li conosce e li coccola ma fa finta di non ricordare chi sono. A causa della sua innata discrezione. Stefano è sposato con Olga. Hanno una bimba piccola che si chiama Camilla. Olga era nella brigata di Moreno Cedroni. Un piatto racconta il suo legame con le Marche. Un piatto che spesso è sul menu: raviolo ripieno di stoccafisso all’anconetana. Ma la cucina di Stefano va più verso il verde, nel senso di erbe ed ortaggi. Due anni fa prende la seconda stella Michelin. Ma non si monta la test. Continua a tenerla “bassa” per migliorare. Durante le ferie espatria (la voglia di viaggiare non l’ha mai abbandonato) e si fa delle vacanze studio per approfondire culture, cibi, usi e costumi di posti che ancora non ha conosciuto o di cui vorrebbe approfondire la conoscenza. Ve lo garantisco: questo bel ragazzo dai riccioli neri ha una mano magica.

Annalisa in concerto, convince il contatto fisico con il suo pubblico

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Annalisa conquista anche il palcoscenico del Teatro Rossini a Civitanova Marche. Pubblico visibilmente soddisfatto e nel suo bis è evidente la necessità di andare a cantare  proprio in mezzo  ai suoi fans. Un contatto fisico di cui la giovane cantante sente il bisogno dopo tanta esperienza televisiva e virtuale sui social. Ma la musica live è un’altra cosa e lei sembra averlo compreso molto bene. Annalisa ha una bella voce, una scenografia sicuramente d’effetto e il gruppo bello da vedere e con un sound adatto alle sue canzoni. Un paragone per capire meglio? E’ una buona bibita fresca e gassata adatta e molto gradita dal suo pubblico. Del resto i grandi protagonisti sono sicuramente  loro, gli ammiratori, giovanissimi e inesauribili per tutta la serata. Si conclude positivamente così il debutto di Tyche Eventi che, in attesa del calendario estivo, anticipa subito un colpaccio aggiudicandosi la prima data italiana del tour 2015 di Max Pezzali, il 25 settembre 2015 al PalaRossini di Ancona.

Kruger Agostinelli

Foto di Federico De Marco

(nella foto in basso l’amministratore Mimmo Sicolo, Annalisa e il direttore responsabile Kruger Agostinelli nel camerino prima del concerto)

Mimmo Sicolo, Annalisa, Kruger Agostinelli

 

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Il Brodetto che ha incantato Firenze: la ricetta dello chef Beatrice Segoni

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Beatrice SegoniUn giorno la comune amica Elsa Mazzolini, direttrice della Madia, uno dei network più seguiti quando si tratta di enogastronomia, ha dedicato la copertina della rivista a Beatrice Segoni scegliendo questo titolo “La donna che visse due volte”. Io, alla luce dei fatti attuali, scriverei tre volte. Prima stilista di moda, poi cuoca per vocazione, infine chef che ha rilanciato a Firenze lo storico “Convivium”. Un amore così intenso, quello per i fornelli, che l’ha portata da Porto Recanati nel capoluogo toscano. La sua città natia dovrebbe farle un monumento perché cucinare il brodetto in terra toscana vuol dire sfidare il caciucco! Sfida che Beatrice vince ogni giorno da 12 anni. Una professionalità tenace, dice chi ha lavorato con lei (l’ho vista e ascoltata e quindi confermo), che potrebbe condurre una brigata di 40 persone senza batter ciglio. Tanto tosta e aggressiva fuori quanto delicata e raffinata dentro la sua cucina. Firenze se la gode da 10 anni. Il “Convivium” è un nome importante nella ristorazione fiorentina. Qui Beatrice fa tutto, dalla colazione (easy, tipicamente fiorentina) alla cena (contaminata dalle Marche). Tra le specialità “esportate” dalla sua terra, il suo celebre brodetto. Mi sono fatta raccontare la ricetta solo per voi. Beatrice prepara un Brodetto di pesci poveri e ricchi. Gli ingredienti sono olio evo (extravergine di oliva), cipolla, sale, pepe, pomodoro, vino bianco e zafferanella, lo zafferano selvatico che potrete trovare in ricercate boutique di delikatessen. Se non lo trovate, dell’ottimo zafferano italiano andrà benissimo ugualmente. E poi seppie, scorfano, mazzole, testola, pesce ragno, mazzancolle, scampi, cozze, vongole, boccaincava, canocchie, sanpietro, razza. Beatrice li pulisce, li sfiletta e li sguscia tutti, uno per uno. Un lavoro delicato e lungo che, se volete, potete evitare di fare e lasciare l’impegno ai vostri ospiti a tavola con il rischio di schizzi e macchie. Il Brodetto è divertente anche per questo. Perché è ideale per inzupparvi il pane, alla faccia del bon ton. Soffriggete olio e cipolla tagliata a julienne, un piccolo peperoncino e aggiungete la seppia tagliata a listarelle. Bagnate con una spruzzata di vino bianco e mettete la zafferanella. Fate bollire per circa 4 minuti poi accomodate nel sughetto ottenuto i restanti pesci e un po’ di pomodoro. Condite con sale e pepe. Portate a fine cottura senza mai mescolare, solo scuotendo leggermente la pentola. Accompagnate con del pane abbrustolito e spolverato con aglio, olio e prezzemolo fresco. Se volete mangiare il Brodetto di Beatrice, la trovate in viale Europa 5 a Firenze (055-6802482). Posti a sedere: 70 nel ristorante gourmet, 50 tra gastro-bistrot e wine bar. Si può ordinare la spesa via internet (info@conviviumfirenze.it). Confrontando il Brodetto di Beatrice con la versione classica di Porto Recanati, lo stile della grande cuoca emerge con grazia e leggerezza. Beatrice ha saltato l’infarinatura del pesce che invece deve essere fatta, se vogliamo rispettare le regole. L’infarinatura crea una piccola protezione della superficie dei pesci ed evita il pericolo che il pesce si sfaldi. Ma se siete bravi come Beatrice i vostri pesci non infarinati non si sfalderanno e rimarranno polposi e intatti.

Carla Latini

Giuliano Palma: “Vorrei un’Italia candida senza il tornaconto personale”

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Giuliano Palma è decisamente credibile nella sua immagine appropriatamente Ska. Fisico longilineo, vestito ed occhiali tassativamente scuri e rinuncia al cappello per mostrare il suo lucido cranio. Il resto lo affida a movenze a volta confidenziali da croner che poi si trasformano in scatti simili ad un cartone animato d’autore. La voce è piacevole ma non potente in questa versione, stavolta acustica, con cui si è proposto sul prestigioso palcoscenico civitanovese del Donoma. Ad accompagnarlo per creare questo tappeto sonoro ci sono una chitarra, un contrabbasso e le tastiere. E’ stato questo l’asso nella manica che Aldo Ascani, direttore artistico di Love is in the Air, il format vincente del venerd’ notte si è giocato per concludere questo seondo anno.
Giuliano parte con atmosfere sonore in sordina, consapevole del suo indubbio carisma. Fa esplodere il numeroso pubblico quando pronuncia la prima strofa di “Che cosa c’è”, remake del capolavoro anni sessanta di Gino Paoli. E sulle onde dei grandi della musica leggera d’autore manda in delirio il suo pubblico con lo scanzonato “Mexico e nuvole” di Enzo Jannacci. Poi arriva il meritatissimo bis. Infine ci concede nel camerino una piacevole intervista.

Kruger Agostinelli Giuliano Palma Michele Mastrangelo intervista Tyche Magazinehai riletto alla tua maniera alcune importanti canzoni del anni sessanta e settanta ma la nostra impressione è che non ti fermerai lì, confermi?
<< Ho tratto ispirazione dalla musica che avevo nel cervello dall’infanzia. Nasco figlio di operai che cantavano davvero da Dio. Quindi ho sentito sempre un sacco di musica. Poi, crescendo, mi sono fatto influenzare prima dal rock, poi da tutta una serie di altre cose tra cui il reggae, lo ska, il funk, l’hip hop… Ma certe canzoni erano comunque dentro di me. E poi devo dire che ho una predilezione per la melodia. Mi sono permesso di rifare tante cose anche più recenti, come “Jump” dei Van Halen. Mi piace di tutto e tutto mi piacerà. Sono una specie di “Tuning” delle auto, cioè metto qualche cavallo in più al motore. Rileggo la situazione in chiave dance, da ballare. Così le sento più mie >>.

Tu hai collaborazioni importanti con altri cantanti, fra cui quella apprezzatissima con Nina Zilli. Altre voci che ti intrigano?
<< Ci sono tantissime cantanti, sopratutto straniere, il problema è incrociarle. Penso a Shirley Bassey o Adele, che spacca >>.

E per il genere da proporre?
<< Prima scherzavamo con il mio collaboratore e amico e dicevamo di fare qualcosa della tradizione dance. A me fondamentalmente piace ballare e quindi potrebbe essere interessante, magari aggiungendo quel qualcosa che mi sento dentro >>.

Se ti diciamo il termine CANDIDO, nostro termine guida del mese per Tyche Magazine, cosa ti ispira?
<< C’era un posto nella mia infanzia che si chiama “Da Candido”, una trattoria vicino casa. Ci andavo a giocare ai videogames. Candido per me è un termine bellissimo, perché è qualcosa di puro, di non malizioso. E’ quindi privo di quella cattiveria, quella malizia e quel tornaconto personale che stanno rovinando un Paese. E rovinano anche me, perché in quel Paese ci abito. E poi Candido è un nome stupendo >>.

Kruger Agostinelli

Annalisa a Civitanova: “In teatro per dare il meglio di me stessa”

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Annalisa mette ritmo anche alle sue parole, giornata dedicata alle interviste in previsione della data marchigiana di Civitanova Marche al Teatro Rossini per martedì 12 maggio 2015 alle ore 21.15 .

Ciao Annalisa, iniziamo con una domanda diretta e di vera autopromozione. Secondo te quali sono gli ottimi motivi per venire ad assistere ad un tuo concerto?

<<Sarà sicuramente una serata onesta e sincera. Quello che mi propongo di fare è accogliere il pubblico nei teatri come se fosse casa mia. Quindi stare insieme due ore, divertirsi, emozionarsi ma anche caricarsi: è uno spettacolo sicuramente energico>>.

Oltre alle tue canzoni proporrai degli standard italiani?

<<Sì, farò “Ti sento”, che ho proposto anche a Sanremo e un’altra cover di Mina che ho cantato tante volte: “Mi sei scoppiato dentro il cuore”. Sono molto legata a questa canzone. Poi canterò pezzi dei dischi precedenti e tutti i brani che sono contenuti in “Splende”>>.

Sanremo da anni si nutre grazie ai talent che Maria De Filippi lancia in abbondanza. Possiamo dire che la nuova fucina ufficiale della musica leggera italiana sia questa?

<<Ci sono diverse vie, come quella del talent. “Amici”, in particolare, ma anche “X factor” e altri programmi (che nascono come funghi, devo dire), sono vie importanti e percorribili, che danno vere opportunità, concrete. Poi, chiaramente, una volta finito il programma, termina la scia automatica di popolarità acquisita. Quindi devi guadagnarti ogni volta tutto da sola, devi iniziare da capo e costruirti le tue basi. Che non sono quelle che vivono della luce riflessa del talent. Tutte le vie sono comunque difficili ma io rifarei cento volte la strada che ho fatto. Perché mi ha permesso di essere qui>>.

Passato e futuro. A quali cantanti ti sei ispirata quando hai iniziato la tua carriera?

<<Mi sono ispirata a tante cose, non una sola. Bisogna tenere le orecchie tese verso la musica bella, la musica nuova, ma anche la musica lontana da quella che faccio. Bisogna ispirarsi, bisogna prendere nuove idee e farle proprie. Quindi ci sono vari riferimenti. In generale la musica degli altri mi ha sempre ispirato, anche di quelli che all’inizio non mi sono piaciuti>>.

Con chi vorresti duettare in futuro?

<<Ci sono tantissimi artisti, italiani e stranieri. Elisa mi ha sicuramente ispirato e mi piace. Ora ad “Amici” sta facendo benissimo con Emma. La loro è una bella coppia>>.

Territorio o persone marchigiane. Hai qualcosa da raccontarci?

<<Sono stata ad Ascoli grazie al mio ottimo rapporto di lavoro (e non solo) con Dario Faini, che mi ha portata per un evento molto bello. E’ uno dei miei più importanti collaboratori da sempre. Abbiamo scritto molto insieme. Tra i brani a cui tengo di più in “Splende” c’è “Posizione fetale”, che nasce da un pomeriggio passato assieme a lui. Gli ho portato la mia idea e l’abbiamo sviluppata insieme>>.

Ogni mese abbiamo un termine su cui filosofeggiare e rifletterci un po’. Per maggio abbiamo scelto CANDIDO. A te cosa ispira?

<<Mi ispira sicuramente morbidezza, il colore bianco e cose leggere>>.

Ricordiamo che la prevendita è disponibile presso tutti i punti CiaoTickets e la biglietteria del Teatro Rossini (Tel.0733.812936). I prezzi dei biglietti sono: 1° Platea – 30.00 + prevendita – 2° Platea – 25,00 + prevendita – Galleria e Palchi – 20,00+ prevendita

Kruger Agostinelli

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Il tesoro dell’Adriatico: storia e versioni del brodetto

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Lungo il Tirreno si chiama “caciucco” o semplicemente zuppa. Ma sulle coste dell’Adriatico è brodetto. Esiste da quando esistono i pescatori. Come indica la parola stessa, significa piccolo brodo e in tutti i dialetti, da Termoli a Venezia, suona pressappoco allo stesso modo. Era l’unico pasto dei pescatori. Facile, nella sua complessità, perché si cucina lentamente e non ha bisogno di fuoco ma di una semplice brace o una piastra lo portano a cottura perfetta in poco tempo. Si usavano i pesci di piccola taglia, quelli che rimanevano intrecciati nella “sciabica” (la rete trainata da terra, antico metodo di pesca oggi vietato) e non erano buoni per il mercato.

I brodetti marchigiani codificati e protetti, ammessi dall’Accademia del Brodetto che sta proprio a Porto Recanati, sono quattro, tutti celebrati per il loro gusto dai versi del poeta dialettale marchigiano Luigi Sorgentini. Il disciplinare dell’Accademia del Brodetto, di cui fan parte rinomati cuochi marchigiani da Massimo Biagiali (ristorante Giardino San Lorenzo in Campo) a Aurelio Damini (trattoria Damiani Grottammare) è molto rigido e permette di chiamare brodetto una ricetta che utilizzi per l’80% pesce dell’Adriatico freschissimo e preparata solo su ordinazione. I pesci della sciabica sono: sogliole, triglie, merluzzi, seppie, rana pescatrice, palombo, pannocchie. Un tempo non venivano aggiunti gamberi e scampi, cozze e vongole. Con i nobili crostacei e i saporiti molluschi il brodetto non è più povero ma ricco, sia dal lato economico che da quello nutrizionale. La scelta dei pesci deve essere molto equilibrata ed in parti uguali. Se no sa di triglia piuttosto che di seppia.

Il brodetto di Porto Recanati non è il più antico ma quello con l’aggiunta di un ingrediente che fa la differenza: la zafferanella, lo zafferano selvatico. Si fa in due casseruole a due manici grandi, scopriremo alla fine perché. Nella prima in abbondante olio di oliva si fa soffriggere la cipolla tagliata fina e si aggiungono le seppie pulite, tagliate a pezzetti. Si fa insaporire, quasi rosolare e poi si copre di brodo di pesce fatto con le lische. La zafferanella in piccole dosi si aggiunge in questo momento, si copre il tutto dopo aver aggiustato di sale e pepe e si continua con una cottura lenta a bassa temperatura. Nell’altra casseruola si sistemano a strati, i pesci, leggermente infarinati, partendo dai più grossi, tipo rana pescatrice e palombo, fino ai più piccoli triglie e sogliolette. Si versa con molta grazia sopra i pesci il brodo con le seppie e la zafferanella, si aggiungono in parti uguali acqua e vino bianco. Si riaggiusta di sale e pepe e si fa cuocere a fuoco vivace per 15/18 minuti. Mai toccare o girare i pesci con arnesi da cucina tipo cucchiai di legno o forchettoni! Prendere la casseruola per i due manici e farle fare brevi ritmati movimenti. La danza del brodetto. L’altro ingrediente in più è il pane: due fette di pane abbrustolite su cui versare i pesci con il loro “piccolo brodo”. Se vi siete appassionati come il buon Luigi Sorgentini, potete prendere contatti direttamente con l’Accademia: via Pastrengo 57- Porto Recanati, telefono 071/7591342; fax 071/7590196

Carla Latini

(nella foto macro il brodetto di Mauro Uliassi)

Piero Massimo Macchini: “Chi sa ridere di se stesso non finirà mai di divertirsi”

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Piero Massimo Macchini, attore comico e fantasista, non è soltanto divertente e irriverente. Ha un grado di autenticità umana davvero rilevante. Ci parleresti per delle ore intere, è ricco negli argomenti e nelle proposte. Con lui abbiamo anche un debito di riconoscenza, grazie al saluto video che ci ha regalato in occasione del nostro esordio. E’ visibile in fondo a questo post. Ecco le cose che ci siamo detti.

“Meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta”, dice un vecchio detto. Cosa ne pensi?

<<Meglio un marchigiano alla porta, sempre e comunque. Anzi direi meglio dietro alla porta. Il marchigiano è un “essere piacevole” anche nella sua ottusità o dolcezza. E’ una persona da conoscere>>.

Il personaggio marchigiano diventa una macchietta nella commedia italiana e piace. Dal cine-panettone di Silvio Spaccesi al “Marchigiano a Londra” di Neri Marcorè, passando per la “Macerata violenta” di Max Giusti. In questo panorama tu, Piero Massimo Macchini, ti stai imponendo con il “Radical grezzo”. Che dici, siamo diventati un’ottima alternativa ai toscani?

<<Ed è anche ora. Anzi siamo un’alternativa ai toscani, ai napoletani, ai milanesi. L’unica differenza che penso di aver colto è che prima il marchigiano era visto come una macchietta mentre nel mio caso è un’essenza. Cioè io sono così, sono un marchigiano. Non devo imitare qualcosa e qualcuno, o aumentare la parlata o il “tic”. E’ la nostra essenza>>.

Il palcoscenico teatrale è tuo amico. Ma sei pronto per tv e cinema?

<<Sono pronto e a settembre partirà un progetto su Rai Due con due miei personaggi. Ma io sono nato in strada, già quindici anni fa facevo spettacoli in piazza, recitando a cappello. Tutt’ora il teatro mi piace perché adoro il contatto con la gente, specie in questo periodo di forte crisi, non solo economica ma anche emotiva. Stare insieme alla gente mi fa star bene. Il cinema mi piace vederlo, la televisione l’ho tolta da casa da 5 anni. Quindi se arrivano progetti in tv sono contento. Altrimenti non me ne può fregare di meno>>.

Ci anticipi qualcosa sulla Rai?

<<Preferisco non parlarne perché sono quattro anni che mi capitano sempre delle situazioni che stanno per partire e poi non si concretizzano>>.

Ci hai preparato il saluto iniziale a Tyche, che significa “fortuna”. Quindi speriamo di portartene un po’. Un’altra cosa: Cesare Paciotti, che imiti, cosa pensa di te?

<<Tasto un po’ dolente. Secondo me non gli sto molto simpatico>>.

C’è stata la fortunata stagione del “Bagaglino della Marca di Fermo”, alcuni anni fa. Ti sei fatto conoscere, insieme ad altri comici quali Giorgio Montanini, con diverse interpretazioni di politici locali. Un’esperienza di successo, riprendendo la tradizione della satira politica. Cosa ne pensi?

<<E’ tutto iniziato con l’associazione“Improvvivo”, nata da me, Francesco Trasatti e Mariateresa Ferroni. Parlavamo di improvvisazione e io portai all’interno il cabaret e il teatro comico. Da cosa nasce cosa ed è partito questo spettacolo, dove ho curato se non mi sbaglio anche la regia (il tempo passa… ) Poi “Improvvivo” è “caduto”, come tutte le cose belle che hanno un inizio e una fine. E’ stato quindi riaperto un nuovo percorso, “Marche Tube”, per ricercare una forte identità>>.

E il tuo rapporto con chi hai interpretato?

<<Con quasi tutti i personaggi ho un buonissimo rapporto. La mia tecnica è quella di prendere un loro atteggiamento, un segno distintivo, ed esasperarlo. Se mi fanno una vignetta, ad esempio, mi disegnano come prima cosa con il naso grande, perché effettivamente io ho il naso grande. Lo devo accettare. Chi sa ridere di se stesso non finirà mai di divertirsi. Ma questa è una dotte che non tutti dobbiamo avere per forza>>.

Macchini ci saluta con una promessa: <<Vi vengo presto a trovare in redazione>>. Ti aspettiamo.

Kruger Agostinelli e Michele Mastrangelo

(Grazie a Marilena Imbrescia per la foto di Macchini “supereroe”. Altra foto di Federico De Marco)

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piero massimo macchini

 

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