Paolo Brunelli: il gelato è morto. Evviva il gelato! Per noi marchigiani, lui è il Maestro gelatiere visionario. Da Agugliano a Senigallia attraverso esperienze e stage mondiali. Venite con me nell’entourage gelato, caldo, dolce, salato, colto, semplice, laborioso (nel senso di vera e propria fatica) di Paolo Brunelli. Mi sono letta la sua biografia e ne so tante. Ma oggi voglio sentire il suo racconto. E attacco subito.
Come mai Agugliano?
«Ammetto che è un paesino destinato a “terra di mezzo“. Bel paesino, terra importante. Senza identità grazie all’abuso edilizio (e dove non c’è stato?) senza identità culinaria. Ma qui c’è la Locanda di mamma Maria Luisa Berardi sorella di un personaggio illustre della eno-gastronomia marchigiana. Che tanti devono ricordare: Ilario Berardi».
E così, io, Carla Latini, torno indietro di tanti anni quando cucina e vino contaminavano la musica. Con Ilario ho fatto cose belle in radio e la sua/nostra trasmissione si chiamava Culinaria. Poi chiedo a Paolo.
Ma tu quanti anni avevi per seguire le intuizioni di zio Ilario?
«Ne avevo 12. Sono cresciuto in cucina. Fra mamma e zio Ilario. Ho ereditato le ricette dell’epoca. Mamma pensa alla cucina e il gelato non è nemmeno la ruota di scorta. Ma a me piace e zio Ilario mi incoraggia e mi prende accanto a sé mentre diventa la figura più colta del mondo del vino nelle Marche».
Non dirmi che sei stato tu a fare tutti i sorbetti del mio matrimonio? Mi sono sposata nel 1984 e Ilario è stato il mio cuoco/mentore/guida/amico…
«Sono stato io. Cucina e gelato, gelato e cucina. I prodotti unici e delineati che sceglieva zio. Ed io lì a seguire innamorato. Ma c’era poco spazio e quindi, anche se la mia ambizione era forte, ho scelto di fare il musicista. Erano i primi anni ’90».
E poi che è successo?
«È successo che, senza scendere a compromessi o magari perché doveva andare così, sono tornato a casa. Il bar gelateria era il mio laboratorio. Per anni ho lavorato in un laboratorio sotterraneo: poca luce viva, poco spazio ai sogni fino a quando questi non sono diventati così grandi da richiedere uno spazio più grande e in emersione. Quel sotterraneo di Agugliano è stato il laboratorio della mia professione. Lì sono stati fatti i tentativi maggiori, lì ho cominciato a sperimentare gli abbinamenti, le materie prime e a cercare un gelato che potesse essere un piatto da gourmet. Cercavo soddisfazione, cercavo il plauso, cercavo anche la popolarità nei miei sogni. È stato così che tra mille peripezie sono riuscito a creare la mia professione. Ho azzardato con l’acquisto di macchinari che sapevo sarebbero stati indispensabili, ho scommesso su un processo di lavorazione controcorrente: “Il gelato da Brunelli finisce”. Un messaggio forte quello di fare capire che da me il gelato si fa tutti i giorni e che se ho calcolato male la richiesta e non ho ponderato bene gli imprevisti, benché vengano definiti tali proprio perché non misurabili, quel gusto di gelato potrebbe non esserci più fino al giorno dopo. Ho combattuto non poco per scegliere una strada nella strada, ovvero quella di fare un vero gelato artigianale. Una scelta che ancora pesa, che non dà grandi soddisfazioni economiche, ma che ha un riscontro totale in chi è particolarmente attento al gusto e anche in chi si approccia per la prima volta al mio modo di concepire il gelato».
Un gelato non gelato ma un gelato che vale tutti i giorni e in tutte le stagioni e con gli ingredienti fuori dagli schemi classici, che scegli tu?
«Brava, hai toccato il tasto/gelato giusto: gli ingredienti. Fare un gelato con il pistacchio (vero) di Bronte o con il cioccolato del quale mi sono profondamente innamorato grazie all’aiuto di grandissimi maestri internazionali e nazionali. Azzardato farlo con un caprino dop e un pomodorino idem… E poi la mia esperienza nel campo della degustazione del vino prima e del tè poi, ha generato un rapporto quasi maniacale per la ricerca del gusto. Come cioccolatiere mi ritengo perciò abbastanza atipico. Ma erano i primi anni ‘ 90 quando pochi ma intelligenti clienti facevano chilometri dalla costa all’interno per venire da me».
Contaminazione gaudente dal dolce verso il salato. Il gelato fine a se stesso che entra nell’alta pasticceria e nella cucina. Il gelato piatto gourmet. Un giorno poi qualcuno ti ha portato Silvio Barbero di Slow Food (allora co-fondatore Slow Food e marchigiano per amore)…
«Mi ha detto che dovevo credere in me e uscire fuori. Mi sono fatto forza, ho investito ed ogni giorno ci penso. Ad Agugliano è rimasto il laboratorio ricerca sul cioccolato. A Senigallia, dove ti aspetto (verrò presto lo giuro! ndr), il laboratorio ricerca sul gelato. Credo nell’uso funzionale del gelato. Questo pensiero ha generato il Festival del Gelato. Erano periodi di avanguardia. Periodi non sospetti. Nessuno poteva sapere dove la mia “visione” stava andando. Il buio degli anni passati. Il buio del laboratorio di Agugliano da dove facevo andare via i clienti ora non esiste più. Anzi, è diventato luce».
Una luce che risplende grazie anche al Festival del Gelato di Agugliano. Nato nel 2010 che coivolge Maestri gelatieri da tutto il mondo. Questo voluto da te. Quando la Crema Brunelli, un evergreen che tu paragoni a “Ti amo” di Umberto Tozzi con la crema alla nocciola tradizionale, il cioccolato, il Varnelli che non manca mai insieme all’olio extra vergine hanno detto: il gelato da Brunelli finisce!
«E continua ad essere quello che ora è, dopo 30 anni di miniera, senza togliere alcun rispetto a chi la fa veramente, meritandomi, scrivilo (sicuro che lo scrivo! ndr) la bellezza che mi circonda. Sarò al Salone del Gusto lungo la via del Gelato. Lunga ancora da percorrere. Bella, dolce, salata, nel mio cuore».
Come si fa a chiudere uno scambio di sentimenti, idee e ricordi così? Non si chiude si tiene aperto. Con il sorriso di Paolo Brunelli che, mi sono dimenticata ma non credo sia necessario ricordarlo, vanta premi e riconoscimenti nazionali e internazionali.
Vi aspetta a Senigallia, via Carducci.
Carla Latini