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Giuliano Palma: “Vorrei un’Italia candida senza il tornaconto personale”

in Senza categoria da

Giuliano Palma è decisamente credibile nella sua immagine appropriatamente Ska. Fisico longilineo, vestito ed occhiali tassativamente scuri e rinuncia al cappello per mostrare il suo lucido cranio. Il resto lo affida a movenze a volta confidenziali da croner che poi si trasformano in scatti simili ad un cartone animato d’autore. La voce è piacevole ma non potente in questa versione, stavolta acustica, con cui si è proposto sul prestigioso palcoscenico civitanovese del Donoma. Ad accompagnarlo per creare questo tappeto sonoro ci sono una chitarra, un contrabbasso e le tastiere. E’ stato questo l’asso nella manica che Aldo Ascani, direttore artistico di Love is in the Air, il format vincente del venerd’ notte si è giocato per concludere questo seondo anno.
Giuliano parte con atmosfere sonore in sordina, consapevole del suo indubbio carisma. Fa esplodere il numeroso pubblico quando pronuncia la prima strofa di “Che cosa c’è”, remake del capolavoro anni sessanta di Gino Paoli. E sulle onde dei grandi della musica leggera d’autore manda in delirio il suo pubblico con lo scanzonato “Mexico e nuvole” di Enzo Jannacci. Poi arriva il meritatissimo bis. Infine ci concede nel camerino una piacevole intervista.

Kruger Agostinelli Giuliano Palma Michele Mastrangelo intervista Tyche Magazinehai riletto alla tua maniera alcune importanti canzoni del anni sessanta e settanta ma la nostra impressione è che non ti fermerai lì, confermi?
<< Ho tratto ispirazione dalla musica che avevo nel cervello dall’infanzia. Nasco figlio di operai che cantavano davvero da Dio. Quindi ho sentito sempre un sacco di musica. Poi, crescendo, mi sono fatto influenzare prima dal rock, poi da tutta una serie di altre cose tra cui il reggae, lo ska, il funk, l’hip hop… Ma certe canzoni erano comunque dentro di me. E poi devo dire che ho una predilezione per la melodia. Mi sono permesso di rifare tante cose anche più recenti, come “Jump” dei Van Halen. Mi piace di tutto e tutto mi piacerà. Sono una specie di “Tuning” delle auto, cioè metto qualche cavallo in più al motore. Rileggo la situazione in chiave dance, da ballare. Così le sento più mie >>.

Tu hai collaborazioni importanti con altri cantanti, fra cui quella apprezzatissima con Nina Zilli. Altre voci che ti intrigano?
<< Ci sono tantissime cantanti, sopratutto straniere, il problema è incrociarle. Penso a Shirley Bassey o Adele, che spacca >>.

E per il genere da proporre?
<< Prima scherzavamo con il mio collaboratore e amico e dicevamo di fare qualcosa della tradizione dance. A me fondamentalmente piace ballare e quindi potrebbe essere interessante, magari aggiungendo quel qualcosa che mi sento dentro >>.

Se ti diciamo il termine CANDIDO, nostro termine guida del mese per Tyche Magazine, cosa ti ispira?
<< C’era un posto nella mia infanzia che si chiama “Da Candido”, una trattoria vicino casa. Ci andavo a giocare ai videogames. Candido per me è un termine bellissimo, perché è qualcosa di puro, di non malizioso. E’ quindi privo di quella cattiveria, quella malizia e quel tornaconto personale che stanno rovinando un Paese. E rovinano anche me, perché in quel Paese ci abito. E poi Candido è un nome stupendo >>.

Kruger Agostinelli

Lorenza Vitali di Witaly: “il Verdicchio non lascia dubbi, è Marche”.

in Mangiare e bere da

Premio Emergente Centro e Sud 2015 è una ghiotta occasione per tutti gli amanti della buona cucina. Segnaliamo questo importante evento gastronomico organizzato dalla Witaly e condotto dal popolare giornalista Luigi Cremona. La rassegna è a calendario dal 30 maggio al 1 giugno 2015 a Napoli al Circolo Canottieri. Le Marche verranno rappresentate da due giovani chef, il ventiduenne Andrea Giuseppucci e Nikita Sergeev, di ventisei anni. Rispettivamente del ristorante La Gattabuia di Tolentino, un ex carcere a Tolentino e del Ristorante Arcade a Porto San Giorgio.

Con Lorenza Vitali, deus ex machina della Witaly, affrontiamo dei temi di attualità sull’enogastronomia e del nostro territorio marchigiano

Lei che è abituata a testare continuamente le migliori tendenze gastronomiche italiane, da cosa si accorge che sta mangiando marchigiano?

<< Sinceramente, se non sono informata prima è difficile riconoscerli. Eppure nei salumi, ad esempio, trovo qualcosa di differente nella stagionatura. Nei salumi emiliani le muffe trasudano di nebbia, cosa che quelli del versante adriatico certamente non hanno. I vini da vitigno autoctono sono ovviamente i più riconoscibili: una bottiglia di Verdicchio non lascia dubbi.>>
La cucina regionale deve tutelare i propri prodotti o deve guardare verso nuovi orizzonti culinaria?

<< Entrambe le cose ma soprattutto deve mettere e valorizzare le proprietà salutari ed organolettiche degli ingredienti. E deve spiegare i metodi di produzione, talvolta complessi, che ne giustificano il prezzo.>>
A livello eventi cosa ti piacerebbe realizzare sul nostro territorio?

<<Mi piacciono i borghi sperduti e i piccoli comuni. E vorrei valorizzare il lavoro dei contadini e degli artigiani che normalmente non raggiungono “le luci della ribalta” >>.

Kruger Agostinelli

Annalisa a Civitanova: “In teatro per dare il meglio di me stessa”

in Senza categoria da

Annalisa mette ritmo anche alle sue parole, giornata dedicata alle interviste in previsione della data marchigiana di Civitanova Marche al Teatro Rossini per martedì 12 maggio 2015 alle ore 21.15 .

Ciao Annalisa, iniziamo con una domanda diretta e di vera autopromozione. Secondo te quali sono gli ottimi motivi per venire ad assistere ad un tuo concerto?

<<Sarà sicuramente una serata onesta e sincera. Quello che mi propongo di fare è accogliere il pubblico nei teatri come se fosse casa mia. Quindi stare insieme due ore, divertirsi, emozionarsi ma anche caricarsi: è uno spettacolo sicuramente energico>>.

Oltre alle tue canzoni proporrai degli standard italiani?

<<Sì, farò “Ti sento”, che ho proposto anche a Sanremo e un’altra cover di Mina che ho cantato tante volte: “Mi sei scoppiato dentro il cuore”. Sono molto legata a questa canzone. Poi canterò pezzi dei dischi precedenti e tutti i brani che sono contenuti in “Splende”>>.

Sanremo da anni si nutre grazie ai talent che Maria De Filippi lancia in abbondanza. Possiamo dire che la nuova fucina ufficiale della musica leggera italiana sia questa?

<<Ci sono diverse vie, come quella del talent. “Amici”, in particolare, ma anche “X factor” e altri programmi (che nascono come funghi, devo dire), sono vie importanti e percorribili, che danno vere opportunità, concrete. Poi, chiaramente, una volta finito il programma, termina la scia automatica di popolarità acquisita. Quindi devi guadagnarti ogni volta tutto da sola, devi iniziare da capo e costruirti le tue basi. Che non sono quelle che vivono della luce riflessa del talent. Tutte le vie sono comunque difficili ma io rifarei cento volte la strada che ho fatto. Perché mi ha permesso di essere qui>>.

Passato e futuro. A quali cantanti ti sei ispirata quando hai iniziato la tua carriera?

<<Mi sono ispirata a tante cose, non una sola. Bisogna tenere le orecchie tese verso la musica bella, la musica nuova, ma anche la musica lontana da quella che faccio. Bisogna ispirarsi, bisogna prendere nuove idee e farle proprie. Quindi ci sono vari riferimenti. In generale la musica degli altri mi ha sempre ispirato, anche di quelli che all’inizio non mi sono piaciuti>>.

Con chi vorresti duettare in futuro?

<<Ci sono tantissimi artisti, italiani e stranieri. Elisa mi ha sicuramente ispirato e mi piace. Ora ad “Amici” sta facendo benissimo con Emma. La loro è una bella coppia>>.

Territorio o persone marchigiane. Hai qualcosa da raccontarci?

<<Sono stata ad Ascoli grazie al mio ottimo rapporto di lavoro (e non solo) con Dario Faini, che mi ha portata per un evento molto bello. E’ uno dei miei più importanti collaboratori da sempre. Abbiamo scritto molto insieme. Tra i brani a cui tengo di più in “Splende” c’è “Posizione fetale”, che nasce da un pomeriggio passato assieme a lui. Gli ho portato la mia idea e l’abbiamo sviluppata insieme>>.

Ogni mese abbiamo un termine su cui filosofeggiare e rifletterci un po’. Per maggio abbiamo scelto CANDIDO. A te cosa ispira?

<<Mi ispira sicuramente morbidezza, il colore bianco e cose leggere>>.

Ricordiamo che la prevendita è disponibile presso tutti i punti CiaoTickets e la biglietteria del Teatro Rossini (Tel.0733.812936). I prezzi dei biglietti sono: 1° Platea – 30.00 + prevendita – 2° Platea – 25,00 + prevendita – Galleria e Palchi – 20,00+ prevendita

Kruger Agostinelli

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Il tesoro dell’Adriatico: storia e versioni del brodetto

in Senza categoria da

Lungo il Tirreno si chiama “caciucco” o semplicemente zuppa. Ma sulle coste dell’Adriatico è brodetto. Esiste da quando esistono i pescatori. Come indica la parola stessa, significa piccolo brodo e in tutti i dialetti, da Termoli a Venezia, suona pressappoco allo stesso modo. Era l’unico pasto dei pescatori. Facile, nella sua complessità, perché si cucina lentamente e non ha bisogno di fuoco ma di una semplice brace o una piastra lo portano a cottura perfetta in poco tempo. Si usavano i pesci di piccola taglia, quelli che rimanevano intrecciati nella “sciabica” (la rete trainata da terra, antico metodo di pesca oggi vietato) e non erano buoni per il mercato.

I brodetti marchigiani codificati e protetti, ammessi dall’Accademia del Brodetto che sta proprio a Porto Recanati, sono quattro, tutti celebrati per il loro gusto dai versi del poeta dialettale marchigiano Luigi Sorgentini. Il disciplinare dell’Accademia del Brodetto, di cui fan parte rinomati cuochi marchigiani da Massimo Biagiali (ristorante Giardino San Lorenzo in Campo) a Aurelio Damini (trattoria Damiani Grottammare) è molto rigido e permette di chiamare brodetto una ricetta che utilizzi per l’80% pesce dell’Adriatico freschissimo e preparata solo su ordinazione. I pesci della sciabica sono: sogliole, triglie, merluzzi, seppie, rana pescatrice, palombo, pannocchie. Un tempo non venivano aggiunti gamberi e scampi, cozze e vongole. Con i nobili crostacei e i saporiti molluschi il brodetto non è più povero ma ricco, sia dal lato economico che da quello nutrizionale. La scelta dei pesci deve essere molto equilibrata ed in parti uguali. Se no sa di triglia piuttosto che di seppia.

Il brodetto di Porto Recanati non è il più antico ma quello con l’aggiunta di un ingrediente che fa la differenza: la zafferanella, lo zafferano selvatico. Si fa in due casseruole a due manici grandi, scopriremo alla fine perché. Nella prima in abbondante olio di oliva si fa soffriggere la cipolla tagliata fina e si aggiungono le seppie pulite, tagliate a pezzetti. Si fa insaporire, quasi rosolare e poi si copre di brodo di pesce fatto con le lische. La zafferanella in piccole dosi si aggiunge in questo momento, si copre il tutto dopo aver aggiustato di sale e pepe e si continua con una cottura lenta a bassa temperatura. Nell’altra casseruola si sistemano a strati, i pesci, leggermente infarinati, partendo dai più grossi, tipo rana pescatrice e palombo, fino ai più piccoli triglie e sogliolette. Si versa con molta grazia sopra i pesci il brodo con le seppie e la zafferanella, si aggiungono in parti uguali acqua e vino bianco. Si riaggiusta di sale e pepe e si fa cuocere a fuoco vivace per 15/18 minuti. Mai toccare o girare i pesci con arnesi da cucina tipo cucchiai di legno o forchettoni! Prendere la casseruola per i due manici e farle fare brevi ritmati movimenti. La danza del brodetto. L’altro ingrediente in più è il pane: due fette di pane abbrustolite su cui versare i pesci con il loro “piccolo brodo”. Se vi siete appassionati come il buon Luigi Sorgentini, potete prendere contatti direttamente con l’Accademia: via Pastrengo 57- Porto Recanati, telefono 071/7591342; fax 071/7590196

Carla Latini

(nella foto macro il brodetto di Mauro Uliassi)

Libertà e sogni in sella ad una Vespa: il viaggio di Giorgio Serafino

in Itinerari/Racconti da

Affidabilità della Vespa? <<Certa al 100% >>. Qualcosa di miracoloso ce l’ha in effetti Giorgio Serafino, mestiere scrittore on the road, se nei suoi viaggi da circa 10mila chilometri  non lamenta inconvenienti. Del resto non poteva tradire il suo nome “il Generale” come chiama confidenzialmente la sua due ruote, ispirandosi ai telefilm di Hazzard.

Intanto ha due libri di successo “L’America in Vespa, da Chicago a Los Angeles” e “Paradiso di Polvere” pubblicati rispettivamente nel 2011 e nel 2013. Vedo che ti piacciono i numeri dispari, quindi la prossima pubblicazione nel 2015? << Ci sto lavorando e questa volta racconterò l’India>>.

Cosa hai trovato negli Stati Uniti che hai visitato? << Libertà e sogni sicuramente>>, risponde senza pensarci ed ammette che i suoi racconti sono appunti che ha catturato dalla sua anima nella speranza di poter contribuire al sogno. Non importa se suo o degli altri. Insomma quella necessità che c’è in ognuno di noi di andare oltre agli orizzonti che spesso ci limitano. Il suo saggio amico e collega di San Francisco Jack Hirschman, ottantunenne, esponente della beat generation (quest’ultima definizione guai a dirgliela), gli confessa che <<l’America ha bisogno di quel libro>>. Questo per dimostrare che l’umanità descritta e raccolta da Giorgio Serafino va raccolta e conservata come un bene da preservare.

Poi c’è l’esperienza spirituale del suo secondo libro, un modo autentico di vivere il concetto di pace interiore fra Tailandia, Laos e Cambogia. Aspetti che riescono a contagiare il lettore , spiega il nostro grafico Marco Amato che considera i suoi due libri manuali per nutrire il cuore e far funzionare meglio le emozioni.

E delle Marche cosa diciamo, meglio da evitare o da visitare?

<< Niente è da evitare, piuttosto sono da consigliare i posti meno turistici>>.

Come non dargli torto mentre ci piacerebbe leggerlo in piccoli racconti per un non tanto ipotetico  Tyche On the Road, o come dice il collega Michele Mastrangelo “sulla strada”.  E per rifarci al buon Jack, anche le Marche avrebbero bisogno di racconti così…

Per i riferimenti www.terraeasfalto.it

Kruger Agostinelli

(Nella foto Giorgio Serafino e “il Generale” in redazione)

serafino vespa redazione

la redazione di Tyche diventa Live venerdì 5 giugno

in Cultura da

Tyche live logoTyche Live, ovvero quando una redazione prende vita trasformandosi in un palco. La prima è stata fissata per venerdì 5 giugno 2015 dalle ore 17 in poi. Perchè quando un progetto editoriale non si limita a raccontare l’evento ma vuole crearlo, allora le scrivanie fanno spazio agli strumenti musicali. L’idea è ispirata dalle esibizioni più memorabili dei giganti della musica, i Beatles e gli U2 che cantano sui tetti. L’intento non è certo emulare ciò che è inarrivabile. Però sfruttando la posizione dell’edificio di corso Vittorio Emanuele a Civitanova, orientata verso piazza XX settembre, dove ha sede la redazione, si è pensato di sfruttare la presenza non solo di musicisti, ma anche protagonisti di qualunque forma artistica da intervistare per farli esibire. Tutti rigorosamente live ed in diretta streaming sul sito tychemagazine.it. Appuntamenti che avranno una cadenza quindicinale e di cui saranno fornite, di volta in volta, tutte le informazioni. Si partirà con Mark Zitti e altri ospiti. Ma chi si vuole proporre per un’esibizione live, non deve far altro che prendere nota dell’indirizzo mail redazione@tychemagazine.it, mandando il suo curriculum. La redazione è in un edificio che ricorda la prua di una nave. Non esiste un mare che non vogliamo solcare.

#TycheLive

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Piero Massimo Macchini: “Chi sa ridere di se stesso non finirà mai di divertirsi”

in Senza categoria da

Piero Massimo Macchini, attore comico e fantasista, non è soltanto divertente e irriverente. Ha un grado di autenticità umana davvero rilevante. Ci parleresti per delle ore intere, è ricco negli argomenti e nelle proposte. Con lui abbiamo anche un debito di riconoscenza, grazie al saluto video che ci ha regalato in occasione del nostro esordio. E’ visibile in fondo a questo post. Ecco le cose che ci siamo detti.

“Meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta”, dice un vecchio detto. Cosa ne pensi?

<<Meglio un marchigiano alla porta, sempre e comunque. Anzi direi meglio dietro alla porta. Il marchigiano è un “essere piacevole” anche nella sua ottusità o dolcezza. E’ una persona da conoscere>>.

Il personaggio marchigiano diventa una macchietta nella commedia italiana e piace. Dal cine-panettone di Silvio Spaccesi al “Marchigiano a Londra” di Neri Marcorè, passando per la “Macerata violenta” di Max Giusti. In questo panorama tu, Piero Massimo Macchini, ti stai imponendo con il “Radical grezzo”. Che dici, siamo diventati un’ottima alternativa ai toscani?

<<Ed è anche ora. Anzi siamo un’alternativa ai toscani, ai napoletani, ai milanesi. L’unica differenza che penso di aver colto è che prima il marchigiano era visto come una macchietta mentre nel mio caso è un’essenza. Cioè io sono così, sono un marchigiano. Non devo imitare qualcosa e qualcuno, o aumentare la parlata o il “tic”. E’ la nostra essenza>>.

Il palcoscenico teatrale è tuo amico. Ma sei pronto per tv e cinema?

<<Sono pronto e a settembre partirà un progetto su Rai Due con due miei personaggi. Ma io sono nato in strada, già quindici anni fa facevo spettacoli in piazza, recitando a cappello. Tutt’ora il teatro mi piace perché adoro il contatto con la gente, specie in questo periodo di forte crisi, non solo economica ma anche emotiva. Stare insieme alla gente mi fa star bene. Il cinema mi piace vederlo, la televisione l’ho tolta da casa da 5 anni. Quindi se arrivano progetti in tv sono contento. Altrimenti non me ne può fregare di meno>>.

Ci anticipi qualcosa sulla Rai?

<<Preferisco non parlarne perché sono quattro anni che mi capitano sempre delle situazioni che stanno per partire e poi non si concretizzano>>.

Ci hai preparato il saluto iniziale a Tyche, che significa “fortuna”. Quindi speriamo di portartene un po’. Un’altra cosa: Cesare Paciotti, che imiti, cosa pensa di te?

<<Tasto un po’ dolente. Secondo me non gli sto molto simpatico>>.

C’è stata la fortunata stagione del “Bagaglino della Marca di Fermo”, alcuni anni fa. Ti sei fatto conoscere, insieme ad altri comici quali Giorgio Montanini, con diverse interpretazioni di politici locali. Un’esperienza di successo, riprendendo la tradizione della satira politica. Cosa ne pensi?

<<E’ tutto iniziato con l’associazione“Improvvivo”, nata da me, Francesco Trasatti e Mariateresa Ferroni. Parlavamo di improvvisazione e io portai all’interno il cabaret e il teatro comico. Da cosa nasce cosa ed è partito questo spettacolo, dove ho curato se non mi sbaglio anche la regia (il tempo passa… ) Poi “Improvvivo” è “caduto”, come tutte le cose belle che hanno un inizio e una fine. E’ stato quindi riaperto un nuovo percorso, “Marche Tube”, per ricercare una forte identità>>.

E il tuo rapporto con chi hai interpretato?

<<Con quasi tutti i personaggi ho un buonissimo rapporto. La mia tecnica è quella di prendere un loro atteggiamento, un segno distintivo, ed esasperarlo. Se mi fanno una vignetta, ad esempio, mi disegnano come prima cosa con il naso grande, perché effettivamente io ho il naso grande. Lo devo accettare. Chi sa ridere di se stesso non finirà mai di divertirsi. Ma questa è una dotte che non tutti dobbiamo avere per forza>>.

Macchini ci saluta con una promessa: <<Vi vengo presto a trovare in redazione>>. Ti aspettiamo.

Kruger Agostinelli e Michele Mastrangelo

(Grazie a Marilena Imbrescia per la foto di Macchini “supereroe”. Altra foto di Federico De Marco)

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piero massimo macchini

 

Tre chef giocano con i colori: Cedroni, Pompili e Uliassi nei ritratti di Renato Missaglia

in Senza categoria da

Conosco Renato Missaglia da tempo. Insieme abbiamo esplorato il mondo dei pensieri a colori di grandi cuochi. Lui con i colori, quelli veri, e i suoi ritratti. Io con la penna e le mie parole. Nella nuova collezione di Renato Missaglia, classe 1946, artista indiscusso ed eclettico, ora spiccano chef stellati e dinastie gastronomiche. Tra i volti di personaggi noti che ha ritratto vi sono artisti, personaggi politici, capi di stato e pontefici tra cui Benedetto XVI e Papa Francesco. Per Renato un progetto artistico grande: “Expo Milano 2015 con gli occhi dell’arte” che sarà esposto durante i sei mesi dell’evento nella sede dell’Associazione Banche Italiane in via Olona, a Milano. Ho scambiato “due parole due” con Moreno Cedroni, Lucio Pompili e Mauro Uliassi. Cinque domande sui loro pensieri a colori:

Il tuo/tuoi colori preferiti.

Cedroni: Il blu, più turchese che blu, e il bianco.

Pompili: Sono quattro i colori che rappresentano la mia filosofia di vita, i miei progetti e i miei obiettivi. Nella vita sentimentale e nella vita professionale. Il rosso e tutte le sue declinazioni, dalla cucina al fuoco; dall’alba che è l’inizio, al tramonto che è la fine, con diverse sfumature di rosso. Se penso al rosso penso al peperoncino. Piccante, intrigante, dispettoso. Poi il verde che è tutto il mondo vegetale. Oltre agli occhi di mia moglie Cristina. Penso allo smeraldo prezioso che si illumina e cambia a seconda della luce, al verde delle meravigliose colline marchigiane. Quindi il marrone che è la terra. Il ventre animale, fecondo. Ci sono i marroni dei nostri Appennini che cambiano di colore a seconda delle stagioni. Poi l’azzurro. Che è il cielo, il volo anche pindarico, l’acqua, il mare Adriatico. I nostri pesci. Gli occhi di una mia amica. Gli occhi di una donna sono l’entrata della sua anima. Più sono luminosi e più la porta è facile da varcare.

Uliassi: Il rosso delle rose. Non mi vesto di rosso e lo uso poco nella vita quotidiana. Diciamo che il mio è un atteggiamento mentale. Affronto la vita in rosso. Con passione. Vivo pensando in rosso. Un altro colore è il blu del mare che sta vicino a me.

 

I colori nella tua vita.

Cedroni: Il blu ma non nelle scarpe! Non ho scarpe blu. Il blu è nella mia vita. E’ il mare davanti a me. Il blu lo trovo nei jeans che indosso quando lavoro e che sono diventati la mia divisa. Il bianco nella giacca bianca da cuoco. Ecco nel mio quotidiano ci sono il blu jeans ed il bianco.

Pompili: Ci sono tutti. Difficilmente mi vedrai vestito di nero. Sono molto colorato. Uso tutte le declinazioni di questi colori.

Uliassi: Se fossi stato un musicista avrei composto in rosso. Con tanta passione. Se fossi stato un pittore forse avrei usato il rosso in tutti i miei quadri.

 

Il colore nei tuoi piatti?

Cedroni: La mia seppia blu. La ricerca continua del mare nei miei piatti. In 28 anni di cucina ci si evolve, si cambia e si vedono le cose da prospettive diverse. Ricordi il mio sushi a colori? Ora faccio anche un piatto tutto bianco: baccalà, cocco, cipolla bianca, quinoa e daikon.

Pompili: Sono una conseguenza naturale. Pesci, animali, vegetali. Ci sono tutti. La mia vita è un tutt’uno. Non riesco a scindere i sentimenti dalla vita professionale.

Uliassi: Il rosso c’è ma poco. Ogni tanto del pomodoro ma solo l’estate. Preferisco caricare i miei piatti di sapore e di passione in modo che chi li mangia senta il colore rosso dentro di sé.

 

Un ingrediente, un frutto, un ortaggio che preferisci?

 Cedroni: La mela rossa. Con la pink lady faccio la marmellata. Mi viene benissimo anche quella con mele rosse e rose.

Pompili: Il beccaccino in particolare, più in generale la cacciagione. La caccia è il mio terzo amore dopo la famiglia e il lavoro.

Uliassi: Il pescato in tutte le sue specie e forme e il pomodoro rosso d’estate.

 

Che colore regaleresti alla persona che ami?

 Cedroni: Il bianco.

Pompili: L’oro. In tutte le sue declinazioni. Oro grezzo sul giallo. Caldo e avvolgente.

Uliassi: Il rosso, ovvio. Ho appena regalato a mia moglie una lampada rossa a forma di cuore. A casa mia in un vaso ci sono sempre due rose rosse, una per mia moglie, un po’ più alta, e una per mia figlia, un po’ più bassa. Ma credo che loro non se ne accorgano più.

Carla Latini 

Dai moscioli al pecorino di fossa: quando il food lo trovi per le strade marchigiane

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Sono passati giusto 7 anni da quando, nel febbraio del 2008, feci da Cicerone a Stanislao Porzio, scrittore e giornalista, che stava lavorando ad una collana regionale sui cibi di strada. Erano tempi non sospetti e nessuno cavalcava il “furgone” come adesso. I primi cibi di strada marchigiani che mi vennero in mente furono le olive ascolane fritte. Portai Stanis da Zè Migliori nella splendida piazza di Ascoli Piceno. Era Carnevale e ci toccarono anche caldi dolci fritti. Il furgone di Zè con il pollo allo spiedo ci trasportò, per un attimo, con la memoria, sulle coste del sud della Francia: cosce e ali di pollo da mangiare con le mani. Dopo  altri si sono ispirati. Li trovate fra Ascoli, San Benedetto e Porto Sant’Elpidio. L’ape scottadito, Nudo & Crudo,  la Vaca Paca. Per il pollo c’è il Pollo d’oro a Civitanova Marche.

Eravamo poi risaliti verso Ancona. Prima tappa Portonovo ed i moscioli. I moscioli sono un vero e proprio cibo di strada. Chiedete a Marcello Nicolini del Laghetto di Portonovo: cartocci di moscioli gratinati e cartocci di pesce fritto da portare via, un cult in ogni porto che si rispetti, da San Benedetto a Senigallia passando per Portonovo. A Senigallia Mauro Uliassi si è inventato Uliassi Street Good, la cucina diventata roulotte. Stanis si volle fermare ad Ancona, da Morena accanto alle 13 Cannelle. Crocette, stoccafisso e cibi di mare da mangiare passeggiando per il corso. Di fronte, da sempre, prima che qualcuno lo nominasse cibo di strada, Gabriele Capannelli affettava porchetta di Offagna e la accompagnava con due fette spesse e croccanti di pane di Varano. La porchetta, insieme alle spuntature, sono il cibo marchigiano più comune se vogliamo parlare di street food, ma di spuntature buone, in giro, non ne avevo trovate. Così Stanis le aveva descritte come in un ricordo lontano. Invece ad Agugliano c’è Panini Ristoro la Chiusa. Panini con le spuntature che meritano una tappa.

A proposito di panini, buoni e psichedelici, feci assaggiare a Stanis quelli di Moreno Cedroni di Anikò a Senigallia. Cibo pronto da portar via per far finta che a casa c’è uno chef a domicilio che si chiama Cedroni. Non fatevi ingannare dalle insegne che celebrano specialità napoletane o sicule. Che millantano cartocci di fritti alla marchigiana. Spesso i cartocci grondano olio di pessima qualità. Usate gli occhi e il naso prima di usare la bocca. Sulle nostre coste diversi furbetti che cavalcano il “furgone” sono dei semplici “scongelatori” di piatti pronti.

 Marche è anche pecorino di fossa. Con Stanis andammo, accompagnati da Lucio Pompili, da Vittorio Beltrami a fare un percorso nella sua bottega attraverso la degustazione di pani, oli, salumi e formaggi. Alla ricerca del panino perfetto. Non conoscevo ancora Giulia Honorati, che alleva bufale da latte in quel di Jesi. Giulia ha proprio il cacio bus con mozzarelle, yogurt da sogno ed ogni ben di Dio legato alla bufala.

Proprio oggi ho parlato di tarocchi, di copia incolla last minute, con Carlo Betti. Ma chi è Carlo Betti? Un amico colto che viene dal mondo della radio e che, per tanti motivi che non sto qui ad elencare, si è rimboccato le maniche e ha ricominciato a “studiare”. A 50anni ha fatto il lavapiatti e poi l’aiuto cuoco. Ha imparato a fare la pizza e si è innamorato di un’idea/furgone vista a New York e in Canada. La sua idea poi è stata trascinata dagli eventi e si è trasformata ne il FurgoncinoLo potete beccare a Pesaro, da cui parte, ma anche in giro per l’Italia in certe speciali occasioni. <<Non voglio mica diventare Uliassi, che mi chiama streetfooder, e neanche Cedroni, che dopo che si è esibito da me sta pensando di mettere le ruote ad Anikò. Ma i miei panini li faccio bene – racconta – Con materie prime marchigiane e non, mi sento glocal dentro. Ho scelto una ciabattina all’olio per il pesce, un pane ai cereali per le carni e uno alla quinoa per i vegetariani e vegani. I formaggi sono di Beltrami>>. Quando si dice che il cerchio si chiude. Dal Furgoncino di Carlo escono panini e musica rock. Ed i panini si chiamano Deep Purple o Vasco.

L’ultima tappa con Stanis fu ad Osimo. Ci regalammo un panino pomeridiano da Marisa alla Tavernetta del Corso. Stanis assaggiò il ciauscolo per la prima volta. Marisa è sempre lì. Con le leccornie di strada rigorosamente Made in Marche.

Carla Latini

Henry Ruggeri, il fotografo delle rockstar. Tutta colpa di quelle prime foto “sbagliate”

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Henry Ruggeri, passione fotografia rock, ora professione fotografo in un sogno che parte da lontano. Cinquant’anni nascosti nel migliore dei modi, <<la musica mantiene giovane>> dice lui e in effetti sembra funzionare. Se lo vedi uno sconto anagrafico di almeno 15 anni, lo merita tutto. Nato in terra marchigiana e innamorato soprattutto del suo mare, inutile tentarlo tanto lui rimane qui. A lui il rock ha permesso di uscire fuori dai confini, di non accontentarsi di essere solo un fan ma di far parte integrante dello show. E dire che il primo servizio fotografico amatoriale l’aveva cannato alla grande, nel 1987 con gli svedesi Europe sul palco. Un intero rullino scattato con la sua macchinetta “usa e getta” e dentro niente. Forse era il caso di comprare un attrezzo serio. Un proposito che mette in atto nell’immediato 1988 grazie al suo gruppo preferito, i Ramones. Acquista i biglietti di tutti gli spettacoli, si propone anche al fans club di diventare il loro click esclusivo e si spaccia infine per un professionista con il gruppo. Tutta va alla meraviglia e da lì in poi Henry diventa una parte essenziale dell’entertainment. Certo se a questo poi aggiungiamo i suoi 20 anni con il glorioso Rockaway, tanto per cambiare un altro titolo ispirato ai Ramones, il suo indimenticabile locale a Porto Potenza Picena. Anche nel suo impegno da papà non ha dubbi, il nome è John. Perché? <<Un omaggio a John Ramone>>, dice sorridendo quasi volendosi scusare aggiunge <<ma anche a Lennon>>.

Il suo amore per la fotografia ce lo riporta in giro fra Italia ed Europa negli appuntamenti che contano. Nel suo medagliere troviamo la collaborazione con Raro, la rivista italiana più longeva della storia musicale nazionale. Oppure sugli scatti pubblicati puntualmente su Virgin Radio. Inoltre negli Hard Rock Cafè italiani, tanto per citare dei mostri sacri del settore, c’è la sua firma. E il 2015 cosa ti offre? <<Fotografo ufficiale per la data italiana (già fatto) e presto Kiss, Ac/Dc, Deep Purple e Counting Crows. Qualche mostra fotografica e magari – quasi a voler sposare la nostra filosofia – una rubrica su Tyche Magazine>>. Che dire? Lui il tempo lo inganna. Ecco la ricetta per rimane un sempre giovane.

 

Kruger Agostinelli

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