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Il rito del cibo d’asporto a Cingoli, tradizione e sorprese

in Senza categoria da

Il Tetto delle Marche, il giorno dopo Ferragosto Più su sempre più su… Cingoli si arrampica fino a guardare negli occhi il San Vicino. La domenica dopo ferragosto oscurano il cielo nuvole nere cariche di pioggia. Sono davanti al Ristorante dei Conti. Da qui si vede che a Senigallia piove a dirotto. L’Hotel che ospita il Ristorante al piano di sotto è fermo nel tempo. Elegante e sofisticato come qualche decina di anni fa. Un grande giardino pieno di alberi da frutto e piante esotiche lo circonda. Qua e là ombrelloni e tavoli ricordano che si pranza e si cena all’aperto. Cingoli per me vuol dire agnello alla brace (mi perdonino i vegetariani), coniglio ripieno, funghi, tartufo. Tagliatelle e tortelli ripieni. Ciambelle e anisetta. Quasi sotto l’Hotel c’è un’importante pista da motocross. Ci fanno gare nazionali. Le moto ronzano come zanzare impazzite saltando da un ponte all’altro. Mi faccio impacchettare qualcosa e la porto via. Coniglio ripieno di delicatezze aromatiche. Leggero e profumato. Ora la mia macchina sa di bosco e di arrosto. Scendo verso la città. Se Cingoli è alta più di 600 metri il Ristorante dei Conti supera i 700 sicuro. Parcheggio per godere della passeggiata e della vita di paese divisa fra abitanti e villeggianti abituali. Sono anziani, molto anziani, famiglie con bambini, coppie di mezza età. Tanti ciclisti. Scambio due parole con delle signore in un bar accanto ad una rosticceria pizzeria che, anche oggi che è domenica, emana freschi odori di cucinato. Le Signore mi consigliano di fermarmi anche la sera. C’è Calici di stelle e tanti piccoli produttori locali. Qui intorno c’è una comunità di sardi che da anni alleva pecore e produce dell’ottimo pecorino. Anche lo yogurt! Mi informo se la rosticceria pizzeria ce l’ha. Mi dicono di si. Forse il coniglio che ho preso per pranzo è un po’ poco… forse. Sono curiosa di vedere cosa propone questa rosticceria ferma nel tempo come il Ristorante di cui sopra. Vincisgrassi sia bianchi che rossi. Cannelloni sia bianchi che rossi. Polli arrosto al forno ed allo spiedo. Patate. Verdure grigliate e fritte. Olive ripiene e cremini. Immagino che starete pensando: “Che noia le solite cose. Manca il vitell tonné e ci siamo tutti’ Invece il vitell tonné non c’è ma un c’è un arrotolato di vitello tipico di queste parti. Fatto solo con verdure strapazzate. Ne prendo qualche fetta insieme alle patate che sembrano buonissime. Mezza pizza di formaggio che è più formaggio che pizza. Una forma di pecorino stagionato. Mentre scelgo la strada più breve per rientrare a casa si è già fatta quasi l’una. Lentamente tutti i ristoranti della zona si riempiono di gente. Anche il mio Dei Conti era già sold out. Mi vengono in mente i pranzi di una volta. Tavolate di antipasti, primi, secondi, contorni, e dolci. I classici mari e monti. A casa, mentre mi guardo Valentino Rossi, assaporo con calma i miei “cibi comprati”. Sono buoni. Molto buoni. Come se li avessi fatti io. Il pecorino supera ogni aspettativa e mi fa sentire a casa ancora di più. In fondo sono marchigiana adottiva. Ed è Cagliari la città che porto nel cuore. Devo tornare e farmi accompagnare direttamente da qualche pastore e casaro… poi, come al solito, vi racconterò…

Carla Latini

I vincitori del Gelato Festival e i segreti per riconoscere un buon prodotto

in Mangiare e bere da

Leonardo Paialunga Il Pinguino di SenigalliaEstremamente dolce il confino fra vincitori e vinti al Gelato Festival di Senigallia. Noi di Tyche Magazine eravamo in giuria. Diciamo subito chi si è aggiudicato il primo premio? Giovanna Bonazzi, unica non marchigiana fra i cinque concorrenti. Rappresentava infatti la gelateria La parona del gelato di Verona, con il suo Cappuccetto Rosso. Gli ingredienti del successo sono stati latte, panna, zucchero, esse di bosco, croccante (biscotti), lamponi e come optional una pipetta con rosolio di lamponi. Mentre la nostra giuria tecnica ha premiato Leonardo Paialunga, della gelateria Il Pinguino di Senigallia, con il gusto in gara Tramonto di ponente. A basi di cioccolato, amarene e granella di amaretti.

Giuria Gelato Festival Senigallia 2015Far parte della giuria diventa paradossalmente un impegno, perché questo “lavoro” si consuma in un goloso assaggio, che deve essere diviso in tanti piccoli ma indispensabili giudizi. Ci piace descriverlo, per rendere più professionale la degustazione su coppetta o su cono, grazie alla spiegazione di Antonio Mezzalira, direttore di Gelato Festival . Come partenza va detto che si è in grado di dare un giudizio dopo tre palettate: la prima per raffreddare il palato, la seconda per comprendere la consistenza del gelato ed infine per affrontare l’analisi del gusto. Sono otto i quesiti che permettono di determinare la qualità di un buon gelato artigianale:

1) Coerenza del colore con il gusto; ovvero il colore deve risultare verosimile al gusto dichiarato.

2) Comprensione immediata del sapore; se il gelato è buono e genuino, più è facile identificarne ogni diverso sapore e percepire l’equilibrio degli aromi.

3) Livello di dolcezza; ovvero, per quanto sia un parametro personale, il gelato deve avere un equilibrio di dolce. Poiché se eccessivo risulta stucchevole.

4) Livello di cremosità; una sensazione indispensabile. Guai se si avverte untuosità eccessiva o una consistenza troppo acquosa.

5) Percezione di freddo; l’impatto termico con il palato non deve mai essere eccessivo.

6) Presenza di cristallizzazione; ovvero se avvertite dei cristalli di ghiaccio è chiaramente un difetto. Come del resto la sabbiosità di cristalli di zucchero o di lattosio.

7) Persistenza del sapore; il gusto del gelato deve rimanere presente in bocca per qualche istante. Se invece sparisce subito, o se resta troppo a lungo, non è un buon segno.

8) Velocità di fusione; se è troppo rapida dimostra una bilanciatura imperfetta degli ingredienti. Se invece non si scioglie, ciò potrebbe essere segnale della presenza di ingredienti ambigui per un gelato artigianale.

Ed ora buon gelato e permettetemi di citare, anche se non ha vinto ma è stato molto di mio gradimento, quel Mare di Inverno ispirato ad Enrico Ruggeri, proposto da Joseph Guerrera, della gelateria Joseph di Marotta. In linea con gli altri partecipanti, un gelato composto rasentando la filosofia della pasticceria. A base di latte, panna, mascarpone, noci e addensanti naturali. E comunque siano i vostri gusti, sempre viva il gelato artigianale italiano.

Kruger Agostinelli

Drigo: “il rock italiano del futuro? Ancora i Negrita”

in Senza categoria da

Negrita Tour 2015 approda ancora una volta in terra marchigiana, toccando la provincia di Ascoli Piceno e precisamente Centobuchi di Monteprandone. Un appuntamento che i fans dello storico gruppo toscano, quasi 25 anni di attività, non si sono lasciati sfuggire. Nessuno spazio per le sedie e tutti in piedi a cantare e a ballare. E tutti si sintonizzano con “Radio Conga” e con le altre hit che scorrono veloci e per dirla con le loro parole “E vivere una notte lunga una vita… avere il suo profumo ancora tra le dita…”

Drigo dei Negrita e Kruger AgostinelliNel dopo concerto ci intratteniamo con Drigo, che insieme a Cesare e Pau, sono l’anima della band.

Ciao Drigo quasi 25 anni di carriera con i Negrita e il passaggio dal fisico cd al virtuale I Tunes e Spotify delle vostre opere discografiche. Ci perde un po’ la musica in tutto questo?

<< Siamo osservatori anche noi di questo cambiamento. Quello che è importante per una band come noi, è avere la possibilità di poter continuare la nostra attività live. Del resto è la nostra primaria risorsa e anche il più grande divertimento per verificare lo stato di gradimento della nostra musica>>.

Prima l’era dei Litfiba, poi voi e ora il rock chi lo rappresenta in Italia?

Sorride e aggiunge <<Vedo, ancora, noi>>.

Drigo, ho letto di una tua partecipazione artistica, in passato, con Francesco Renga. Qualche altro nome con cui vorresti collaborare?

<<Non sono uno che va alla ricerca di questo ma se capita non mi tiro indietro. Eppure ti confesso che un grande rammarico ce l’ho. Quello di aver conosciuto Pino Daniele e di aver parlato con lui di possibili cose da fare insieme. Ma non c’è stato il tempo. Ecco, questo mi manca>>.

Leggevo che tuo fratello, per fortuna, ti ha iniziato con Black Sabbath e Led Zeppelin al rock ed in effetti il tuo stile di chitarrista è solidamente rock. Ce la fai una lista di chitarristi preferiti di ieri e di oggi?

<<Non suonerei in questo modo se non avessi ascoltato, prima di tutti, Mark Knopfler, perché suono con le dita. Poi degli storici preferisco Eric Clapton, Dave Gilmour, Jimi Hendrix, BB King, Ry Cooder, George Harrison e Steve Ray Vaughan. Mentre dei più rcenti, il chitarrista che stimo tantissimo è The Edge degli U2. E’ innovatore, direi che ha cambiato il modo di fare musica in tutto il mondo. E poi mi piace molto Josh Homme dei Queens of the Stone Age>>.

Sei legato da qualche ricordo o aneddoto alle Marche, come luoghi o come persone?

<<Come raccontai nel mio libro “Rock Notes”, Una volta presi un sasso da una spiaggia di sassi. Su una faccia, con un pennarello feci un disegno, sull’altra scrissi: io porto fortuna e lo rimisi pressappoco dove l’avevo trovato. Questa volta l’ho fatto nelle Marche>>.

Mensilmente facciamo filosofeggiare i nostri intervistati su una parola, questa volta tocca a Tyche. Ti aiuto. Nella mitologia greca era la personificazione della fortuna. E allora la fortuna che ti fa venire in mente?

<< La mia fortuna è di essere in una band che è al tempo stesso un gruppo di amici. Non potevo chiedere di più>>

Kruger Agostinelli

 

Che profumo è Mauro Uliassi? Un’essenza creata da Ilde Soliani

in Moda da

Succede che una signora “naso” – il suo è piccolo ma molto allenato e sensibile ai profumi ed ai sapori della cucina – capiti spesso nelle Marche perché innamorata del “naso culinario” di Mauro Uliassi. Così tanto innamorata da dedicargli un video, unico nel suo genere, nel quale Mauro, addirittura, canta. E pure molto bene. Ilde Soliani è una mia buona e cara amica, l’avete capito, e nella vita crea profumi che poi vende nelle più chic boutique del mondo. Nel suo piccolo tour nelle Marche, ha sostato da Ramona ed Errico al ristorante Andreina, da me allertati sulla qualità e sulla sincerità del personaggio (Ilde dice sempre, veramente, quello che pensa). Dopo la cena si sono intrattenuti fino alle 4 della mattina. A parlare di quello che uno che si siede a tavola e l’altro che cucina e l’altro ancora che serve, vorrebbero dalla vita. Dalla vita professionale che si intreccia e non si slegherà mai con quella personale. Il giorno dopo carico Ilde sulla mia piccola macchina e torniamo a Loreto. Alle 4 della mattina la Basilica era chiusa. La porto nella Sala del Pomarancio a conoscere il “mio ciuchino”. Il ciuchino più bello della storia dell’arte. Almeno per me. Entrate, alzate gli occhi verso sinistra. I suoi occhioni azzurri vi guarderanno in ogni luogo voi siate. Immagino di averlo già scritto e, se l’ho fatto, chiedo scusa. Io ed Ilde siamo lì mentre il suo cameraman, nonché fotografo, cerca di cogliere qualcosa di buono in una luce rarefatta. È quasi l’una. Il sole dalle finestre ovali della Basilica entra a picco e rende tutto senza contorni. Anche noi. Une breve visita alla Casetta di Maria e poi, a proposito di contorni, ci viene fame. Sono le due. Decido che qualcuno dei miei amici cuochi a Portonovo riuscirà ad accogliere “tre pellegrini” come noi. Due pescetti fritti non si negano a nessuno. Detto ma non fatto.

Mentre con Ilde ricordiamo delle idee di Uliassi che ci emozionano, come Bagnasciuga e il burro con l’acqua di ostriche; mentre ricordiamo l’oliva da ricomporre di Errico, mi trovo a discutere, senza metterci troppo tempo, con i parcheggiatori di Portonovo che, capisco siano in “alta stagione esagerata”, ma non offrono un minimo di collaborazione. Vabbè! È <<alta stagione esagerata!>>. Ai miei amici propongo due bolle locali, due tipi di ciasculi diversi e due spaghetti a casa mia quando, miracolo, un parcheggiatore, complice un amico cuoco, ci fa “poggiare” la macchina. Che è molto diverso da parcheggiare. Due spaghetti con i moscioli e due pescetti fritti ci fanno dimenticare che c’è un esercito di automobilisti che deve parcheggiare. Ilde a fine serata mi fa annusare i suoi nuovi nati. Profumi che sanno di sapori e luoghi. Sapori e luoghi che profumano? Decidete voi. Uno sa di ciliege si chiama: una tira l’altra. Uno è dedicato a Mauro Uliassi: burro e acqua di ostriche. Un altro sa dell’aria notturna dell’esterno di una discoteca vicino Modena. Un altro ancora sa di cespuglio mediterraneo con origano, rosmarino, menta, salvia, basilico, pomodoro e si chiama Buon Appetito. L’ultimo è Peccatrice. Un peccato di gioventù che mi spruzzo molto volentieri. In questi giorni so di ciliegia. Poi vedremo. Volete sapere dove è andata a cena Ilde quella sera? Indovinate… Per saperne di più su di lei, i suoi profumi e i suoi video, c’è un sito e la sua pagina Facebook.

Carla Latini

Non è estate senza verdure gratinate. Una ricetta semplice e sfiziosa

in Senza categoria da

D’estate in Italia esplodono pomodori, zucchine, melanzane e peperoni. Gli orti, generosi, aspettano solo di essere alleggeriti e raccolti. Cucinate insieme nella classica ratatouille sono ottime ma se accendete la griglia o il forno…e grattugiate, in modo grossolano, la mollica di pane secco che sta “oziando” nel cesto, potete preparare una ricetta unica e a tutto pasto. La crosta destinatela a qualcos’altro. Ma non alle verdure gratinate. La crosta, grattugiata fine, sarà ottima, appena scaldata, per saltare in padella formati di pasta vari. Usata al posto del più ricco parmigiano. Sembra facile fare le verdure gratinate? Il forno va tenuto caldo da quando cominciate a lavorarle. La mollica di pane va condita con aglio, a chi piace, prezzemolo, a chi piace (tanto il prezzemolo non sa di niente) erba cipollina (che sostituisce l’aglio), origano, menta, basilico e tutto quanto il vostro orto/terrazzo vi offre. Poco sale e olio evo. Tanto olio. La mollica deve risultare ben separata e non “ammallopparsi” come spesso accade alle verdure gratinate che compriamo al supermercato. Ecco, quelle sono proprio l’opposto di quelle che dico io.

Armatevi di carta da forno, tagliate le verdure a metà, se sono troppo grandi anche a tre, quattro strati, non togliete nulla, né acqua dai pomodori né semi, “mollicatele” senza pressione, senza fare quella sorta di mattonella unta, quella appunto dei supermercati, infornate a 160/180 gradi coprendo con la carta da forno. Aspettate di “sentirle” con la forchetta. Quando la forchetta si infilza senza difficoltà, togliete la carta da forno sopra e lasciate gratinare per un po’. Il vostro po’. Vi piacciono belle dorate? Vi piacciono quasi croccanti? Oppure appena bionde? Tanto la base è cotta.

Portatele a tavola subito calde o domani fredde. Sono buone sempre e fanno anche piatto unico con fette di pane appena scaldato, una bruschetta poco aggressiva, con verdure varie in insalata e vino bianco fresco.

Bella l’estate!

Carla Latini

Intervista a Pezzali: ecco come farò decollare l’astronave Max

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Grande attività promozionale per Max Pezzali pro “Astronave Max”. In attesa del tour che esordirà proprio da Ancona, venerdì 25 settembre, organizzato da Tyche Eventi. Lo raggiungiamo telefonicamente e trasformiamo un’intervista in una piacevole chiacchierata. Max offre risposte che riescono a descrivere il reale cambiamento della scena panoramica musicale e discografica degli ultimi anni.

Max, hai contribuito alla vendita di otto milioni di dischi. Ora il supporto è in estinzione e sta diventando virtuale. Non pensi che la mancanza fisica del disco possa essere stato un danno notevole per la musica?

<<Credo che la poetica dell’acquisto dei dischi e l’appagamento nell’avere l’oggetto fisico si siano un po’ perse già con l’avvento del cd. Un supporto apparentemente comodo e pratico che però ha tolto molto del piacere e del fascino di possedere musica. Ad un certo punto, a livello distributivo, si è deciso di puntare sulla scelta più comoda. Tutto ciò che è più agevole diventa quindi vincente. Oggi assistiamo alla tendenza a smaterializzare i contenuti. E’ capitato con la musica, adesso sta succedendo con film e telefilm. Quando viene smaterializzato un contenuto artistico questo è più facile da reperire sul mercato, ma così il fruitore si disamora più facilmente del contenuto stesso. Questo uso immateriale porta ad un consumo superficiale, quasi compulsivo. Una canzone va per uno, due, tre mesi e poi diventa vecchia. Non c’è voglia di approfondire la conoscenza di un artista ascoltando il suo album per intero>>.

Facciamo un’equazione musicale: Max Pezzali sta a Claudio Cecchetto come quelli di Amici stanno alla De Filippi. Cosa è cambiato nella musica?

<<E’ cambiata l’equazione stessa. Cecchetto era ed è un produttore musicale che si occupava e si occupa solo di musica. Faceva televisione come dj e solo per quel tipo di programmi sulla musica. Ora con il talent è diverso: un contenitore televisivo molto importante diventa veicolo non solo di promozione ma anche di produzione musicale. Si è spostato l’asse, con la musica che è asservita alle necessità di spettacolo della televisione. Spesso la musica invece non è spettacolare perché è anche intima. Il processo più importante nella musica, per me, è quando si scrivono le canzoni. Un’operazione che è interiore, che spesso si fa dentro una stanzetta buia. Questo lavoro non si può raccontare in tv perché non è spettacolare. In televisione diventa necessariamente più importante l’aspetto scenico, la gran voce, i grandi sentimenti, ma difficilmente il processo creativo>>.

C’è chi ti considera il cantore delle storie di provincia degli anni Ottanta e Novanta. Ti ci senti? E nel 2015 chi ti senti di rappresentare?

<<In linea di massima credo che chi racconta qualcosa con delle canzoni racconta se stesso. C’è sempre una componente autobiografica. Magari c’è chi raccoglie qualcosa dalle storie degli altri, ma, almeno nel mio caso, parlo spesso dell’ambiente che mi circonda. Ho descritto gli anni Ottanta e Novanta seguendo il mondo che mi circondava, che era quello della provincia e dei luoghi in cui sono nato e cresciuto. E che continuo a vivere. Oggi, visti i cambiamenti che ci sono stati nella mia naturale evoluzione biografica ed anagrafica, credo sia normale che io parli di cose diverse, ma che sono sempre parte del mio vissuto. Chi rappresento al momento? Non so. Racconto delle cose. Poi le persone, magari di altre generazioni, possono condividerle o no. O magari le hanno vissute o le vivranno>>.

Inevitabile che ti chiediamo del nuovo tour. Cosa ci puoi anticipare? Insomma, delle buone ragioni per acquistare il biglietto.

<<La ragione principale è che deve piacerti quello che faccio. Chi ama, ha amato, o semplicemente si è divertito con le mie canzoni le troverà fondamentalmente tutte. Sono dell’idea che i tour non debbano essere troppo incentrati sulle dinamiche dell’ultimo album. Quando hai tanti anni di carriera devi fare quello che le persone vogliono sentirsi raccontare. Cioè in parte la colonna sonora dei loro anni. Cercheremo di farlo però con una nuova veste grafica e scenografica, prendendo dall’ultimo album il pretesto dell’idea dell’astronave. Il tema spazio è sempre divertente da affrontare e lo faremo con parti visive e grafiche di effetto>>.

Ci diamo appuntamento per un’altra chiacchierata e forse gli strapperemo una promessa prima del concerto. Seguiteci con fiducia che Max Pezzali non ci deluderà.

Kruger Agostinelli

Max Pezzali ad Ancona, venerdì 25 settembre 2015 ore 21,30 al PalaRossini. Infoline 0733 817259 – Prevendite online su TicketOne Ciaotickets

Per maggiori informazioni sul concerto di Max Pezzali ad Ancona consulta il nostro sito degli eventi.

Marco Santini va oltre la sviolinata

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<<Sai Kruger, ho deciso di chiedere pubblicamente alla mia fidanzata di sposarmi nel corso di uno spettacolo ad Osimo>>. Marco me l’aveva confessato, con una punta di legittima timidezza in redazione, nel pomeriggio in cui è stato ospite del Tyche Live (potete riviverlo QUI). Insomma niente a che fare con una “carrambata” televisiva: solo sentimento puro, condito dal frizzante piacere della sorpresa. <<Sono scelte che ti fanno diventare improvvisamente un principe azzurro per il pubblico femminile – mi racconta sorridendo – ma nel tempo stesso rischi di diventare un invadente esempio per la maggior parte del pubblico maschile>>.

Andiamo per ordine. Stiamo raccontandovi di Marco Santini, eccellente violinista, autore e direttore d’orchestra che alla fine del concerto di Ferragosto, all’interno del Duomo di Osimo, ha fatto una dichiarazione di matrimonio alla sua amata, Nicoletta Giorgi, di fronte ai 1200 intervenuti. Emozionata e felice, Nicoletta ha accettato l’anello che Marco, ovviamente inginocchiato di fronte a lei, ha donato come promessa d’amore.

Attenzione, non è stato uno show ma il gesto innamorato che Marco, dopo aver suonato per un’infinità di matrimoni, ha voluto dedicare a se stesso e alla loro futura vita insieme. << Un amore davvero nato per caso, durante un viaggio negli Stati Uniti, dove all’epoca Nicoletta, anche lei osimana, risiedeva>>.

E poi? Un lungo applauso fra la sorpresa e la commozione della sua gente in quell’indimenticabile sera di Ferragosto. Un amore bello che si spera sempre possa essere contagioso.

Kruger Agostinelli

A Cagli c’è la Gioconda, quando il sorriso entra in cucina

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Scesi due gradini, Lei, la signora più fotografata della storia dell’arte, è lì. Gabriele Giacomucci confessa la sua passione e la circonda di Magnum di Champagne. Il locale di Gabriele sa di storia. I soffitti a volte raccontano il passato di Cagli.

Alle pareti, coerenti con l’amore per l’arte che identifica tutta la famiglia, ci sono quadri contemporanei in bella mostra. Anche il menu è una piccola opera d’arte. I piatti non sono descritti ma disegnati attraverso gli ingredienti che li compongono. Ad esempio per la carbonara di verdure ci sono gli spaghetti, una carota, una melanzana, un uovo, un pomodoro e un pezzo di cacio pecorino. Sono le 11. E’ presto per mangiare ma tardi per cucinare. Il privilegio più grande che possa regalarsi uno che ama mangiare e cucinare è quello di mimetizzarsi fra un frigorifero ed un abbattitore e origliare, in silenzio, gesti, frasi e suoni di un cuoco. Gabriele mi permette ciò e ne sono onorata. Stanno preparando il mojito che accompagna la macedonia di frutta. Zucchero, acqua, rum. Foglie di menta. Il tutto prima scaldato e poi messo a congelare in piccoli bicchieri neri che saranno portati in tavola belli ghiacciati. Gabriele ha un paio di aiuto cuochi e l’aiuto più prezioso: mamma Carla. Sorridente e bella come la Gioconda.

Gabriele e Carla per TycheMamma Carla sta preparando il condimento per gli spaghetti alla carbonara di verdure. Alcune stufate nel forno, altre saltate in padella. Il segreto di questa carbonara sta nella cottura del pomodoro che diventa quasi “conserva”. Unito all’uovo ne accentua il colore che è la sorpresa all’interno del piatto. Mi racconta che questo piatto raggiunge il suo apice nella stagione del tartufo nero. Non faccio alcuna fatica ad immaginarlo.

Qui si respira cultura di carne. Anche se la compagna di Gabriele è vegetariana. Poco importa. Gabriele e mamma Carla fanno dei polli al forno, delle faraone ripiene e delle costate che se solo volevate diventare vegetariani guarirete subito. Le carni sono assolutamente locali e estere di grande pregio. La capacità della frollatura e della cottura le esaltano. Gabriele mi ricorda le diverse cotture dei volatili divise per petto, ali e cosce. Durante l’inverno il menu della cacciagione è gaudente e succulento ed attira clienti dalla costa. Cagli è quasi al confine con Toscana e Umbria. Risente dell’influenza positiva delle due regioni culturalmente forti in fatto di territorio. Il turismo estivo, mi racconta Gabriele, è un turismo colto che viene, soprattutto, dal Nord Europa. Gode dell’aria frizzante della montagna e delle animazioni serali che accendono la notte. Le sale della Gioconda si prestano perfettamente a rievocazioni medievali. Sembra quasi che i muri, a mattoncini, siano intrisi di ricordi e di profumi. Quando non lavora, il lunedì, Gabriele scende verso il mare e va a trovare i suoi amici cuochi ed a scoprire talenti. Ben 10 anni di Gioconda sono un eccellente biglietto da visita. <<Dove vuoi farti fotografare? All’entrata sotto l’insegna? Accanto alla Gioconda? In cucina?>>. Per non sbagliare scatto fuori, dentro ed in cucina. Poi incrocio gli occhioni di mamma Carla e decido io per tutti. Due sorrisi, quelli che vedete in questa foto, che svelano l’amore per la materia prima e l’amore per come utilizzarla al meglio. Chi come loro lavora la carne e la cacciagione ha quella marcia in più che si chiama rispetto. Fatevi un paio di giorni a Cagli. Ogni stagione, in mezzo a queste montagne, ha il suo fascino. Ed una cena dalla Gioconda sarà il modo giusto per entrare nell’anima di questo affascinante territorio marchigiano.

Carla Latini

Michele Biagiola e gli spaghetti da leggere e da gustare

in Libri da

 

La naturale conoscenza della terra, di erbe aromatiche, misticanze e di quanto un orto (preferisco dire campo) ci può offrire in fatto di ricchezza di sapore e di verde, è il tesoro che fa grande la cucina di Michele Biagiola. Non un recupero di ricordi, permettimi Michele, ma un mantenere sempre vivi i ricordi. Io la vedo così.

A Futura Festival, in un incontro condotto da Valentina Conti, Michele prima di tutto ha parlato di portulachia, che si chiama così perché era l’erba che infestava i gradini dell’entrate dei portoni delle case di campagna. L’anno scorso avevo la portulachia in terrazzo, trapiantata in un grande vaso. L’avevo presa dal campo ma lei ha preferito tornare sul campo. Selvaggia come deve essere. Confermo, per chi non l’ha mai mangiata, che è un erba saporitissima con foglie carnose e “cicciotte”. Ottima da fare in insalata insieme a tante altre erbe spontanee ed aromatiche oppure anche cotta. Saltata in padella con cipolle, carote, peperoncino e dei ciliegini. Con la portulachia Michele Biagiola fa gli spaghetti più buoni del mondo. Spaghetti artigianali marchigiani con tante erbe diverse, cotte o crude, e fiori eduli. Il libro di Michele si intitola proprio “Spaghetti”. Perché sono gli spaghetti italiani ad essere conosciuti al mondo e non la “generica pasta”. In Giappone per dire pasta si dice ‘Spaghetti’.

Nel libro ci sono i segreti per riconoscere gli spaghetti artigianali da quelli industriali. Consigli per la cottura (che condivido appieno!) e ricette più o meno facili. Sicuramente ri-fattibili.

Valentina, che ammette di riuscire a far seccare anche il cactus che ha in balcone, è molto incuriosita: <<Tu sei magro Michele e mangi tanta pasta?>>. <<Si mangio spaghetti tutti i giorni. Ma la pasta non ingrassa>>. Da qui in poi, se prima mi era piaciuto molto, ora non posso non fare un solitario applauso spontaneo!

Michele sfata il “mito” della pasta risottata. Racconta che diverse sue amiche/clienti risottano la pasta pensando di fare una cosa intelligente. La pasta risottata trattiene tutti gli amidi e diventa troppo pesante da digerire. Basta una semplice mantecatura di uno, massimo due minuti, nel condimento ben caldo e fuori dal fuoco. Se gli spaghetti sono scolati ben al dente e sono dei grandi spaghetti artigianali il gioco è fatto. Concordo.

<<Come vedi il futuro del mondo della cucina?>>. Michele ammette che per fortuna se ne fa un gran parlare. Un fenomeno mediatico che non finirà presto. Ma oggi abbiamo tutti poco tempo a disposizione e finiamo sempre nel solito supermercato. Nemmeno lui che è un ricercatore di “cose buone” qualche volta riesce ad andare dal produttore a fare due parole per imparare ancora e crescere. <<Sei pessimista?>> gli chiede Valentina. <<No sono realista>>. Michele vorrebbe che la sua portulachia diventasse il simbolo della terra che vince sul consumismo e sulle leggi di marketing.

Per me lo è già diventata.

E quando Valentina gli domanda quale ricetta cucinerebbe alla persona che ama, risponde serio:

<<I miei spaghetti con verdure cotte, fiori e verdure crude. Stasera quando andate a casa raccogliete le erbe del vostro balcone, cucinate dei buoni spaghetti artigianali, conditeli con olio extra vergine e con tutte le erbe. Non importa in che percentuale. Fatelo. Sarà un piatto magnifico per la persona che amate>>.

Abbiamo toccato il cuore del nostro chef. Michele qual è il tuo piatto della memoria? Michele non esita e subito risponde: <<L’insalata di cetrioli e pomodori che mi facevano quando ero piccolo. Ancora sento quel sapore in bocca>>.

La mia storia dedicata a Michele Biagiola per Futura Festival finisce qui.

Ora vado a casa a farmi una profumata insalata di cetrioli e pomodori, quest’anno, come conferma anche Michele Biagiola, sono buonissimi. E voi che mi avete letto ora dovete assolutamente andare da Michele nel Ristorante Le Case in Contrada Mozzavicci a Macerata.

C’è anche una pizza che non avete mai mangiato…

Carla Latini

Ad Ascoli un Renzo Arbore ad “Alto Gradimento”

in Senza categoria da

Renzo Arbore ci fa un volante saluto prima del concerto, con un bacio a Carla Latini e uno scatto con il terzo numero cartaceo di Tyche Magazine, che riporta la sua intervista. Non nasconde gli acciacchi che i suoi 78 anni rendono legittimi, ma quando sale sul palco ridiventa un leone. La goliardia di sempre, quell’irresistibile umorismo del sud che la “erre” moscia rende aristocratico. Il tutto condito da tanta, ottima nostalgica musica italiana con la predilezione alla componente partenopea. Più che un concerto quello con l’Orchestra Italiana è un programma. Uno di quei suoi programmi che in radio e tv sono riusciti ad infrangere gli schemi classici del comunicare.

Lui, amante del rock’n’roll e dello swing, in fondo è il più italiano di tutti. Gioca con i suoi talentuosi musicisti e li rende personaggi con e senza lo strumento. Un menestrello che prende spunto con ironia della vecchiaia per alleggerire l’umore del numeroso pubblico intervenuto anche “in Ascoli”. Un ottimo banco di prova per l’organizzazione Tyche Eventi, in questa occasione impeccabilmente supportata dalla Simbiosi Marketing. Una menzione poi per il giovane sindaco di Ascoli, Guido Castelli, rivelatosi un buon corista. Una serata in definitiva, tanto per dirlo alla sua maniera, ad “Alto Gradimento”.

Kruger Agostinelli

Foto di Federico De Marco

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