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Tyche, l’opportunità per sconfiggere l’indifferenza

in Cultura da

<<Vi suggerisco di soffermarvi su quel quadrato esterno rosso, in una direzione volutamente esclamativa. Perché? Quelli siamo noi della redazione TYCHE alla costante ricerca di notizie capaci di generare vivacità nei sensi>>. Scrivevo così nel pezzo di apertura del nostro magazine, nel tentativo di spiegare il significato della nostra missione. Una specie di polo di energia sotto la scritta Tyche, quel termine che è nella mitologia greca la divinità della fortuna.

Ecco, quel quadrato rosso che oggi vedete emergere in prima pagina non è una sorta di “Gratta e vinci” ma è la concreta convinzione che solo il pensiero, il ragionamento, l’entusiasmo, i desideri, la creatività, il cuore che si emoziona e, perché no, la legittima ambizione, possono sconfiggere la palude dell’indifferenza, del tira a campare. Raccontiamo storie e pensieri di chi ce l’ha fatta e di chi ce la vuole fare. Raccontiamo di come è bello il nostro territorio ma anche di chi va fuori da questi confini e continua a provarci. Raccontiamo di eccellenze e di tendenze. Insomma cerchiamo di intercettare tutto ciò che determina un movimento, un’onda, un sussulto. Tyche è per noi l’identificazione della fortuna più grande che ognuno di noi può incontrare. L’opportunità.

Kruger Agostinelli

Tra i piatti del Focolare di Roma nascono i copioni dei grandi film italiani

in Cinema da

Roberto Stagnetta non è marchigiano ma “romano de Roma” da quando c’era la guerra. Ovvio non lui ma il nonno che già aveva aperto l’osteria nel quartiere Monteverde vecchio. Uno dei più verdi e vivibili di Roma. Scrivo che Roberto non è marchigiano perché mi sento quasi in dovere di giustificare questo pezzo che voglio dedicare a lui. Roberto è marchigiano di assoluta adozione. Amico di “biberon scolastico” di Kruger Agostinelli (che ha avuto l’infanzia di origini romane). Quando il nostro direttore si è trasferito, causa lavori familiari, a Falconara, Roberto non aveva ancora la macchina, prendeva il treno e veniva da Kruger. Entrambi 17 anni. Decenni fa. Roberto ama le Marche. Va così che per Tyche è un personaggio da leggere.

L’Osteria venne aperta durante la guerra. Minestre, spezzatini e tutto quanto poteva essere offerto e cucinato all’epoca. Rimane quasi così, nel senso dell’offerta classica romana, finché Roberto non ha l’età (e soprattutto l’età della ragione) per capire che bisognava alleggerire, togliere senza stravolgere. Le mie orecchie ascoltano storie già sentite: <<Non è stato facile convincere i miei ad abbinare ai pesci le verdure ed i legumi. Sempre nel rispetto dei piatti storici>>. Ora il Focolare è famoso perché sono in tanti ad andarci per i suoi numerosi antipasti. Si vivrebbe di antipasti. La posizione, casuale durante la guerra e strategica ora, gode delle persone che, bontà loro, abitano lì vicino o hanno poca strada da fare. Scrivo persone ma potrei scrivere la parola terribile che rende l’idea, ovvero, Vip. Non i Vip quelli portati dalle agenzie stampa pagate. Ma persone vere e importanti del mondo del cinema e dello spettacolo che sono solo amici del Focolare. Per Carlo Verdone, Roberto, nutre una profonda amicizia e anche una sorta di riconoscenza. <<Tutti pensano che Carlo sia uno fissato sui farmaci e medici e che sia di quelli che se stai poco bene ti consiglia un farmaco piuttosto che un altro. Carlo è uno che approfondisce e studia. Grazie a lui ho fatto degli altri esami che nessuno voleva prescrivermi ed ora sono qui che te la racconto>>. Sdrammatizzo e chiedo: ma Verdone cosa ama mangiare? <<Carlo è perennemente a dieta ma poi in effetti non è così. Ama gli antipasti di verdure che non devono mancare mai. E apprezza anche un buon primo piatto condito con vongole o pescato del giorno>>.

Ospite fisso è anche Roberto Benigni. Fin da quando non lo conosceva nessuno. Roberto Benigni ama mangiare un primo di pesce. Ed è un rispettoso e gaudente buongustaio. Se gli viene offerto da assaggiare un nuovo olio accetta molto volentieri. Tramite Benigni al Focolare sono diventati clienti fissi e fedeli i fratelli Bertolucci. Roberto per tutti loro, da Verdone ai Bertolucci, è come uno di casa. Li coccola, andando al mercato personalmente a scegliere le verdure, le puntarelle ed i pesci preferiti da ognuno, e “apprende” dalla grandezza delle loro esistenze. La cultura, la passione. Il sapere.

Torniamo ai Bertolucci. Bernardo mangia soprattutto pesce e antipasti. Roberto mentre siamo al telefono – orma da quasi subito ho smesso di fare domande, tanto parla lui – ripete più volte che Monteverde vecchio non è un quartiere di passaggio. Le persone lì o ci vivono o ci devono andare. E lui, estate, inverno e mezze stagioni è sempre sold out. Sarà che l’idea, ormai datata di qualche anno fa, di unire pesce e verdure è stata vincente. Badate bene giovani leve, qui si parla di tempi passati nei quali unire un gambero ad una zucchina e passarci una spolverata di pecorino era quasi una “bestemmia” gastronomica. Ora latticini e pesce crudo e verdure ed emulsioni e frutta e croccanti consistenze sono reperibili ovunque. Dipende poi come sono accoppiate. In cucina al Focolare c’è sempre stato un cuoco. Roberto è in sala. È il jolly strategico che passa dal mercato la mattina presto alla cassa la sera tardi. Il cuoco del Focolare ora si chiama Andrea ed è figlio d’arte. Nipote di nonno Stagnetta nonché figlio di Roberto. Con la discrezione, il tatto e il voler stare in una sorta di secondo piano, Roberto esprime sul figlio Andrea poche ed essenziali opinioni: <<E’ capace di fare 100, 200 coperti senza perdere la calma né la costanza dei piatti. È molto apprezzato dai cuochi stellati che ogni tanto lo chiamano. Lui va, impara e poi torna a casa. Tanto per farti capire (ed io ho già capito!) Andrea è bravo a fare “i ricami” ma non solo quelli. Quando la sala è piena ci vuole una grande professionalità>>.

Voglio concludere il mio pezzo su Roberto con alcuni cenni culinari. Cosa mangio al Focolare se vengo da te stasera (magari!)? <<Crocchette di baccalà, mazzancolle in crosta di mandorle e confettura di cipolla rossa (gettonatissime ed inventate dalle menti del Focolare), seppioline con carciofi e mentuccia… Pensa che ci sono persone che vengono qui solo per gli antipasti. Andrea è capace di farne anche 20 diversi. Durante quest’estate così calda, uno dei più richiesti è l’insalatina fresca di salmone crudo con avogado, zenzero e rafano>>. Poi ci dilunghiamo un po’ e ne vale la pena per reclamare, mai verbo è stato più azzeccato, la “paternità” dello zabaione caldo con le fragole. Circa 30 anni fa, a NYC, il giovanissimo Roberto è insieme alla delegazione italiana a cucinare per uno dei tanti eventi che si fanno e, da notare, si facevano anche allora. Un pasticcere piemontese propone un abbinamento simile e Roberto lo porta a Roma, nel ristorante del padre. Poi tanti lo hanno copiato. Oggi, sulla targa poche righe incise ricordano che lo Zabaione caldo con le fragole è nato qui.

Carla Latini

Il Gallo Rosso di Filottrano, l’abbraccio dei prodotti artigianali

in Senza categoria da

Per essere più precisa il Gallo Rosso di Filottrano è una trattoria ed i suoi patron, Gessica Mastri e Andrea Tantucci sono orgogliosi di averla chiamata così. Consci che solo una “trattoria” può creare l’atmosfera informale che diventa il palcoscenico giusto per cibo e vino.

La trattoria abbraccia i produttori artigianali e li fa sentire a proprio agio. Insieme, Andrea e Gessica, mi hanno raccontato di quanto sono importanti per loro le materie prime e di quanto sono rigidi nel rispettare le tradizioni del territorio. Moderni però (bello riprendere il termine moderni) negli abbinamenti e nel modo di comunicare le loro passioni. Che sono tante. Torniamo ai produttori. La trattoria il Gallo Rosso è la casa delle mamme, dei papà e dei nonni dei prodotti che Andrea e Jessica usano. Potrete vederli di persona, “appesi” ai mattoncini di queste pareti. Sono allevatori, casari, agricoltori, pastai, vignaioli, contadini. Le loro facce sorridono sincere. Rassicuranti. Potrete assaggiarli nei piatti che fanno parte dei due menu. Uno completo degustazione e l’altro a la carte.

Nel menu degustazione c’è l’anima creativa di ognuno di loro. È come un vocabolario gastronomico nel quale le stagioni fanno da segnalibro. Equilibrio ed armonia di sapori. Dolcezze dei latticini delle nostre colline. Qualche volta Andrea e Gessica sconfinano e vanno in altri territori. Ma a ragione. Capperi di Pantelleria, alici del Cantabrico e olive taggiasche sono un gustoso e giustificato sconfinare. A la carte c’è un percorso molto interessante con antipasti originali tipo il pomodoro presentato a modo loro in tre versioni diverse, taglieri di salumi e formaggi di elevata e controllata filiera, come del resto, tutto qui è così. Primi piatti semplici e gustosi dove gli ingredienti sono al massimo due, tre con la pasta. Tagli di carne marchigiana che si trasformano in hambuger acculturate. Animali da fattoria che donano il meglio di loro con le idee di Andrea. I dessert danno risalto alle varietà di frutta dei nostri frutteti. In fondo ai due menu, c’è l’elenco dei produttori. Che Andrea a Gessica conoscono personalmente uno per uno. Conoscono le loro realtà artigianali al punto da farvi innamorare quando le “raccontano” fuori e dentro il piatto.

Gli stessi produttori diventano, a volte, animatori di serate a tema. Incontri intimi ed esclusivi resi ancora più preziosi se accanto a un cibo c’è anche un vino raccontato dal vignaiolo con il cuore nella vigna e nel bicchiere. Come vi ho già scritto varie volte ho avuto la fortuna di partecipare ad altre serate esclusive a tema. Serate in cui i nostri hanno cucinato insieme ai cuochi stellati targati Marche. Con Errico Recanati, Riccardo Agostini (ex marchigiano ora romagnolo), Michele Biagiola e Pier Giorgio Parini (dopo il confine con la Romagna). Di quelle cene la prima cosa che ricordo sono state le parole di Andrea e Gessica per Tyche: <<Oggi pomeriggio abbiamo imparato più che se avessimo fatto una stage in una grandissima cucina stellata>>. Questo è un altro aspetto della giovane coppia del Gallo Rosso: la generosità nell’accoglienza. Un po’ raro di questi tempi.

Prima di arrivare a Filottrano, passando da Osimo, si incontra, sulla destra, un minuscolo santuario in restauro perenne. Si chiama La Madonna di Tornazzano. Quando ho conosciuto Andrea e Gessica gli ho parlato della mia affezione per questo posto e della pietra intorno alla quale hanno costruito la chiesa. Una pietra dove i pellegrini che andavano a Loreto e poi in Terra Santa si fermavano a pregare e si sedevano a turno. Tornazzano sta per “torna sano”. Nella mente e nel corpo. Un posto mistico che merita di essere visitato. Se decidete, come immagino farete dopo aver letto le mie parole, di regalarvi un pasto al Gallo Rosso, potete fermarvi la mattina al Santuario e poi lasciarvi andare in un lungo percorso culinario da Andrea e Gessica. Non sarà come unire sacro e profano.

Carla Latini

 

Max Pezzali: inizierò il tour dalle Marche, una terra molto appetibile

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Settembre è un mese importante per Max Pezzali che proprio ad Ancona, venerdì 25 al PalaRossini, darà il via alla prima data ufficiale dell’Astronave Max. Lo spettacolo organizzato da Tyche Eventi ci permette di risentire il cantautore lombardo con cui scambiamo delle domande veloci. Parliamo delle sue canzoni, delle Marche e della fortuna. Se volete la precedente intervista la trovate qui.

C’è una canzone che ti chiedono e non vorresti più fare e per contro ce n’è un’altra che pensi sia stata sottovalutata?

<<In linea di massima l’approccio che ho con le mie canzoni è neutro. Quando un brano esce dalla mia cantina o dal mio pc non è più mio, ma prende la propria strada. Un percorso che in qualche modo le porta ad entrare nella vita delle persone. Certamente sono sempre affezionato alle canzoni che mi hanno portato fortuna: anche se non rappresentano più il mio quotidiano, magari rappresentano quello di altre persone. Quindi quelle canzoni che mi chiedono di cantare le farei tutte. Poi penso che un artista non è il miglior giudice delle proprie cose. Piacciono magari brani che non penseresti mai e viceversa. Ma quando fai canzoni non le fai mai per te. E’ il pubblico che decide>>.

Sei spesso nella vicina Romagna ma della regione Marche o della gente marchigiana hai qualche aneddoto da raccontarci?

<<Sono passato tante volte in motocicletta attraverso le Marche, dal Montefeltro per arrivare fino all’Umbria. Soprattutto a caccia di tartufi! Ecco, sono un grande appassionato e mi fermo volentieri tra Acqualagna e i comuni vicini. Sono luoghi fantastici sotto l’aspetto enogastronomico e itinerari perfetti per la motocicletta. Al di là di questo, vedo che le Marche stanno diventando cool per tanti vip. In molti dal Nord Europa vengono a prendere casa dalle vostre parti. Non so se sarà un bene per il territorio, ma significa che è appetibile>>.

Mensilmente il nostro magazine filosofeggia su una parola e chiede che impressione fa al suo interlocutore. A te questo mese è capitata proprio la parola TYCHE. Nella mitologia greca era la personificazione della fortuna.

<<Chi fa il mio mestiere crede molto all’influsso della fortuna. Sappiamo bene che la nostra possibilità d’intervento arriva fino ad un certo punto. Credo che la fortuna sia molto importante, un elemento fondamentale della vita. Ma una grossa percentuale nella riuscita di qualcosa dipende da noi. Quindi c’è la fortuna ma conta anche la capacità di attrezzarsi per combattere la malasorte. E bisogna essere pronti ad intercettare la fortuna. Molte persone sono investite da un’occasione e non se ne accorgono. Bisogna addestrarsi per gestire sia i momenti in cui tutto volge al peggio sia quelli in cui tutto volge al meglio>>.

Kruger Agostinelli

Max Pezzali ad Ancona, venerdì 25 settembre 2015 ore 21,30 al PalaRossini. Infoline 0733 817259 – Prevendite online su TicketOne Ciaotickets

Per maggiori informazioni sul concerto di Max Pezzali ad Ancona consulta il nostro sito degli eventi.

Alla Tavernetta di Osimo il ciauscolo “stellato”

in Senza categoria da

Ad Osimo non si dice: sono stato alla Tavernetta. Si dice sono stato da Marisa e Rossano. In verità si dice da Marisa. Tanto Rossano non si arrabbia. È consapevole del suo aspetto un po’ burbero che fa tanto personaggio. In fondo ha il cuore tenero come uno dei tanti ciauscoli che affollano il bancone refrigerato della Tavernetta. Tanti? Sì, tantissimi se si parla di ciauscolo. Ne ho assaggiati almeno tre. Uno, il mio preferito perché mi sto accorgendo che con l’età che avanza sto diventando tradizionale (non tradizionalista), è molto morbido, spalmabile, pallido quasi rosa e con una punta di aglio e di affumicato accentuata. Il secondo, che pare abbia vinto premi su premi (e ci credo) è sempre molto morbido, spalmabile, più colorato e quindi menu rosa, l’aglio non si sente quasi per niente, l’affumicato invece si. Il terzo è il fratello del secondo ma più stagionato e più piccolo. Sembra quasi un salame. Tutta questa disquisizione sul ciauscolo per farvi capire con chi avrete a che fare quando varcherete la soglia della Tavernetta. Qui non ci sono salumieri o salumai. Qui ci sono Marisa e Rossano. I loro gusti ed il loro palato. Infallibile. Vogliamo parlare di burro? Di burrata? Di bufala? Vogliamo andare in Francia? Austria? Spagna? Tornare in Italia con la migliore selezione di prosciutti mai vista. Ed io ne giro di locali simili! Il giorno dopo trovi ancora la chicca del giorno prima insieme ad un’altra chicca nuova. Marisa gira, cerca, telefona, prova. Volevo stupire i miei ospiti a Ferragosto provocandoli con gelato e panettone al posto del dessert? Ma dove lo trovavo ad Osimo o ‘in Ancona’ un panettone il 14 Agosto? Marisa non è che per caso hai un panettone? Non prendermi per matta! E lei senza scomporsi né fare commenti:<<Ne ho solo uno e sotto vetro. È mio!>> Conoscendola e non l’avesse avuto mi avrebbe detto: <<se me lo dicevi un paio di giorni fa te l’avrei fatto io>>. Diavolo di una donna che ha la forza, il tempo non credo ma ce lo mette ugualmente, per fare pizze di formaggio (straordinarie), torte, crostate, pizze e focacce.

Il resto lo sceglie insieme a Rossano. Quindi il pane viene dall’Aquila, dalle Marche e ce n’è per tutti i gusti e le tasche. Perché, fate bene attenzione, la Tavernetta è una boutique molto raffinata e colta ma ci sono prodotti per tutte le tasche. A dimostrazione che si può vendere con intelligenza e comprare nello stesso modo. Se per caso vi dovesse servire il burro di cacao per cucinare (quello con cui si spennellano anche i grissini qualora foste dei già vaccinati masterchef) o le scorzette di cedro candite (quelle vere e buonissime) chiamate Marisa. Lei, santa donna, risponde sempre e vi dirà: <<Sì ce l’ho, no non ce l’ho ma dammi due giorni e farò in modo di averle…>>. La Tavernetta del Corso è in piazza Dante ad Osimo. C’è anche un comodo parcheggio. Per sentire Marisa: 071 714727. Se vi organizzate per tempo potete fermarvi per un aperitivo e per una cena. Salumi, formaggi, pizze salate, dolci ed ottimi vini (la Tavernetta è anche enoteca) vi saranno serviti nella “tavernetta” al piano di sotto.

Carla Latini

Chef Rubio addenta la cucina di strada marchigiana: “C’è tutto nella vostra terra!”

in Giornalista e dintorni/Mangiare e bere da

Fu mio figlio a segnalarmi Chef Rubio, un personaggio ad alto gradimento televisivo che si è imposto grazie ad un pubblico giovane ed alternativo sul canale DMAX. Non ho avuto tempo per contestare la sua scelta, mi sono ritrovato subito anche io nel club della “Rubiomania”. Simpatico, diretto, quasi un fumetto di quelli belli ed eroici che si materializza. Del resto i numeri dei social parlano chiaro sulla sua reale efficacia: 380mila followers su Facebook, 60mila su Twitter e oltre 50mila su Instagram. Insomma, un personaggio non creato dalla rete ma spontaneamente molto amato dal web. Chef Rubio si è aggiudicato nel 2014 il titolo di “Migliore Chef” ai Macchianera Italian Awards 2014 e anche i Tweet Award di Bologna. Nel 2015 è nell’olimpo della categoria cuochi per il premio “Italia a Tavola”. Ora Gabriele Rubini, questo il suo vero nome, sta per sbarcare con le storie del viaggio culinario, il terzo per la precisione, all’insegna dello street food con “Unti e Bisunti”. Sarà in prima tv esclusiva su DMAX dall’8 settembre, ogni martedì alle 21.10. Chef Rubio infatti è il rappresentante assoluto della cucina di strada, quella erroneamente considerata “sporca e cattiva”. Insomma, il mondo opposto dei ristoranti stellati. Costantemente alla ricerca e alla riqualificazione di piatti e ricette della tradizione di sempre, attraverso chioschetti e mercati rionali. Un’esplorazione gastronomica che lo vedrà questa volta anche protagonista nelle Marche, oltre che da quest’anno con puntate dedicate a Spagna, Germania e Francia. Lo intercettiamo telefonicamente per una di quelle interviste che inevitabilmente scivola nella piacevole chiacchierata fra amici.

Con “Unti e Bisunti” continui a raccontare ancora i piatti e la gente di strada dell’Italia e stavolta anche dell’Europa. Se con il cibo si identificano i territori e la tradizioni, la gente di strada è davvero così diversa da città a città e da nazione a nazione?

<<Il cibo stesso è identico nell’abitudine, ma sono gli interpreti che sono diversi. A causa del periodo sociale che vivono e soprattutto nel modo in cui il singolo si rapporta con l’elemento. Il cibo è così sempre versatile, mai noioso e si può parlare di lui senza mai arrivare ad una vera conclusione. Sono le persone che esprimono lo stesso ingrediente in maniera totalmente diversa. E’ un linguaggio della gente che mi piace>>.

Sei venuto nelle Marche. Siamo curiosi di avere delle tue impressioni. E meglio ancora se hai dei ricordi particolari della nostra terra e della nostra gente.

<<Non posso anticipare nulla della puntata ma posso dirvi che dal mare alla pianura, dalle colline alle montagne, le Marche ci hanno regalato un sacco di piatti di cui parlare. Abbiamo provato a fare un quadro a tutto tondo del panorama marchigiano, che parte dal crudo e dal bollito per arrivare all’arrosto e al fritto, cercando di essere il più possibile esaustivi nel raccontare un popolo e una terra interessante per la varietà offerta. Se ti dico che mi piace rischio di essere un ruffiano ma non è così. Siete una regione completa, avete tutto>>.

Chef Rubio in tv e Gabriele Rubini nel privato. Sicuramente riescono a convivere nella vita quotidiana. Ma non accade a volte, magari in casi eccezionali, di voler invertire i ruoli?  

<<Sono la medesima persona. A volte mi è capitato anche in interviste e quant’altro di poter far parlare Gabriele, non solo Chef Rubio. Siamo la stessa cosa: semplicemente Chef Rubio quando deve far passare meglio un messaggio a tutti usa l’escamotage della comicità, del cinismo e della strafottenza. Vie traverse per attirare l’attenzione>>.

Penso che tu sia consapevole di essere un simbolo, soprattutto per le nuove generazioni. I ragazzi ti vogliono bene e ti guardano con ammirazione. Non dico che rischi di avere delle responsabilità ma rappresenti ed esalti la periferia. In fondo trasmetti quel sano gusto della sfida e l’ironia dello sfottò. Cosa ti sentiresti di consigliare a loro per farli vivere meglio in una società che tanto giusta non è?

<<Che devono studiare, viaggiare, leggere. Solo così possono difendersi da un mondo che cerca di tendere sempre al ribasso, per far si che tutto sia sotto controllo e a vantaggio di quelli che noi chiamiamo (con accezione troppo pomposa) i potenti. Solo così i giovani avranno delle armi per combattere e per ritagliarsi un angolo di serenità>>.

Andiamo, solo per un po’ con leggerezza, sul pettegolezzo. Chef Rubio che piace alle donne è un fatto appurato. Merito dei tatuaggi, dell’atteggiamento spavaldo o dello sguardo in fondo un po’ avventuroso e romantico che hai? Insomma ti senti un oggetto del desiderio o piuttosto un uomo che non deve chiedere mai ?

<<Piaccio alle donne? Me lo dite ogni volta, ma è una questione che mi interessa fino ad un certo punto. Piaccio molto anche agli uomini ma non è questo l’obiettivo per cui mi metto in discussione. Mi fa piacere ma finisce nel momento stesso in cui me lo fate notare. Credo che l’interesse vari ogni volta da persona a persona. Può colpire la capacità di far ridere, la fisicità, il tatuaggio o quello che vuoi. Ogni cosa può colpire in maniera differente. Non siamo tutti attratti dalla stessa cosa. E questo è un bene>>.

Apprezzato nel rugby, chef vincente. Se ci fosse un sogno da realizzare quale sceglieresti? Protagonista in un film, cantante in una band di hard rock, dentro un’astronave verso Kepler 452b, il pianeta della nuova galassia che assomiglia alla Terra… Oppure scegli tu!  

<<Fare fotografie, recitazione o scrivere sono caratteristiche che posso coltivare e che sto coltivando. Sono assolutamente nelle mie corde. Magari cantare una canzone non più sotto la doccia ma di fronte a 100mila persone è un’altra cosa. Quindi direi che vorrei essere una rock star d’altri tempi>>.

Noi di Tyche ci stiamo impegnando per diventare influenti nei concerti quindi ti facciamo esibire noi!

<<Beh allora vi chiedo di costruirmi una macchina del tempo, così mi portate a vedere Bob Marley o Freddie Mercury a Wembley. Mi raccomando ricordati pure gli Ac/Dc in Australia>>.

Mensilmente facciamo filosofeggiare i nostri intervistati su una parola, questa volta tocca a TYCHE. Ti aiuto. Nella mitologia greca era la personificazione della fortuna. E allora la fortuna che ti fa venire in mente?  

<<La fortuna premia gli audaci, è cieca e “a chi tocca nun se ‘ngrugna”. Però tutto questo è affascinante. C’è chi si danna per arrivare ad un risultato e poi non ci arriva mai, chi ci arriva all’ultimo, chi nel momento più inaspettato. E c’è chi invece con il minimo sforzo fa jackpot. È il fascino di quello che viene chiamato Tyche>>.

Ultima domanda a proposito della parola TYCHE, quindi dedicata ai nostri lettori, chiediamo a Chef Rubio: che piatto ti viene in mente di dedicarci e ci offriresti da mangiare?

<<Non ho dubbi, vi preparerei una ricetta orientale. Un biscotto della fortuna fatto magari in casa, con una cialda doc a sorpresa al posto del bigliettino. In base al gusto del lettore>>.

Kruger Agostinelli

Ramona Ragaini, il mestiere di rendere bello un ristorante

in Mangiare e bere da

Una cena da Andreina, a Loreto, la consiglio a tutti. Assolutamente necessaria per farsi del bene e per fare del bene a chi amate. Le indubbie capacità di Errico Recanati, le sue versatili e tenere (per me) invenzioni sono note. Errico è un cuoco maturo e sicuro. Molto divertente. Perché la cucina, tolti i puristi angoscianti, è divertimento. E io, mentre mangio, voglio ridere. La moglie di Errico, nonché mamma di due cuccioli biondi, si chiama Ramona Ragaini. Ma questo lo sapete già. D’ora in poi, nel pezzo che sto scrivendo, sarà solo Ramona.

Bella, elegante nel portamento, sorridente senza invadenza, bionda con labbra rosso corallo. Sobria nel vestire. Competente ed intelligente nel consigliarvi, coccolarvi, indicarvi verso la scelta del vino giusto. Durante il Congresso Identità Golose di quest’anno, Ramona ed altri suoi colleghi che si definiscono “noi in sala o quelli della sala”, hanno cercato di far notare ad un pubblico molto preparato, quello appunto di un congresso gastronomico, l’importanza della sala. Quando arrivate in un ristorante “famoso, premiato dalle guide e stellato” vi accoglie il cuoco? No. Vi accoglie il Maitre, il sommelier, il cameriere. Ramona, che sarebbe Maitre e sommelier insieme, con me gioca e si definisce “cameriera”. Mi sta bene. Grande onore anche a chi fa “solo” il cameriere o la cameriera. Mi domando, e con Ramona abbiamo discusso di questo, ma ci rendiamo conto noi clienti di quanto, qualche volta, siamo difficili da servire?

Così l’altra sera, appunto da Andreina, mentre gustavo il menu “Errico” che è come farsi rincorrere dal Bian Coniglio e pescare nella baia nell’Isola che non c’è, sentivo, involontariamente, commenti e consigli, esperienze e sicurezze, nostalgie e falsi miti, della bella clientela. Ramona innamorata del marito, dei loro piccoli, del lavoro e del vino, si sveglia ogni mattina conscia si essere l’assist con il quale Errico farà sempre canestro. Un grande cuoco, e non lo dico solo io, ha sempre bisogno di qualcuno in sala che racconti il suo piatto. Che trasmetta le emozioni e gli odori della cucina. La sala è il 60% del successo di un ristorante. Forse anche di più. Ovvio quando il cuoco esce la standing ovation è per lui. Ma chi per tutto il tempo ha curato il servizio, cambiato le posate, controllato la temperatura dei vini, riportato tovaglioli caduti, tolto cloche come fosse una danza, sorriso ai mille cambiamenti al momento dell’ordinazione del dessert merita un “posto al sole”. Soprattutto mentre gli state raccontando di tutti gli altri stellati che, beati voi, vi siete mangiati e di come vi siete trovati ecc… Per cui la prossima volta che vi fate un viaggio per andare da un cuoco big ricordatevi della sala. Un sorriso di Ramona, come quello dei suoi colleghi professionisti, ha un grande valore. Che completa in toto la vostra esperienza.

Carla Latini

Fiorella Mannoia e lo Sferisterio, in una notte di fine agosto

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Fiorella Mannoia Sferisterio MacerataLei canta “Le notti di maggio” e noi descriviamo una notte di fine agosto nel suggestivo palcoscenico di Macerata. Fiorella Mannoia è leggera, profonda ed incantevole. La stupefacente maturità dei suoi anni si nasconde nell’inebriante frutto del suo mestiere. Una gioia incontenibile per il numerosissimo pubblico che applaude mentre lei canta, che canta mentre lei balla e alla fine? Eh già, proprio quel finale entusiasmante in cui Fiorella cerca e trova un autentico bagno di folla. Il suono che fa da cornice è perfetto, come un abito aderente. A volte sensuale, altre volte elegante e all’occorrenza scatenato. Ci vuole questo per una voce come quella Mannoia. Interprete raffinata come poche al mondo. E fa bene a ringraziare Enrico Ruggeri che per primo la testò come interprete della musica d’autore italiana. Questa regina dai capelli rossi rende tutto magico e le canzoni di Claudio Baglioni, Ivano Fossati, Francesco De Gregori, Enzo Jannacci, Paolo Conte, Vasco Rossi e Renato Zero guadagnano sempre qualcosa in più. Abbiamo sentito la mancanza di un omaggio a Pino Daniele che lei conosceva bene. Ma non si può volere tutto e poi, a dire la verità, ormai lo fanno quasi tutti. Fiorella brilla e accende la notte. C’è temperamento e rivoluzione dentro di lei. Non fa comizi ma l’impegno c’è e l’attenzione pure. E per dirla con delle parole che ci cantato “Ho imparato a sognare e ho iniziato a sperare che chi c’ha avere avrà. Ho imparato a sognare quando un sogno è un cannone, che se sogni ne ammazzi metà”. Sembra proprio di essere con Fiorella nel mondo delle meraviglie…

Kruger Agostinelli

 

Carla Latini di nuovo con le “mani in pasta”: è nata 600.27

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Carla Latini è collaboratrice d’eccezione di Tyche Magazine e amica storica dal tempo delle radio private, quando alla fine degli anni Settanta erano davvero libere. Il suo grande amore e, aggiungo, la sua grande competenza nel mondo della pasta artigianale la porta di nuovo ad una stimolante avventura imprenditoriale. Per dirla con le sue parole, <<dopo 25 anni di “mani in pasta” ho accettato volentieri questa scommessa>>. E’ recente, infatti, il lancio della sua nuova linea di pasta, il cui nome è 600.27. Il 600 sta per le varietà di grano duro che ha conosciuto nella sua attività artigianale e 27 sta per i tipi di spaghetti diversi che nel tempo ha saputo creare. Un cammino professionale che ora la vede protagonista con la famiglia Stoppani, nome storico nell’enogastronomia meneghina, conosciuta a livello nazionale e internazionale per aver condotto dal 1970 al 2013 il food-store e i ristoranti Peck di Milano. Un’azienda da sempre leader nella selezione di materie prime di assoluta eccellenza.

Carla, istruzioni per capire e gustare al massimo la tua pasta artigianale marchigiana?

<<Sicuramente bisogna mettere in moto i sensi. Quindi la vista può catturare il giallo oro, che aiuta a dare la percezione che sono state usate varietà di grano duro colorite e saporite. Poi, indispensabile l’olfatto: quindi, appena aprite il pacchetto, annusatelo immediatamente e potrete sentire il profumo della farina. Per l’udito invece cito il mio amico Gianfranco Vissani: anni fa, mi disse che la buona pasta artigianale si sente anche dal “rumore che fa quando la spezzi”. Infatti se prenderete un mio spaghetto 600.27 vi accorgerete che spezzandolo si sentirà un suono netto, preciso. Mentre la pasta industriale ha un rumore di rottura simile a un filo di plastica. Poi si conclude finalmente con il tatto e il gusto. E lì spero che l’innamoramento prenda forma… >>

Una delle paste è firmata da Gualtiero Marchesi

<<Sono i trucioli di Gualtiero Marchesi. Marchesi, oltre ad onorarmi della sua preferenza, mi ha chiesto di non farli ruvidi, utilizzando delle varietà antiche di semola di grano duro italiano. Lui ha poi sovrapposto al candore e alla levigatezza del truciolo il nero dei chicchi di riso croccanti e pepati condendo alla milanese, con una salsa a base di burro e di zafferano. I trucioli restano al dente, tengono benissimo la cottura grazie alle dimensioni della “cartella” che all’interno della trafila determina lo spessore della pasta>>.

E invece per i comuni mortali, come evitare il pericolo di scuocere gli spaghetti?

<< Posso raccontarti che in fase di test della nostra pasta con un grande chef abbiamo appurato che gli spaghetti grandi, ad esempio, cuociono perfettamente per 9 minuti in acqua, più 4 in padella. Inoltre con le cucine professionali, grazie alla tenuta ottimale della cottura, si possono anche allungare i tempi. Gli spaghetti poi resistono benissimo all’attesa, anche se serviti dopo un po’. Questo avviene grazie ad un’attenta essiccazione a bassa temperatura della semola con le classiche trafile di bronzo. Un modo che permette di proteggere le caratteristiche nutrizionali, organolettiche e proteiche dei grani duri. Insomma, potete stare tranquilli>>.

Quindi come facciamo innamorare il pubblico di questa pasta 600.27?

<<Direi che è semplice. Quando bolle l’acqua gettate la pasta,  poi copritela un istante per far riprendere il bollore. Perché questa operazione? Permetterà, una volta scoperchiata la pentola, di sentire il profumo che solo una buona pasta artigianale riesce ad esprimere. Un odore che mi ricorda la mollica di pane caldo. E tanto per dirla come una canzone che amavamo quando eravamo disc jockey “tu chiamale se vuoi… emozioni”>>.

L’avventura per Carla è iniziata. Per soddisfare la curiosità di volerla cucinare voi e soprattutto di trovarla, provate a contattare via mail a info@pasta60027.it, oppure visitando  www.pasta60027.it

Kruger Agostinelli

Gvstibvs a Osimo, per apprezzare i sapori marchigiani anche con la complicità di Vissani

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De Gustibus non est disputandum. Così la pensavano gli antichi romani. In pratica, sui gusti non si discute. Ognuno ha i suoi. Ed io, quando ho il piacere di stare nella mia piccola Osimo (un paese incantevole che qualche volta vorrei visitare da turista) mi fermo a mangiare qualcosa di buono ed a bere bene da Gvstibvs. Con le u alla romana, cioè v. Abbiamo inaugurato Gvstibvs – scrivo abbiamo perché ho seguito con vicinanza e affetto tutto il lavoro fatto per arrivare fino a qui – tanti anni fa. Il destino aveva voluto che anche Gianfranco Vissani fosse con noi. Ma chi sono i Gvstibvs? Nunzia a Iva Marchegiani, rispettivamente sorella maggiore e minore, seguono la sala, il servizio ed il bar. Nunzia si dedica ai vini che qui hanno etichette locali importanti. Da Gvstibvs si beve molto bene. Luca Zamperini è il cuoco, nonché marito di Nunzia. Una mano benedetta che molte volte ha toccato la tentazione di cucine stellate. Una mano culinaria molto corteggiata dai grandi. Non a caso Vissani passava spesso di qua. Luca è sommelier, cuoco diplomato, pasticcere, gelatiere. E sa fare con grazia e inventiva ogni cosa. Che sia un coniglio in porchetta o un knoedel. Nunzia ha lavorato come sommelier in trentino prima di conoscere Luca e tornare all’ovile. I knoedel sono uno sei simboli del loro amore. A pranzo da Gvstibvs, che sta nella piazza principale del paese, si mangia anche velocemente e tradizionale. La sera Luca tira fuori la sua fantasia ed il menu a carta è intelligente e stimolante. Uomo dalle tante virtù Luca trova anche il tempo di allevare ed addestrare cani di razza perché siano utili amici a chi è meno fortunato di noi. La passione per queste deliziose bestiole e l’amore in genere per ogni tipo di animale ha contagiato l’intera famiglia Gvstibvs. Ieri a pranzo mi sono fatta fare: spaghettini con moscioli, capperi e pomodorini, tortillas con verdure (croccantissime all’interno!), brasato al vino rosso con purea di zucchine e carote. La carne era “un burro” e le due purea una bella idea come contorno. In cucina insieme a Luca ci sono due giovanissimi cuochi, Lorenzo Baleani e Enrico Maria Re. In sala con Nunzia e Iva c’è il sorriso delizioso di Caterina Busilacchi. Già laureata in lettere, per l’estate, cameriera tutto fare. La clientela di Gvstibvs non è solo osimana, nessuno è profeta in patria, ma viene da fuori e ritorna. Ci sono turisti dal mare che la sera fanno qualche minuto di macchina per mangiare al fresco della fontana. Magari dopo aver visitato le grotte. 9 chilometri di tufo sotto terra. Una meraviglia storica che testimonia il passaggio in città di vite umane sin dall’anno mille. Religiosi, templari, guerrieri, banditi, soldati, sfollati e miti. Da visitare assolutamente. Nunzia è ormai un oracolo della città e conosce e consiglia ogni posto da andare a vedere. Per fare due passi osimani dopo o prima di mangiare da Gvstibvs…

Carla Latini

 

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