Pino Scaccia oltre ad essere uno dei maggiori giornalisti italiani ha avuto il merito di aver saputo utilizzare la sua arte di descrivere gli argomenti in tutte le forme di multimedialità. Dal quotidiano al Corriere Adriatico, alla tv sia regionale che nazionale. Su mensili specializzati di box ma sulla primissima emittenza privata radiofonica. Cronista sportivo nel leggendario Novantesimo minuto ma anche e soprattutto come inviato speciale, sui fatti più eclatanti dell’umanità come guerre, disastri naturali, omicidi e stragi. E’ apprezzato anche come scrittore di libri che come blogger di lusso sul web. Una vita al servizio dell’informazione ampiamente ripagata dalla fiducia di un pubblico senza età che lo segue quotidianamente con stima.
Dalla macchina da scrivere al web cosa cambia filosoficamente parlando la professione del giornalista?
” La tecnologia ha cambiato profondamente il modo di comunicare. Io sono stato al passo con i tempi e fra i miei coetanei sono stato quello che ha intuito le potenzialità della multimedialità. Ma in fondo è sempre lo stesso lavoro poiché si va a raccontare ed è solo lo strumento che cambia ma lo spirito è identico. Puoi scrivere un articolo, un libro, un reportage televisivo o un post sul blog ma sono tante facce con lo stesso obbiettivo”.
E la differenza fra popolarità di un personaggio pubblico tv e colui che condivide degli argomenti sul web?
“In effetti l’unica cosa che soffro del web è l’idea che uno vale uno ed in effetti non è così. In realtà poi i valori si ristabiliscono in termini di credibilità. Se ad esempio si accende un dibattito sull’Iraq un conto è averci vissuto un anno e un altro averlo soltanto letto. Quindi le differenze esistono, dopodiché talento o esperienza hanno il loro peso se contrapposte alle banalità che si emarginano da sole”.
Le Marche fanno parte della tua formazione professionale prima con il Corriere Adriatico poi con il Tg3. Vogliamo parlare della nostra gente magari attraverso un aneddoto?
“In provincia si vive meglio, è più a misura d’uomo. Poi nel tempo ti accorgi che gli spazi fisici sono diversi e se vuoi crescere professionalmente ti devi confrontare con il mondo. Eppure è nato tutto qui, ho iniziato con il numero uno del Corriere Adriatico, come pure per Rai Marche. Inoltre mio figlio Gabriele è nato ad Ancona quindi sono felicemente legato per sempre a questa terra”.
Hai aperto un gruppo su fb intitolato “Pino Scaccia – Io sono strano” dove goliardicamente affermi testualmente: “Non so voi ma personalmente mi sono rotto le palle, perdonate il francesismo, del gossip ingombrante che una volta era riservato ai rotocalchi specializzati (libera scelta) e che ora soffoca le più grandi testate nazionali. Le pomiciate in tempo reale della coppia Buffon-D’Amico, quelle della new entry Giletti-Moretti, addirittura il ritorno di fiamma Al Bano-Romina. E poi la patonza della Pausini, il sedere sempre presente della Rivelli, le bizzarrie immancabili di Balotelli quasi in diretta, il figlio di Belen, le selvaggiate, le wags, le misure della Boschi, i capricci di Floris. Per non dire della marea di selfie hot che più hot non si può a tutto campo. Ma forse sono strano io”. Sarebbero questi i buoni propositi per il tuo futuro o sta semplicemente invecchiando?
“Ma quello è un gioco, siccome mi occupo spesso della parte seria su Facebook volevo ribellarmi ad un certo giornalismo alla deriva. Chiamala se vuoi la mia rivolta al gossip stupido. Una volta c’erano i divi e le notizie vere, del resto vengo dal mondo della dolce vita ed ho intervistato, tanto per fare un esempio, Elizabeth Taylor”.
Tyche magazine mensilmente proporrà una parola di riferimento, quello che solitamente definiamo un tag. Serve per strappare un’ispirazione, una riflessione al nostro interlocutore. A te proponiamo il termine COME.
“Come è importante, ispirandoci un po’ alla filosofia buddista che parla di approccio. Mi viene in mente una battuta che mi fece Graziano Mesina, il Re del Supramonte il capo dell’anonima sequestri sarda, “tu mi piaci perché non usi taccuino” in quanto i taccuini gli ricordavano gli interrogatori. E quindi mi ha confermato che anche il come ti avvicini ad un’intervista è decisivo”.
Kruger Agostinelli
13 aprile 2015