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maggio 2016 - page 2

Tiromancino promossi, ora un tour estivo dal sapore di mare. Torneranno ad agosto al Tyche Festival

in Senza categoria da

E meno male che era la data zero di “Nel Respiro del Mondo Tour”, perché al teatro di Cagli i Tiromancino sono stati avvolgenti dalla prima all’ultima nota. Considerando che questo concerto non potrà che migliorare, siete avvisati: è uno degli spettacoli imperdibili di quest’estate. Le premesse c’erano tutte sin dal lancio di “Piccoli miracoli” e Federico Zampiglione è in un periodo creativo straordinario. Riconoscibilissimo in ogni sua canzone, ha dentro di se quella musicalità che ha reso grande il pop italiano di alto livello, quei sapori che ci fanno ritornare in mente sia Battisti che Battiato. Un valore aggiunto in questa scena moderna dai lontani sentori di un eccellente pop elettronico anni ’80. Proprio Federico cita con emozione Franco Califano, Roberto Ciotti e Lucio Dalla come suoi ispiratori. Loro, senz’altro, ne sarebbero orgogliosi. La meravigliosa bomboniera del teatro di Cagli (a proposito, evviva i teatri marchigiani) è una cornice ideale per la musica vecchia e nuova dei Tiromancino. E su tutti lui, Federico, amabile frontman alle prese con un’infinità di strumenti che suona e nei quali nasconde delle citazioni rock, folk e blues. Dice di aver voluto dedicare il suo ultimo lavoro al mare: infatti ci sono onde in cui cullarsi con il corpo e con l’anima. Intanto Federico Zampaglione ha fatto una promessa solenne a se stesso per la data del 4 agosto, primo appuntamento del Tyche Festival che sarà inaugurato proprio dai Tiromancino: << Il giorno prima o il giorno dopo, se il tour me lo permetterà, 24 ore piene di vacanza nella vostra meravigliosa spiaggia me le farò volentieri>>.

Un grazie speciale per la collaborazione a Paolo Notari e Marco Poggioni.  Poi a seguire il video, che racconta tutto il resto.  Ricordiamo inoltre che è disponibile la prevendita per il 4 agosto a Civitanova Marche, 15 euro + prevendita, su CiaoTickets

Kruger Agostinelli

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Paolo Paciaroni e Simone Baleani: un cuoco a tavola e uno in cucina a Portonovo

in Mangiare e bere/Senza categoria da

«Dove vuoi che andiamo a mangiare?». Domando a Paolo Paciaroni (ho già abbondantemente scritto di lui), quando mi annuncia un suo breve ma intenso rientro nelle Marche. «Al mare, da te». Il mare “da me”, per un ragazzo di Tolentino che “scende” dalle rive del lago di Como (attualmente Paolo è occupato come secondo chef in un luogo meraviglioso e di respiro internazionale) è solo Portonovo. Propongo e scegliamo di andare al Molo. Lo abbraccio con slancio perché è tanto che non lo vedo. Mi piacerebbe tornasse nelle Marche. Ma questa è un’altra storia.

Quella che vi sto per raccontare riguarda un pranzo nella baia sotto un cielo “brillante” e con un vento freddo che non permette al sole di fare “il sole”. Simone Baleani è il cuoco del Molo da quando era piccolo. Lo ricordo ragazzino e lo chiamo sempre ragazzo. Anche se è già papà di due splendide bambine. I due cuochi non si conoscono personalmente ma solo di fama. Questo perché nell’ambiente si conoscono sempre tutti. È dopo il «fai te», che consiste nel non ordinare alla carta ma lasciare fare allo chef. Che, ovviamente, fa il meglio del meglio che può. Aiuto! Questo film l’ho visto tante volte nella mia vita eno-gastronomica. Cominciamo con gli antipasti crudi fra cui spicca un’ostrica con la sua foglia. Non finirò mai di imparare (che bello!). Paolo mi consiglia di «mangiare la foglia» da sola: sa proprio di ostrica. Poi arrivano i freddi, intendo gli antipasti. Buonissimi il baccalà mantecato e le sarde in saor. Venezia è lontana ma il mare sempre Adriatico è. Gli antipasti caldi vedono il trionfo dei moscioli. Semplici, semplici aperti in padella. Che ci riportano nella baia. «E’ tutto buonissimo e tantissimo…», dice Paolo che è non una buona ma un’ottima forchetta. «Avresti fatto così anche tu per Simone non è vero?». Ovvio. Le raguse sono con il pomodoro e le “conchigliette” di mare in due versioni con e senza pomodoro. Quelle “bianche” sono deliziose. Due “spaghettini”, due, con i moscioli? Il piatto di spaghetti è a dir poco sontuoso. Presentato con eleganza e molto, tanto, abbondante.

E’ piacevole vedere con che grazia Simone impiatta. Quanta attenzione ai colori abbinati. Su piatti rigosamente bianchi poggiati su tovaglie celesti. C’è qualcosa di nuovo al Molo. In pratica è nuovo. Si nota ma non vorrebbe farsi notare. I colori del mare e del cielo con il bianco delle pareti si confondono. E lo sfondo delle onde diventa una parete reale. Paolo finisce i suoi spaghetti congratulandosi per la giusta cottura, per il condimento che sia pur con i moscioli ha un sapore diverso da tutti i piatti di pesce precedenti. Siamo sazi? Ebbè! Ma Simone ha in serbo un’altra sorpresa per noi: un rombo al forno con le patate. A parte il rombo che è freschissimo e cucinato ad arte, sono le patate a colpirmi. Leggermente rivestite da mollichine di pane aromatizzate di spezie e erbette. Sono croccanti fuori e tenerissime dentro. Gradevoli anche fredde. Abbiamo finito? Non ancora. Può Simone far andare via Paolo senza due pescetti fritti di paranza? No. Non può. Il fritto del Molo è da manuale. Delicato e leggero. Paolo mi spiega come frigge ora lui. Mi insegna che il pesce deve essere freddissimo e bagnato prima di essere infarinato. Alla mia prossima frittura ci penserò. Ma sarà prossima prossima perché preferisco farmela fare da Simone. Che, finalmente, si siede con noi. E i due cominciano a parlare. Ammiro le persone che fanno questo lavoro. Il lavoro del cuoco è un lavoro faticoso, pesante. Ore in piedi accanto ai fornelli. Nuove idee da “cucinare”. Clienti da soddisfare. Quel giorno al Molo c’erano più di 30 persone. Un mercoledì qualunque e fuori stagione. Immaginate quando sarà “alta stagione esagerata”. Stessa cosa vale per Paolo che segue, oggi, un ristorante cult dove i numeri che sono devono andare a braccetto con la creatività e la qualità. Si scambiano consigli e complimenti sinceri. Confesso che mi piace stare con loro però è tardi per tutti. Prima di andare decidiamo di rivederci in un prossimo rientro “a casa” di Paolo. Quando? Anche sul lago di Como sarà “alta stagione esagerata”. Marchigiani! Simone, Fabrizio e Luca vi aspettano al Molo. Portonovo è sempre una scelta vicente!

Carla Latini

Al Piastrino batte ancora un cuore “marchigiano”: nei suoi piatti c’è tutto l’amore di Riccardo Agostini

in Senza categoria da

Al Piastrino di Pennabilli con Riccardo Agostini e Claudia si respira amore. Mi dispiace che non siano più “marchigiani”. Il loro cuore però batte di qua. Lo sento. E questa è solo la “prima puntata”.

Ed ora gossip! I due si sono sposati qualche giorno prima dell’attentato alle “Torri Gemelle”. Ed io, con loro, ho affrontato un viaggio a Tokyo con Gianfranco Vissani. Claudia era una bimba bellissima. Ora è una donna bellissima. Insomma lei ha fatto il viaggio di nozze con me. Riccardo in cucina a lavorare. Io e lei, ascensori e scale mobili, per il più bel magazzino Isetan di Tokyo, facendo finta di fare shopping. In questo posto, voluto, desiderato e amato, Riccardo e Claudia sono amore distillato in piccole gocce. Sereni. Belli come natura comanda. Ammazza quanto è difficile passare da loro! Ma se poi pensi che si rimane un giorno a girare per la città di Tonino Guerra, da loro non si passa, si va! Li vorrei ancora marchigiani perché tutta la valle, il Montefeltro, paesi che si incrociano “puzzano” di noi. Chi dice che non è vero, è un bugiardo. Scrivo di Riccardo su Tyche un’altra volta (QUI l’altro articolo). Perché mi fa innamorare dell’amore ogni volta che mangio i suoi piatti. E’ freddo la sera che arrivo tardissimo. Il camino acceso mi accoglie e mi scalda. Claudia, dolcissima, è la signora di casa. Ferma, simpatica, diretta, “accoccolante”. Ivan è il loro sommelier, bella testa pensante. La carta dei vini invita a capire. Non c’è nulla di scontato. Appare un Monte Vertine che prendiamo senza pensarci. Scelgo, insieme alle mie amiche, alcuni piatti. Pochi e che vorremmo assaggiare. Poi gli assaggi si dividono e moltiplicano. Diventano 24 o 25. Cosa ho mangiato? Amore, emozione, sapori intensi senza paura, senza ragionare che affumicato e brasato possono essere anche amaro. Perché amaro di brace e griglia non è amaro. A me piace. Moltissimo. Antipasti, complici e diversissimi fra loro. Che non sai da che parte cominciare. Fra tutti la corteccia con topinambur e l’uovo di quaglia e crema di patate dolci. Poi si tortelli il piastrino tycheva a braccio gaudente ed il resto è un cassoncino classico piccolo piccolo e grande grande, crackers sottili con maionese e alici, uovo, ricotta affumicata e stridoli. La stagione, questa qui, sta ancora godendo dei funghi locali che si chiamano prugnoli.

Al Piastrino c’è un menu dedicato. La natura offre, il Piastrino risponde e dedica. Lo fanno tutti? Sono d’accordo che non è una novità. Riccardo lo fa senza fartelo pesare. Affronto la “classifica” dei primi (grandissimi!) e mi tuffo in un mare limpido, vedo il fondo, galleggio e nuoto. Vado con l’elenco e senza commenti, perché divento noiosa: gnocchetti di patate al parmigiano vecchio e anguilla affumicata, riso carnaroli, ortica, guanciale e fumo, spaghetti cacio, pepe e aringa… poi, ed ora divento noiosa però vi piace, zuppa di fagiolo nel cappelletto e gamberi di fiume. Sono pochi e tanti i cuochi in Italia a saper riempire un cappelletto di “liquido”. Si impara la tecnica e questo ci sta. petali piastrino tycheIl cappelletto di Riccardo Agostini si accoccola fra le braccia/tenagliose del gambero di fiume. E si mangiano insieme. Abbracciati. Ognuno con la sua personalità. Può un cappelletto amare un gambero di fiume? Riccardo mi devia e mi ammalia su tanti piatti che vuole farmi provare ma io sono qui perché voglio riassaggiare, o assaggiare, animelle e piccione. La animelle sono attorcigliate da foglie nervose di radicchio come cespugli di rovi. In basso latte di rose. Prima assaggio con il dito portandolo alle labbra il latte di rose. Faccio domande e Claudia mi fa vedere il barattolo di boccioli di rose che Riccardo fa diventare latte. Il piccione arriva nelle sue due cotture. Leggermente rosato e ben cotto dove è giusto che sia. C’è bietola e cannella. E misticanza fresca.

melanzane piastrino tycheHo chiuso la mia cena con la melanzana che si chiama come una melanzana. Dove ogni protagonista/ingrediente quasi nemmeno si conosce. La melanzana è fritta e arrotolata su se stessa. La mozzarella è finta ma solo lei lo sa. Il pomodoro vaga sotterraneo. Poi con la forchetta apri la mozzarella che inonda tutto…
Mi fermo qui, Perché questa è solo la prima puntata…

Il Piastrino Pennabilli, all’interno del Parco Begni è un viaggio che dovete proprio fare.

Carla Latini

From grey to green: a Macerata si studia la “Metafisica del Paesaggio”

in Cultura da

Nell’auditorium San Paolo, all’interno della sede dell’Aula Magna dell’Università di Macerata, professionisti esperti di fama internazionale hanno “proiettato” un’ipotesi (che poi tanto ipotesi non è più) di paesaggio in trasformazione. Come ha detto Giovanni Sala, l’agronomo milanese mio amico prestato all’architettura, un paesaggio che passa dal grigio al verde. From grey to green. Ma vado per ordine, nel rispetto di tutti i relatori sperando di essere comprensibile e di aver compreso. Come ben sapete mi trovo più a mio agio fra padelle e cuochi. Ma non siamo tanto distanti e capirete man mano perché.

Enzo Fusari, presidente dell’ordine degli architetti della provincia, ha fatto un’introduzione-cappello che abbraccia tutti gli argomenti e ha cominciato parlando di trasformazione del paesaggio, ricordando che ci sono state cose belle e cose molto meno belle. Ha lasciato poi la parola alla vice sindaco di Macerata Stefania Monteverde, che volge il pollice “verde” della città in alto. Macerata aperta al from grey to green. Ha Raccolto la provocazione di Fusari e rincarato la dose, affermando che ora ci vuole una pausa, che la trasformazione del paesaggio è un argomento politico molto sentito. Subito dopo l’ingegnere Fabio Spalletti ci ha portati in un mondo sonoro che a volte diamo per scontato e che invece non lo è. Partendo dal “soundscape” di Raymond Murray Schafer, compositore canadese che coniò questa espressione per indicare un qualsiasi campo di studio acustico. Dalla composizione musicale, al programma radio, all’ambiente. Soprattutto ambiente acustico naturale e quindi suoni delle forze della natura, animali e uomini. E’ stato un collaboratore di Schafer, Barry Truax che ha invece introdotto il concetto di ecologia acustica o ecologia del suono, ovvero l’equilibrio tra suoni e ambiente e quindi gli effetti che l’ambiente acustico produce sugli individui. Perché siamo immersi nei suoni e l’uomo è il principale responsabile delle caratteristiche sonore dell’ambiente in cui vive e ha ovviamente il potere di trasformarlo. Per fortuna i cittadini, spontaneamente, stanno riscrivendo il loro rapporto con la campagna e per fortuna le nostre città marchigiane, come ha sottolineato più volte la vice sindaco Monteverde, stanno ritrovando e rinnovando la loro relazione con il verde. Il problema si pone più impellente per le grandi metropoli del mondo.

A tal proposito l’architetto Giovanni Marucci di Camerino, attraverso alcune immagini, ha presentato alcune soluzioni pensate e realizzate a Seul, Parigi, Manhattan. Dove parchi lineari vengono definiti e sono opportunità di recupero di architetture esistenti, che riescono a convivere con l’ambiente e a dare vita a trasformazioni intelligenti. I parchi lineari, serpeggiando tra le costruzioni, sono un benessere per i cittadini che spesso ne sentono l’esigenza. Ha presentato, con dovizia di particolari e supportato dalle immagini, anche quella che ha definito la madre di tutte le freeways, quella Emerald Necklace progettata da Frederick Law Olmsted, architetto americano del paesaggio a cui si devono, tra le tante cose, anche il Central Park e la Riserva Verde delle Cascate del Niagara. Era stato chiamato a sanarne le paludi e fece invece un percorso che dal municipio di Boston collega i vari stagni e persino una piantagione di essenze preziose oggi appartenente alla Harvard University, fino al Franklyn Park. In Italia siamo riusciti, al momento, soltanto a pensare alle “Rotaie Verdi” di Milano, che lasciano i vecchi percorsi ferroviari affiancati da siepi e bassa vegetazione autoctona.

giovanni sala tycheInfine ha parlato Giovanni Sala, che ci ha illustrato i progetti di paesaggio di cui si occupa l’azienda Land di Milano attraverso mission e filosofie. «Macerata è un delicato equilibrio tra natura e cultura», ha detto Sala, sottolineando come in tutte le Marche l’equilibrio sia costante, anche per le dimensioni ridotte di territorio e città, rispetto a Milano e alla Lombardia. Certo è che il futuro dell’Europa dipende “dalle città del futuro” e sarebbe ormai tempo di tenere presente che cultura, ambiente ed economia sono indivisibili. Anzi, hanno stretti rapporti fra loro, perché solo quando la cultura dialoga con l’ambiente si ha una ricaduta economica di grande interesse. Citando un po’ lo scrittore Italo Calvino e le città come luoghi di scambio e un po’ l’economista Jeremy Rifkins per la natura come nostra migliore alleata, ha usato l’acronimo inglese di Land (la sua azienda). Ovvero Land, Architecture, Nature and Development (territorio, architettura, natura e sviluppo) per sottolineare come la buona progettualità possa aiutare il futuro, utilizzando una vision aziendale come “From grey to green” (dal grigio al verde), una mission come “We cultivate dreams, rebuilding nature” (coltiviamo sogni, ricostruendo la natura), adottando un motto inglese che calza a pennello come “Project to protect” (progettare per proteggere), che in definitiva è proprio ciò di cui questo mondo ha bisogno.

Sono state due ore intense che mi hanno fatto bene. Mi auguro che Giovanni Sala possa tornare ancora da queste parti. Abbiamo bisogno sempre di nuovi stimoli e di persone come lui. E non dimenticate che fino al 29 maggio potrete visitare la mostra Metafisica del Paesaggio a palazzo Carradori, sempre a Macerata.

Carla Latini

Un’estate per stupire tutti: Bagni Andrea punta forte sulla cucina con lo chef Domenico Fasano

in Senza categoria da

bagni andrea insegna tycheChi del popolo della notte estiva marchigiana non conosce Bagni Andrea a San Benedetto del Tronto? Si firma “pizzeria” nell’immagine all’entrata. Ma è molto, molto di più. Da questa stagione poi, con l’arrivo del cuoco Domenico Fasano, aspettatevi solo belle e grandi cose. A cominciare dal menu. Alla carta o per tutti. Il pubblico (meglio dire la folla?) si merita di essere coccolato con quanto di meglio il mare e la fantasia di Domenico sapranno inventare.

Sandro, il patron, è serio e attento. Non gli sfugge nulla e sa perfettamente dove vuole arrivare. Ha una battuta e un sorriso per tutti. Che nel giorno che sono stata io, un normale infrasettimanale, erano tanti. Intendo i tutti. Il bianco qui la fa da padrone. Siamo al lungomare e la sabbia fa rimbalzare la luce. Così è per il bianco degli ombrelloni, delle sdraio, delle tovaglie, delle tende, dei tavoli e delle divise. Morbidi cuscini, bianchi anche loro, rendono comoda la seduta. Sandro mi saluta e tornerà a farlo alla fine della mia degustazione. Che sarà privilegiata perché Domenico Fasano, abbruzzese di nascita e cittadino/cuoco del mondo, vuole farmi assaggiare il meglio. «Mangi pesce crudo?». «Ma non mi si legge in faccia?». Scampi, gamberi locali e rossi del Tirreno, tartufi di mare, ricciola, panocchie, colorati da verdure, sempre crude, tagliate a julienne. Peperoni gialli e rossi, carote, finocchi, pomodorini e capperi. Salse verdi, gialle e rosse. Piatti bianchi. Il pesce è freschissimo, ben presentato e molto buono. Questi sono solo alcuni degli antipasti freddi e crudi che Bagni Andrea presenta nel suo menu. Per i caldi Domenico ha pensato di stupirmi con una ricetta: scampi gratinati con mandorle bagni andreascampi gratinati al forno con polvere di mandorle e mandorle. Difficile che io mi stupisca. Molto difficile. Sono diffidente e penso prima di assaggiare. Non so se faccio bene o faccio male. Faccio e basta: lo scampo è dolce, cotto lo diventerà di più. La mandorla lo è altrettanto. Ed invece mi devo ricredere. Ringraziare la mia diffidenza e la mano intelligente di Domenico che ha giocato con le temperature del forno, con poco vino alla base e con mandorle saporite. «Mi hai convinta. Questa versione dello scampo mi è piaciuta. Ora, però, voglio assaggiare il piatto che ami di più. Che ti rappresenta. Devo o non devo presentare Domenico Fasano, il nuovo cuoco di Bagni Andrea?».

La mia domanda scatena un fiume di racconti emozionanti che mi fanno stare zitta ad ascoltare. Domenico ha cucinato con tanti grandi fra cui Niko Romito ( e scusate se è poco) e ha vissuto un’esperienza unica nel vero senso della parola. Per 13 mesi è stato il capo cucina di una missione di ricerca in Antartide. Dove le idee passano attraverso la mente e si materializzano. Un ritiro spirituale di 13 mesi, in cui ghiaccio e neve potevano essere i soli ingredienti. O, vedendola al contrario, i migliori frigoriferi del mondo. Domenico ha una bella faccia. Un sorriso caldo e modi gentili. Capisco da pochi gesti e cenni che Sandro lo stima molto. Si fida di questo “pirata/cuoco” che trasmette la sua gentilezza anche solo attraverso le sue portate. Il cult è un primo piatto. linguine cicale e bottarga bagni andreaUna linguina arrotolata su se stessa con panocchie, crema di panocchie, capperi e bottarga. Mi immagino un piatto spinto e audace nei sapori. Sbaglio ancora. Queste linguine sono delicate, saporose ma delicate. Morbide di crema e molto al dente. Il dente giusto. Quello che non si spezza fra i denti. Mi complimento con Domenico e confermo a Sandro i miei pensieri.

Ci prendiamo, ora Sandro è con noi, un ottimo caffè mentre mi illustrano la stagione che sta per cominciare. La voglia di alzare il livello della cucina è tanta. Per me sono già in linea. Pronti per partire. Sarà una stagione che vedrà moltiplicare i numeri per 100. Alle 14 di un normale giorno feriale di aprile c’erano 30 persone. E 300, come minimo, saranno le persone durante le sere d’estate. Perché da Bagni Andrea si mangia, d’ora in poi, benissimo con Domenico ai fornelli, si beve locale e di grande qualità, si balla, si gioca, si fa l’happy hour ad ogni ora! Si vive l’estate magica di San Benedetto del Tronto!
Bagni Andrea, lungomare Trieste 17 San Benedetto del Tronto tel 0735/83834. Vi conviene telefonare e prenotare.

Carla Latini

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