Alla Lanterna di Fano: a tavola con le “autorità”… della forchetta
Flavio Cerioni è un anfitrione dalle idee vulcaniche. Direi una sorta di oste, uomo di sala, albergatore riflesso nei tempi che corrono. Elide in cucina, sua moglie, è una mano raffinata ed energica. Qui, Alla Lanterna a Fano, si mangia il pesce più fresco della zona ed ogni prodotto lascia nel piatto il segno della sua tracciabilità. Flavio, che da uomo intelligente conosce i ‘suoi limiti’, si avvale di amici esperti di eno-gastronomia, mare, terra e storia della cucina italiana sia per ragionare insieme nuovi piatti (la domenica potete trovarli seduti al tavolo delle decisioni mentre degustano prove o nuovi ingredienti) sia per rendere diverse le “solite” serate a tema. Le tipiche serate ormai già viste e riviste dove il produttore, spesso di vino, racconta la sua azienda, dove un altro produttore, magari di miele, parla delle sue api e così via.
Da Flavio le serate a tema hanno un aspetto ancora più ludico. Gli esperti che possono essere Alfredo Antonares per l’enogastronomia, Fiorenzo Giammatei per la storia della cucina italiana e Fiorenzo Piccinetti per il mare ed i suoi abitanti, vengono prima presentati e poi si siedono a turno a tavola con i partecipanti. Ogni tavolo quindi avrà sempre un paio di posti volutamente vuoti per ospitare uno di loro. In questo modo i clienti superano la barriera della timidezza e della vergogna e se vogliono sapere qualcosa di più di un piatto, di una ricetta classica o di un pescato possono chiedere liberamente e senza microfono. Una cantica, immancabile, accompagna il conviviale. Ma il produttore è “obbligato” da Flavio a parlare del territorio, della collina, della vigna, del vino e poi della sua azienda. Il tema delle serate di quest’anno è stato: i prodotti del mese. La stagionalità di mare e terra. Ogni volta in cucina con Elide, oltre ai ragazzi che vedete in foto che si chiamano Patrick, Matteo e Davide, c’è una guest star ospite. Un cuoco invitato perché identificato con un prodotto di pregio. Per la serata del mese di agosto (fatta il 9 settembre perché Flavio non aveva ancora avuto l’ispirazione!), c’era il tartufo nero e non poteva mancare l’amico di mille scorribande culinarie Alberto Melagrana del Ristorante del Furlo. Dalle sue mani “uovo pochè con crema di patate al tartufo nero estivo e ventresca croccante di tonno”.
Queste serate hanno il pregio che se vuoi che non finiscono mai. Il 9 settembre abbiamo fatto le due e mezza. Lo scopo, insiste sempre Flavio, non è quello di far cassetta con il locale pieno per l’occasione, ma di fare cultura fra i suoi clienti. Di farli crescere ancora di più. Perché possano apprezzare una cucina fatta di grandi ingredienti ben lavorati e rispettati. Sembra retorica vero? Ed invece non lo è. <<Devo portare via i clienti alle multinazionali del cibo spazzatura>> spara a zero Flavio senza timore. <<Non ho fatto ferie e non ne faccio da tanto. Le mie ferie sono le soddisfazioni che mi prendo o anche le arrabbiature. Con queste so che sto costruendo…>>. In queste serate si accendono dibattiti che rendono vivo lo stare a tavola insieme. Se volete essere informati seguite la pagina Facebook di Alla Lanterna o iscrivetevi alla loro newsletter tramite il sito. Per metà novembre è gia sold out una serata top. Che è top secret ancora per poco…
Carla Latini
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Tyche in viaggio a Vienna, appunti di una città mai invadente
Vienna è ordinata, pulita, importante, tranquilla, silenziosa, tradizionale e mai invadente. Appunti di viaggio? Certo, è una buona abitudine ripassare con la mente qualcosa di diverso che c’è stato. Come in un diario cerco di appoggiare alcune sensazioni che mi sono rimaste attaccate a pelle nel corso di un blitz che con i responsabili di Tyche Eventi, direttore generale ed amministratore, ho fatto oltre i confini. Proprio quei confini da cui spesso si sente l’esigenza di uscire da una logica del quotidiano. E’ prematuro anticipare le strategie che hanno portato a questo viaggio. Ma posso anticipare che aiuteranno sicuramente per un salto di qualità nella programmazione artistica che prenderà forma dal prossimo ottobre nei venerdì serali del Donoma, il popolare locale della riviera adriatica a Civitanova Marche. E quindi mi concentrerò nell’intercettare altri curiosi dettagli che possono, in fondo, contraddistinguere anche qualunque vostro viaggio. Ci saranno delle similitudini? Della serie “mi sono accorto che” proprio il nostro direttore generale Salvatore nota con sorprendente attenzione un’assenza diffusa di piccioni, solo tre solitari pennuti in tre giorni. E vi assicuriamo che non ce n’è traccia in nessun menu. Da parte mia, considerando le mie attuali abitudini, aggiungo che pure i cani a spasso sono pochissimi. Saranno misteri metropolitani? Va meglio al nostro amministratore Mimmo che va a caccia della Vienna imperiale e non rinuncia neppure alle tracce di Mozart. Quindi si è meritato di atterrare piacevolmente sulla golosa ed inimitabile sacher torte. Maurizio, un consulente della società, rincorre il suo cognome e lo trova insieme a Salvatore in una roulette di un mini casinò. Ah dimenticavo, si chiama Della Fortuna. Ma la notizia vera è che io, almeno una volta, non ho perso al gioco. A Lavinia, responsabile della segreteria, tocca la scoperta, non proprio comoda ma funzionale, del taxi a cinque posti, attraverso uno strapuntino che per incanto si materializza nell’auto. Il suo fisico si adegua impeccabilmente, una missione che sarebbe stata impossibile per tutti gli altri robusti maschietti presenti. Il divertimento è saggio in qualsiasi occasione e noi ne facciamo buon uso. La pioggia ci diverte, soprattutto nella sua unicità a dispetto delle previsioni che pure in Austria non ci prendono proprio. Ci siamo bagnati una sola volta per salire su un taxi. Poi l’invito a pranzo a casa di un importante amico austriaco, sono degni della migliore macchietta italiana. Mangiare maccheroni poi successivamente affogati con un sugo di cozze e vongole mette di buonumore qualunque comitiva italiana. Insomma, per ridere non c’è bisogno solo di Checco Zalone, siamo bravi anche da soli. E poi il mangiare, da sempre un termine di paragone irrinunciabile per chi ha la fortuna di vivere in Italia. Le birre assaggiate non sono niente di entusiasmante, compresa quella sapientemente spillata nella più antica e rinomata birreria di Vienna. Ottime le carni, sia il gulasch che la cotoletta impanata alla viennese, ovvero la giustamente rinomata Wiener Schnitzel. Perplessità sui würstel, soprattutto quelli affumicati, che per molti di noi, si sono rivelati sempre molto ostili ad essere digeriti. Per il caffè stendiamo un velo pietoso. Delizioso invece lo strudel opportunamente imbevuto da una calda crema alla vaniglia. Come ci si muove? I taxi hanno vita facile, il traffico è sopportabile, un po’ meno i semafori che sembrano sincronizzati sul rosso. Mentre stazione, metro ed aeroporto risultano puliti ed efficienti ed i loro mezzi di locomozione moderni ed affidabili. Proprio dalla stazione notiamo, anche se tendente all’ordinato, i primi segnali degli attuali turbamenti del vecchio continente. Dall’Ungheria arrivano i primi profughi. Tutto qui? Certo che no. Il raggio di sole c’è e splende non a caso in un interessante luogo di cultura, fra le contaminazioni artistiche di opere del recente novecento, nel Mumok, il museo di Arte Moderna della capitale austriaca. A proposito visitatelo, dove due ragazzini si mettono tranquillamente a scarabocchiare disegni proprio di fronte ad una classica opera di popart. Salvatore mi guarda e sorride. Ecco l’istante di uno scatto da cogliere, il segnale di una speranza o semplicemente l’intuizione del destino…
Kruger Agostinelli
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Tyche, l’opportunità per sconfiggere l’indifferenza
<<Vi suggerisco di soffermarvi su quel quadrato esterno rosso, in una direzione volutamente esclamativa. Perché? Quelli siamo noi della redazione TYCHE alla costante ricerca di notizie capaci di generare vivacità nei sensi>>. Scrivevo così nel pezzo di apertura del nostro magazine, nel tentativo di spiegare il significato della nostra missione. Una specie di polo di energia sotto la scritta Tyche, quel termine che è nella mitologia greca la divinità della fortuna.
Ecco, quel quadrato rosso che oggi vedete emergere in prima pagina non è una sorta di “Gratta e vinci” ma è la concreta convinzione che solo il pensiero, il ragionamento, l’entusiasmo, i desideri, la creatività, il cuore che si emoziona e, perché no, la legittima ambizione, possono sconfiggere la palude dell’indifferenza, del tira a campare. Raccontiamo storie e pensieri di chi ce l’ha fatta e di chi ce la vuole fare. Raccontiamo di come è bello il nostro territorio ma anche di chi va fuori da questi confini e continua a provarci. Raccontiamo di eccellenze e di tendenze. Insomma cerchiamo di intercettare tutto ciò che determina un movimento, un’onda, un sussulto. Tyche è per noi l’identificazione della fortuna più grande che ognuno di noi può incontrare. L’opportunità.
Kruger Agostinelli
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Tra i piatti del Focolare di Roma nascono i copioni dei grandi film italiani
Roberto Stagnetta non è marchigiano ma “romano de Roma” da quando c’era la guerra. Ovvio non lui ma il nonno che già aveva aperto l’osteria nel quartiere Monteverde vecchio. Uno dei più verdi e vivibili di Roma. Scrivo che Roberto non è marchigiano perché mi sento quasi in dovere di giustificare questo pezzo che voglio dedicare a lui. Roberto è marchigiano di assoluta adozione. Amico di “biberon scolastico” di Kruger Agostinelli (che ha avuto l’infanzia di origini romane). Quando il nostro direttore si è trasferito, causa lavori familiari, a Falconara, Roberto non aveva ancora la macchina, prendeva il treno e veniva da Kruger. Entrambi 17 anni. Decenni fa. Roberto ama le Marche. Va così che per Tyche è un personaggio da leggere.
L’Osteria venne aperta durante la guerra. Minestre, spezzatini e tutto quanto poteva essere offerto e cucinato all’epoca. Rimane quasi così, nel senso dell’offerta classica romana, finché Roberto non ha l’età (e soprattutto l’età della ragione) per capire che bisognava alleggerire, togliere senza stravolgere. Le mie orecchie ascoltano storie già sentite: <<Non è stato facile convincere i miei ad abbinare ai pesci le verdure ed i legumi. Sempre nel rispetto dei piatti storici>>. Ora il Focolare è famoso perché sono in tanti ad andarci per i suoi numerosi antipasti. Si vivrebbe di antipasti. La posizione, casuale durante la guerra e strategica ora, gode delle persone che, bontà loro, abitano lì vicino o hanno poca strada da fare. Scrivo persone ma potrei scrivere la parola terribile che rende l’idea, ovvero, Vip. Non i Vip quelli portati dalle agenzie stampa pagate. Ma persone vere e importanti del mondo del cinema e dello spettacolo che sono solo amici del Focolare. Per Carlo Verdone, Roberto, nutre una profonda amicizia e anche una sorta di riconoscenza. <<Tutti pensano che Carlo sia uno fissato sui farmaci e medici e che sia di quelli che se stai poco bene ti consiglia un farmaco piuttosto che un altro. Carlo è uno che approfondisce e studia. Grazie a lui ho fatto degli altri esami che nessuno voleva prescrivermi ed ora sono qui che te la racconto>>. Sdrammatizzo e chiedo: ma Verdone cosa ama mangiare? <<Carlo è perennemente a dieta ma poi in effetti non è così. Ama gli antipasti di verdure che non devono mancare mai. E apprezza anche un buon primo piatto condito con vongole o pescato del giorno>>.
Ospite fisso è anche Roberto Benigni. Fin da quando non lo conosceva nessuno. Roberto Benigni ama mangiare un primo di pesce. Ed è un rispettoso e gaudente buongustaio. Se gli viene offerto da assaggiare un nuovo olio accetta molto volentieri. Tramite Benigni al Focolare sono diventati clienti fissi e fedeli i fratelli Bertolucci. Roberto per tutti loro, da Verdone ai Bertolucci, è come uno di casa. Li coccola, andando al mercato personalmente a scegliere le verdure, le puntarelle ed i pesci preferiti da ognuno, e “apprende” dalla grandezza delle loro esistenze. La cultura, la passione. Il sapere.
Torniamo ai Bertolucci. Bernardo mangia soprattutto pesce e antipasti. Roberto mentre siamo al telefono – orma da quasi subito ho smesso di fare domande, tanto parla lui – ripete più volte che Monteverde vecchio non è un quartiere di passaggio. Le persone lì o ci vivono o ci devono andare. E lui, estate, inverno e mezze stagioni è sempre sold out. Sarà che l’idea, ormai datata di qualche anno fa, di unire pesce e verdure è stata vincente. Badate bene giovani leve, qui si parla di tempi passati nei quali unire un gambero ad una zucchina e passarci una spolverata di pecorino era quasi una “bestemmia” gastronomica. Ora latticini e pesce crudo e verdure ed emulsioni e frutta e croccanti consistenze sono reperibili ovunque. Dipende poi come sono accoppiate. In cucina al Focolare c’è sempre stato un cuoco. Roberto è in sala. È il jolly strategico che passa dal mercato la mattina presto alla cassa la sera tardi. Il cuoco del Focolare ora si chiama Andrea ed è figlio d’arte. Nipote di nonno Stagnetta nonché figlio di Roberto. Con la discrezione, il tatto e il voler stare in una sorta di secondo piano, Roberto esprime sul figlio Andrea poche ed essenziali opinioni: <<E’ capace di fare 100, 200 coperti senza perdere la calma né la costanza dei piatti. È molto apprezzato dai cuochi stellati che ogni tanto lo chiamano. Lui va, impara e poi torna a casa. Tanto per farti capire (ed io ho già capito!) Andrea è bravo a fare “i ricami” ma non solo quelli. Quando la sala è piena ci vuole una grande professionalità>>.
Voglio concludere il mio pezzo su Roberto con alcuni cenni culinari. Cosa mangio al Focolare se vengo da te stasera (magari!)? <<Crocchette di baccalà, mazzancolle in crosta di mandorle e confettura di cipolla rossa (gettonatissime ed inventate dalle menti del Focolare), seppioline con carciofi e mentuccia… Pensa che ci sono persone che vengono qui solo per gli antipasti. Andrea è capace di farne anche 20 diversi. Durante quest’estate così calda, uno dei più richiesti è l’insalatina fresca di salmone crudo con avogado, zenzero e rafano>>. Poi ci dilunghiamo un po’ e ne vale la pena per reclamare, mai verbo è stato più azzeccato, la “paternità” dello zabaione caldo con le fragole. Circa 30 anni fa, a NYC, il giovanissimo Roberto è insieme alla delegazione italiana a cucinare per uno dei tanti eventi che si fanno e, da notare, si facevano anche allora. Un pasticcere piemontese propone un abbinamento simile e Roberto lo porta a Roma, nel ristorante del padre. Poi tanti lo hanno copiato. Oggi, sulla targa poche righe incise ricordano che lo Zabaione caldo con le fragole è nato qui.
Carla Latini
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Il Gallo Rosso di Filottrano, l’abbraccio dei prodotti artigianali
Per essere più precisa il Gallo Rosso di Filottrano è una trattoria ed i suoi patron, Gessica Mastri e Andrea Tantucci sono orgogliosi di averla chiamata così. Consci che solo una “trattoria” può creare l’atmosfera informale che diventa il palcoscenico giusto per cibo e vino.
La trattoria abbraccia i produttori artigianali e li fa sentire a proprio agio. Insieme, Andrea e Gessica, mi hanno raccontato di quanto sono importanti per loro le materie prime e di quanto sono rigidi nel rispettare le tradizioni del territorio. Moderni però (bello riprendere il termine moderni) negli abbinamenti e nel modo di comunicare le loro passioni. Che sono tante. Torniamo ai produttori. La trattoria il Gallo Rosso è la casa delle mamme, dei papà e dei nonni dei prodotti che Andrea e Jessica usano. Potrete vederli di persona, “appesi” ai mattoncini di queste pareti. Sono allevatori, casari, agricoltori, pastai, vignaioli, contadini. Le loro facce sorridono sincere. Rassicuranti. Potrete assaggiarli nei piatti che fanno parte dei due menu. Uno completo degustazione e l’altro a la carte.
Nel menu degustazione c’è l’anima creativa di ognuno di loro. È come un vocabolario gastronomico nel quale le stagioni fanno da segnalibro. Equilibrio ed armonia di sapori. Dolcezze dei latticini delle nostre colline. Qualche volta Andrea e Gessica sconfinano e vanno in altri territori. Ma a ragione. Capperi di Pantelleria, alici del Cantabrico e olive taggiasche sono un gustoso e giustificato sconfinare. A la carte c’è un percorso molto interessante con antipasti originali tipo il pomodoro presentato a modo loro in tre versioni diverse, taglieri di salumi e formaggi di elevata e controllata filiera, come del resto, tutto qui è così. Primi piatti semplici e gustosi dove gli ingredienti sono al massimo due, tre con la pasta. Tagli di carne marchigiana che si trasformano in hambuger acculturate. Animali da fattoria che donano il meglio di loro con le idee di Andrea. I dessert danno risalto alle varietà di frutta dei nostri frutteti. In fondo ai due menu, c’è l’elenco dei produttori. Che Andrea a Gessica conoscono personalmente uno per uno. Conoscono le loro realtà artigianali al punto da farvi innamorare quando le “raccontano” fuori e dentro il piatto.
Gli stessi produttori diventano, a volte, animatori di serate a tema. Incontri intimi ed esclusivi resi ancora più preziosi se accanto a un cibo c’è anche un vino raccontato dal vignaiolo con il cuore nella vigna e nel bicchiere. Come vi ho già scritto varie volte ho avuto la fortuna di partecipare ad altre serate esclusive a tema. Serate in cui i nostri hanno cucinato insieme ai cuochi stellati targati Marche. Con Errico Recanati, Riccardo Agostini (ex marchigiano ora romagnolo), Michele Biagiola e Pier Giorgio Parini (dopo il confine con la Romagna). Di quelle cene la prima cosa che ricordo sono state le parole di Andrea e Gessica per Tyche: <<Oggi pomeriggio abbiamo imparato più che se avessimo fatto una stage in una grandissima cucina stellata>>. Questo è un altro aspetto della giovane coppia del Gallo Rosso: la generosità nell’accoglienza. Un po’ raro di questi tempi.
Prima di arrivare a Filottrano, passando da Osimo, si incontra, sulla destra, un minuscolo santuario in restauro perenne. Si chiama La Madonna di Tornazzano. Quando ho conosciuto Andrea e Gessica gli ho parlato della mia affezione per questo posto e della pietra intorno alla quale hanno costruito la chiesa. Una pietra dove i pellegrini che andavano a Loreto e poi in Terra Santa si fermavano a pregare e si sedevano a turno. Tornazzano sta per “torna sano”. Nella mente e nel corpo. Un posto mistico che merita di essere visitato. Se decidete, come immagino farete dopo aver letto le mie parole, di regalarvi un pasto al Gallo Rosso, potete fermarvi la mattina al Santuario e poi lasciarvi andare in un lungo percorso culinario da Andrea e Gessica. Non sarà come unire sacro e profano.
Carla Latini
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C’è una canzone che ti chiedono e non vorresti più fare e per contro ce n’è un’altra che pensi sia stata sottovalutata?
<<In linea di massima l’approccio che ho con le mie canzoni è neutro. Quando un brano esce dalla mia cantina o dal mio pc non è più mio, ma prende la propria strada. Un percorso che in qualche modo le porta ad entrare nella vita delle persone. Certamente sono sempre affezionato alle canzoni che mi hanno portato fortuna: anche se non rappresentano più il mio quotidiano, magari rappresentano quello di altre persone. Quindi quelle canzoni che mi chiedono di cantare le farei tutte. Poi penso che un artista non è il miglior giudice delle proprie cose. Piacciono magari brani che non penseresti mai e viceversa. Ma quando fai canzoni non le fai mai per te. E’ il pubblico che decide>>.
Sei spesso nella vicina Romagna ma della regione Marche o della gente marchigiana hai qualche aneddoto da raccontarci?
<<Sono passato tante volte in motocicletta attraverso le Marche, dal Montefeltro per arrivare fino all’Umbria. Soprattutto a caccia di tartufi! Ecco, sono un grande appassionato e mi fermo volentieri tra Acqualagna e i comuni vicini. Sono luoghi fantastici sotto l’aspetto enogastronomico e itinerari perfetti per la motocicletta. Al di là di questo, vedo che le Marche stanno diventando cool per tanti vip. In molti dal Nord Europa vengono a prendere casa dalle vostre parti. Non so se sarà un bene per il territorio, ma significa che è appetibile>>.
Mensilmente il nostro magazine filosofeggia su una parola e chiede che impressione fa al suo interlocutore. A te questo mese è capitata proprio la parola TYCHE. Nella mitologia greca era la personificazione della fortuna.
<<Chi fa il mio mestiere crede molto all’influsso della fortuna. Sappiamo bene che la nostra possibilità d’intervento arriva fino ad un certo punto. Credo che la fortuna sia molto importante, un elemento fondamentale della vita. Ma una grossa percentuale nella riuscita di qualcosa dipende da noi. Quindi c’è la fortuna ma conta anche la capacità di attrezzarsi per combattere la malasorte. E bisogna essere pronti ad intercettare la fortuna. Molte persone sono investite da un’occasione e non se ne accorgono. Bisogna addestrarsi per gestire sia i momenti in cui tutto volge al peggio sia quelli in cui tutto volge al meglio>>.
Kruger Agostinelli
Max Pezzali ad Ancona, venerdì 25 settembre 2015 ore 21,30 al PalaRossini. Infoline 0733 817259 – Prevendite online su TicketOne e Ciaotickets
Per maggiori informazioni sul concerto di Max Pezzali ad Ancona consulta il nostro sito degli eventi.
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Ad Osimo non si dice: sono stato alla Tavernetta. Si dice sono stato da Marisa e Rossano. In verità si dice da Marisa. Tanto Rossano non si arrabbia. È consapevole del suo aspetto un po’ burbero che fa tanto personaggio. In fondo ha il cuore tenero come uno dei tanti ciauscoli che affollano il bancone refrigerato della Tavernetta. Tanti? Sì, tantissimi se si parla di ciauscolo. Ne ho assaggiati almeno tre. Uno, il mio preferito perché mi sto accorgendo che con l’età che avanza sto diventando tradizionale (non tradizionalista), è molto morbido, spalmabile, pallido quasi rosa e con una punta di aglio e di affumicato accentuata. Il secondo, che pare abbia vinto premi su premi (e ci credo) è sempre molto morbido, spalmabile, più colorato e quindi menu rosa, l’aglio non si sente quasi per niente, l’affumicato invece si. Il terzo è il fratello del secondo ma più stagionato e più piccolo. Sembra quasi un salame. Tutta questa disquisizione sul ciauscolo per farvi capire con chi avrete a che fare quando varcherete la soglia della Tavernetta. Qui non ci sono salumieri o salumai. Qui ci sono Marisa e Rossano. I loro gusti ed il loro palato. Infallibile. Vogliamo parlare di burro? Di burrata? Di bufala? Vogliamo andare in Francia? Austria? Spagna? Tornare in Italia con la migliore selezione di prosciutti mai vista. Ed io ne giro di locali simili! Il giorno dopo trovi ancora la chicca del giorno prima insieme ad un’altra chicca nuova. Marisa gira, cerca, telefona, prova. Volevo stupire i miei ospiti a Ferragosto provocandoli con gelato e panettone al posto del dessert? Ma dove lo trovavo ad Osimo o ‘in Ancona’ un panettone il 14 Agosto? Marisa non è che per caso hai un panettone? Non prendermi per matta! E lei senza scomporsi né fare commenti:<<Ne ho solo uno e sotto vetro. È mio!>> Conoscendola e non l’avesse avuto mi avrebbe detto: <<se me lo dicevi un paio di giorni fa te l’avrei fatto io>>. Diavolo di una donna che ha la forza, il tempo non credo ma ce lo mette ugualmente, per fare pizze di formaggio (straordinarie), torte, crostate, pizze e focacce.
Il resto lo sceglie insieme a Rossano. Quindi il pane viene dall’Aquila, dalle Marche e ce n’è per tutti i gusti e le tasche. Perché, fate bene attenzione, la Tavernetta è una boutique molto raffinata e colta ma ci sono prodotti per tutte le tasche. A dimostrazione che si può vendere con intelligenza e comprare nello stesso modo. Se per caso vi dovesse servire il burro di cacao per cucinare (quello con cui si spennellano anche i grissini qualora foste dei già vaccinati masterchef) o le scorzette di cedro candite (quelle vere e buonissime) chiamate Marisa. Lei, santa donna, risponde sempre e vi dirà: <<Sì ce l’ho, no non ce l’ho ma dammi due giorni e farò in modo di averle…>>. La Tavernetta del Corso è in piazza Dante ad Osimo. C’è anche un comodo parcheggio. Per sentire Marisa: 071 714727. Se vi organizzate per tempo potete fermarvi per un aperitivo e per una cena. Salumi, formaggi, pizze salate, dolci ed ottimi vini (la Tavernetta è anche enoteca) vi saranno serviti nella “tavernetta” al piano di sotto.
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